#Allacciamoli: sui campi da gioco arriva la lotta all’omofobia

  

Il primo a indossarli è stato Davide Moscardelli, punta dal Bologna dal barbone fitto fitto, che senza un’incertezza ha accettato di essere uno dei  testimonial della prima campagna contro l’omotransfobia nello sport. Un paio di laccetti rainbow, da mettere alle scarpette durante il match, per ricordare a tutti che nello sport le discriminazioni sono “fuorigioco”. Questo è il senso dell’iniziativa realizzata da Paddy Power e dalle associazioni nazionali Arcigay e ArciLesbica, con la collaborazione della Fondazione Candido Cannavò per lo sport, e che sta invadendo da qualche giorno i social network con un hashtag che è in realtà un’esortazione: °allacciamoli.  Con Moscardelli c’è anche  Gianmarco Pozzecco che da buon “mister” ha convinto i suoi ragazzi del Capo d’Orlando a mettersi in gioco in uno spot contro l’omofobia:  “ non ho mai avuto la fortuna di giocare con un compagno gay visibile – ha detto –  ma so benissimo che tra i miei compagni qualche omosessuale c’era  e che è stato impossibile  per lui dirlo apertamente, dichiararsi pubblicamente”. “La lotta contro l’omofobia, la lesbofobia e la transfobia – dicono Flavio Romani (presidente di Arcigay) e Paola Brandolini (presidente di ArciLesbica) – non ha come unico obbiettivo la richiesta di una norma penale che punisca gli atti di violenza, i cosiddetti crimini d’odio. In questi mesi di intenso dibattito fuori e dentro le aule del Parlamento sull’estensione della legge Mancino, Arcigay e ArciLesbica, assieme alle altre associazioni e ai collettivi che compongono il movimento LGBT (lesbico, gay, bisex e trans), non hanno mai smesso di operare sul versante sociale e culturale, tentando di modificare i contesti e lavorare sull’origine della discriminazione, dell’ostilità e della violenza nei confronti delle persone gay, lesbiche e trans. Le scuole, l’Università, i luoghi di lavoro, la pubblica amministrazione, i servizi sanitari e sociali: sono tutti ambiti nei quali tentiamo da tempo e costantemente di imprimere un cambiamento, nella convinzione che affrontare la questione dei crimini d’odio significhi innanzitutto modificare i contesti, educarli a una visione plurale delle identità e degli orientamenti, sgretolando le barriere che marginalizzano le persone LGBT costruendo per loro ambienti favorevoli all’espressione piena della propria individualità, che comprende non solo gli amori, i desideri, le relazioni, ma anche le idee, la creatività, il talento”. I laccetti rainbow arcobaleno sono stati  distribuiti a 4000 calciatori e 1000 calciatrici, oltre ad atleti del basket e della pallavolo.  Inoltre sono stati recapitati a personaggi famosi e ad atleti olimpionici, accompagnati sempre dalla stessa richiesta: diamo un calcio all’omofobia. “La campagna – proseguono Romani e Brandolini –  chiede agli sportivi di farsi portatori di un messaggio e protagonisti in prima persona nel cambiamento di un contesto più volte denunciato come problematico sul piano delle discriminazioni, non solo nei confronti di gay, lesbiche e trans. Chiediamo loro, attraverso il gesto semplice dell’indossare dei laccetti arcobaleno alle proprie scarpe,  di abbattere uno steccato e di contribuire all’empowerment delle persone LGBT nei campi da gioco, nelle tribune degli stadi e dei palazzetti, nelle case di tanti tifosi. Lo sport, d’altronde, elegge da sempre i propri  campioni, modelli di uno stile di vita sano, di buone ambizioni e di mete raggiunte con l’impegno, l’orgoglio e la lealtà. A questi campioni e alle campionesse  oggi chiediamo di conquistare una nuova medaglia, di tutti i colori, che premi il calcio per aver contribuito a sconfiggere  l’omotransfobia”.