Bollino «gay friendly» a Padova, il no della Curia

  

«Propaganda contro chi la pensa diversamente». Don Contarini: «Chi non lo espone è omofobo?». Monsignor Costa: «Rallenta l’integrazione»
PADOVA — E’ un semplice adesivo, una targhetta di pochi centimetri. Ma capace di attirare ideali e visioni della vita radicalmente diversi. Era inevitabile che il bollino «gay friendly», la certificazione ufficiale del turismo omosessuale ideata dal Consorzio di promozione turistica, portasse polemiche a Padova. «Sì, e poi mi aspetto anche il Muslim friendly, il Single friendly e cos’altro?—sbotta don Cesare Contarini, rettore del Collegio Barbarigo e già direttore della Difesa del Popolo, il periodico della Diocesi—Mi pare un’iniziativa propagandistica, utile solo a far arrabbiare chi la pensa diversamente. E se poi un negozio non espone il bollino? Sarà additato come omofobo? ». Di iniziativa «alla moda» aveva parlato ieri il presidente provinciale dell’Ascom, Fernando Zilio, ricordando che in fondo mai nessun esercizio aveva manifestato tendenze omofobe o discriminatorie. Nessuno mette in dubbio la necessità di una reale pari opportunità, ma in molti hanno da ridire sull’utilità del bollino. Il marchio, una sorta di identificativo per chi accetta di buon grado una frequentazione omosessuale, dovrebbe essere esposto a partire dal prossimo anno all’ingresso di ristoranti, alberghi, locali. Questo almeno quanto annunciato da Etta Andreella, del Consorzio di promozione turistica, dal palco del «Padova Pride Vilage», la festa organizzata ogni anno dall’Arcigay. Un bollino che eleggerà la città del Santo, prima in Italia a ideare un’iniziativa di questo tipo, capitale del turismo omosessuale.

«Rispettare tutte le persone, al di là del loro orientamento, è un conto—aggiunge monsignor Franco Costa, direttore dell’Ufficio scuola della Curia padovana — ma perchè scriverlo fuori dai negozi? Allora voglio che venga precisato che anche i preti sono i benvenuti. Secondo me rema contro una reale integrazione dei gay». Ma è ovvio che dietro all’iniziativa si nasconda una concreta strategia per intercettare flussi turistici statisticamente più facoltosi della media (non a caso è stato coniato l’acronimo «Dink», ovvero «Double Income No Kids», cioè «doppio stipendio e non bambini»), sfruttando l’accoglienza di una città che già da tempo si è guadagnata l’appellativo di «gay friendly». «Dipende però da cosa significa questo — precisa Gian Ernesto Zanin, presidente di Federturismo Veneto e proprietaio dell’hotel Plaza—noi a Roma abbiamo un albergo “gay friendly”, ma non si tratta solo di attaccare un adesivo. Si tratta anche di formare il personale ad alcune cortesie, riservatezze e richieste che potrebbero far piacere ad una clientela omosessuale». A completare l’elezione di Padova a capitale del turismo gay sarà infine una sezione appositamente creata nei siti turistici. Come già fatto da altre regioni (la Toscana per esempio), sarà ideata una pagina contenente percorsi, suggerimenti, idee per il turista omosessuale. Chi è pronto a scommettere sul successo dell’iniziativa è Franco Grillini, politico e presidente dell’Arcigay. «Bravi veramente, una bella iniziativa— dice—anche perchè spesso è l’economia, visto che pecunia non olet, a divenire una sorta di testa d’ariete per cambiare la mentalità della gente. E allora ben vengano iniziative di questo genere. Anzi, la mia speranza è che Padova possa fare scuola e che tutta Italia la segua».

Riccardo Bastianello


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