Coppie di fatto: tabù o realtà?

  

Perché il tema del riconoscimento giuridico delle coppie di fatto continua ad essere al centro del confronto politico italiano?

Se lo chiederanno in molti, anche dentro le aule del Parlamento. Il tema è sensibilmente cresciuto nella coscienza dell’opinione pubblica italiana, perché nella concretezza della vita quotidiana, sempre più si incontrano famiglie formate da persone non sposate. Questo è molto vero nelle zone del nord del paese, dove per esempio, la convivenza non è più una condizione minoritaria, ma assume i connotati di un fenomeno sempre più vasto, che si esplica dentro i grandi centri urbani, ma anche nei vasti hinterland del nord ovest, come nel nord est. Cresce, quindi, una prossimità al tema, che non tiene conto del dibattito tutto ideologico che si consuma tra i partiti e dentro di essi.

Ed invece la convivenza, ma di più un’idea moderna dell’organizzazione familiare vive già, (sia essa omosessuale od eterosessuale) seppur con diverse intensità tra le varie zone e condizioni del paese, con naturalezza e serenità. Il moderno modello di società può essere sicuramente avversato e criticato da molti teorici neo con e teo dem, però bisogna sapere che ora si è aperta una questione squisitamente politica, che non può essere affrontata con pavidi tentativi di mediazione al ribasso o di occultamento.

Se l’istituzione familiare assume, per evoluzione non favorita da alcuno, connotati profondamente diversi dalle volontà culturali e politiche conservative, entra in gioco un elemento che deve far riflettere: la negazione stessa di una democrazia dei modelli, si configura come un atto di autoritarismo della classe politica italiana.

Per approfondire, l’articolazione familiare, dopo i grandi mutamenti avvenuti con l’introduzione della legge sul divorzio e della riforma del diritto di famiglia, approvati grazie al ruolo svolto dai grandi movimenti di liberazione sessuale e di conquista della cittadinanza civile, si è evoluta rispetto alla formulazione Costituzionale. Anche se già nel 1946 nei lavori della Costituente il tema delle "famiglie irregolari" e di un loro riconoscimento giuridico, fu sollevato dalle donne della DC, che ben conoscevano, avendo grande radicamento sociale, il dramma delle migliaia di "dame bianche" italiane.

Allora, per essere pazienti e moderati, di cosa oggi stiamo discutendo con la senatrice Paola Binetti? Della possibilità che la famiglia torni ad essere un unicum patriarcale, dove il dominio della soggettività e del corpo femminile sia l’architrave principale, in nome di un "naturalismo" fuori dal tempo e dalle determinazioni scientifiche? Il matrimonio inteso come unica possibilità di affrancarsi dalla zona nera della clandestinità è inconcepibile per la destra moderata europea, può essere giustificato dalle culture comunitarie e di tradizione solidaristica italiane?

Ma tornando all’elemento centrale, che attiene al vissuto concreto delle persone, una classe politica nemica della libertà dei legami affettivi, si prefigurerebbe oltre che come dispotica sul piano dell’etica pubblica, come un vero e proprio ostacolo nei confronti dei processi organizzativi della società e, incorrerebbe in gravi errori strumentali in materia di politica del Welfare, dello sviluppo economico e finanziario, sul terreno della previdenza e giustizia sociale.

Il tema oggi, è che la difesa della famiglia, come cellula "naturale" della società, se avviene ribadendo l’esclusività matrimoniale, rischia oggettivamente di favorire la disgregazione sociale e l’ampliamento di un baratro delle condizioni di vita tra segmenti sociali privilegiati e tutelati e gli altri cronicamente precarizzati e in balia dell’assenza del diritto. Una faccenda preoccupante anche per le gerarchie cattoliche più conservatrici, perché interpella l’incapacità di intravedere nei processi della comunione degli affetti, della cura, delle responsabilità, non istituzioni nobilitate dalla legge, ma valori che vivono nella carne e nell’anima delle persone.

La democrazia e, non la rivoluzione, è il termine da cui partire per un confronto serio. Come donne e uomini del terzo millennio ci adoperiamo per il dispiegarsi di famiglie democratiche, aperte all’interno e all’esterno, capaci di guardare negli occhi il futuro, dove l’amore, la passione, la condivisione siano i valori portanti, tra persone eguali, con pari dignità.

Aurelio Mancuso
Segretario nazionale Arcigay


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