«Ci uniremo in Norvegia: per noi è un porto accogliente»

  

PRONTI a pronunciare il fatidico sì. Gli abiti sono nell’armadio, due completi blu notte. Confetti e fedi per rispettare la tradizione, anche se per sposarsi i due innamorati dovranno emigrare’. Ma tutto è pronto per il matrimonio fra Sergio Lo Giudice, capogruppo Pd al Comune e presidente onorario di Arcigay e Michele Giarratano, avvocato e responsabile dello sportello legale di Arcigay. Il matrimonio sarà celebrato sabato alla Tinghus, la Corte di Giustizia di Oslo. La cerimonia, tutta in lingua inglese, si svolgerà alle 13.45 alla presenza di una quarantina di amici e parenti. Poi, il 2 settembre, Giarratano e Lo Giudice festeggeranno la loro unione sotto le Due Torri. Con amiche e amici brinderanno al Cassero. «IN Europa spiega Sergio Lo Giudice si sta giocando su vari fronti una partita cruciale fra una società aperta e inclusiva, che vuole trovare nelle ragioni della sua storia gli strumenti per affrontare i cambiamenti epocali del nostro tempo, e una feroce reazione conservatrice e intollerante, che punta a opporre integralismo a integralismo. Una partita fra le buone radici liberali e aperte dell’Europa e le sue male radici identitarie e violente. La Norvegia, che accoglierà la richiesta del riconoscimento giuridico, è stata lacerata nell’animo dalla follia fondamentalista, ma rimane un porto accogliente per chi in patria vede negati i propri diritti. Ci sposeremo con all’occhiello una rosa bianca, simbolo della testimonianza del popolo norvegese contro l’intolleranza e la violenza». TRA le ragioni della scelta c’è anche la voglia di contribuire «alla battaglia per l’estensione del matrimonio civile fra persone dello stesso sesso anche in Italia», spiega Giarratano. «L’Italia aggiunge è rimasta insieme alla Grecia l’unico paese dell’Europa occidentale a non avere una legge che riconosca i diritti delle coppie dello stesso sesso. Questo diniego oggi è irrazionale e innaturale, come fu per il divieto dei matrimoni fra italiani ed ebrei dopo le leggi razziali del 1938 o per quelli fra bianchi e neri, consentiti negli Stati Uniti solo dopo il 1967. Non è più possibile che in Italia questo tema venga ignorato dal Parlamento».


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