Il matrimonio civile tra persone dello stesso sesso è riformismo sincero

  

In queste ore si è riaperto un ampio dibattito interno al Movimento lgbt su di un documento a firma di Alessandro Zan, e sintetizzato da Gay.it, che rilancerebbe l’opportunità di riprendere il percorso sulle unioni civili preferendolo a quello sul matrimonio civile tra persone dello stesso sesso.

In realtà lo stesso Zan ha meglio chiarito la sua riflessione, collocandola su un piano di passaggi strategici (vi sono step differenti) e non di gerarchia di obiettivi (un istituto è meglio di un altro), ma credo valga la pena ribadire alcuni concetti che ritengo significativi.

Intanto è fondamentale comprendere se la posizione di SEL rimane quella della battaglia per l’eguaglianza delle persone lgbt, ovvero del matrimonio civile tra persone dello stesso sesso come unico strumento idoneo a conseguirla, perché risulta dirimente a derivarne la coerenza nel riferimento al principio di eguaglianza come metro di giustizia e di equità funzionale ad un progetto complessivo di Paese: culturale, sociale, economico, civile, politico, giuridico.

Introdurre eccezioni al principio di eguaglianza, in questa funzione complessiva, risulterebbe molto pericoloso soprattutto in una fase in cui sulla coerenza si misura l’identità di qualsiasi formazione che voglia definirsi progressista ed alternativa al quadro attuale.

Un “no ” al matrimonio civile tra persone dello stesso sesso rischierebbe di produrre un riverbero ben oltre il perimetro dei diritti delle coppie lgbt, perché su questo si misurano molte cose e non ultima la relazione con la sensibilità culturale e giuridica dell’ Unione: l’essere o meno in Europa.

Questo è un concetto che Arcigay non ha mai esitato a ribadire a tutti i partiti e continuerà a farlo. Mi sembra che vi sia un dibattito in corso e che anche dal Forum Queer di quel partito arrivino segnali incoraggianti.

Evidentemente è molto importante ribadire che matrimonio civile e unioni civili individuano obiettivi e soluzioni diverse e che possono,anzi debbono coesistere , perché fanno parte della piattaforma rivendicativa del Movimento così come si è consolidata dal 2007 in poi.

Il matrimonio civile è l’unica modalità per conseguire ed affermare l’eguaglianza delle coppie omosessuali alle coppie eterosessuali, mentre le unioni civili individuano l’altro grande obiettivo della diversificazione degli istituti familiari e che riguarda indistintamente tutti, sia le coppie eterosessuali che omosessuali.

Io colloco i due istituti su una linea orizzontale nella misura in cui realizzano obiettivi diversi, ma dev’essere chiaro che l’uguaglianza o c’è o non c’è, tertium non datur, e per esserci necessita del matrimonio civile che lo Stato deve riconoscere come pari opportunità per tutti.

Ognuno, è la Costituzione europea a dircelo, ha il diritto di sposarsi e costruirsi una famiglia. Questo non è un dato ideologico o di mero principio ma di assoluta e reale concretezza: è il matrimonio civile, e soltanto quello, che ad esempio nel sistema attuale garantisce eguali possibilità di accesso al welfare e precise e determinanti conseguenze sulla vita vera delle persone.

Un riformismo autentico che rielabori la proposta politica in funzione della centralità del bene comune non può ignorare un’evidenza di questo tipo.

Non mi pare inoltre si possa attribuire alla sentenza 138 del 2010 un senso che di certo non possiede: se da un lato infatti non riconosce il matrimonio civile tra persone dello stesso sesso sulla base dell’art. 29 della Costituzione, da un altro lato non dice che la Costituzione stessa lo vieti. Non lo definisce incostituzionale; non chiude questo orizzonte come qualche interpretazione vorrebbe intendere.

Il matrimonio civile tra persone dello stesso sesso è uno dei cardini dell’innalzamento del dibattito politico e culturale che nel nostro Paese ha subito un clamoroso impoverimento. Credo che sia abbastanza mortificante collocarlo solo sul piano della sua realizzabilità nel nostro sistema, perché l’arretramento di una rivendicazione non ha mai giovato a nessuna rivendicazione, e chi pensa che chiedere di meno serva ad ottenere qualcosa ignora o dimentica che l’averlo fatto in passato è servito soltanto a non ottenere nulla.

Paolo Patanè, presidente nazionale Arcigay


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