La poliziotta gay: “cacciata dalla squadra di calcio”

  

PADOVA — Non c’è pace per Luana Zanaga, la poliziotta 38enne di Rovigo in servizio alla questura di Padova che ha deciso di fare outing in tivù e sui giornali, dichiarando la propria omosessualità. «Confessione» che lei considera causa del trasferimento dalle Volanti alla sala operativa.

E che ora rischia di vederla allontanare dalla Lendinarese, la squadra di calcio femminile di serie D della quale dallo scorso agosto è la preparatrice atletica.
Come se non bastasse, nelle ultime ore è venuta fuori la notizia di tre procedimenti penali a suo carico. Il primo, datato 2005, riguarda una querela per violazione di domicilio presentata a Padova da una sua ex compagna ma ormai in via di prescrizione. Gli altri derivano invece da altrettante denunce depositate alla Squadra mobile di Rovigo lo scorso 26 maggio da due ragazze. Una l’accusa di molestie telefoniche (ma Luana ha raccolto in un cd tutti gli sms che scambiava con lei nei quattro mesi in cui si sono frequentate e che porterà al pm), l’altra di minacce.

«Fascicoli, questi ultimi due, rimasti in sospeso fino a oggi e tirati fuori a pochi giorni dalle mie dichiarazioni pubbliche — riflette l’agente — è un po’ strano ». Per la Lendinarese è invece la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Con un sms spedito all’ 1.24 di sabato, il dirigente Luca Romani ha comunicato alla Zanaga: «Mi dispiace. Cosa dico ai genitori che mi chiedono spiegazioni sull’articolo (l’ultimo uscito, ndr), quando abbiamo sempre detto che l’ambiente è pulito e sano? Non me le fanno più venire a giocare». «Io ho semplicemente risposto che le ragazze sapevano della mia omossessualità — racconta Luana — ma mi è stato riferito il grande imbarazzo da me creato alla società. La quale aveva garantito alle famiglie delle atlete la totale assenza di droga e lesbiche nella squadra ».

Domenica, al termine della partita persa a Padova con il Crocefisso (e che la poliziotta ha guardato dalla tribuna, dopo l’ultimo allenamento di giovedì scorso), la Lendinarese ha indetto una riunione. «C’ero anch’io — riferisce Luana — le ragazze sono dalla mia parte, hanno chiesto alla società di non mandarmi via, altrimenti smetteranno di giocare, nonostante io le abbia consigliate di continuare. I dirigenti si sono riservati di pensarci su ma per me è l’ennesima doccia fredda. Proprio non me l’aspettavo, tutti erano a conoscenza della mia omosessualità ».
«Non è vero, non sapevamo nulla — ribatte Luca Romani— e comunque ognuno della propria vita privata fa quello che crede, a noi non deve rendere conto. A meno che non finisca sui giornali e in televisione e non tiri in ballo il nome della squadra senza averne il permesso. Noi non abbiamo cacciato via nessuno, la società deve ancora decidere come muoversi, si è riservata di farlo martedì sera, dopo l’allenamento. Non c’è alcuna scelta ufficiale — prosegue il dirigente — non siamo noi a voler mandare via Luana ma lei ad allontanarsi dal club comportandosi in questo modo. Non l’abbiamo mai discriminata, ma di fronte a tre querele e a quanto è uscito sulla stampa qualche spiegazione ai genitori dobbiamo pur darla». La Lendinarese sta anche pensando a ritirarsi dal campionato, perchè la squadra è spaccata a metà: otto ragazze difendono Luana, altre cinque la vogliono fuori.

Nel frattempo si muovono anche le associazioni gay. «È un atto di omofobia e di razzismo intollerabile », accusa Enrico Oliari, presidente di GayLib (cui la Zanaga è iscritta), che poi lancia un appello al governatore Giancarlo Galan. «Bisogna estirpare dalla nostra regione il razzismo e l’omofobia — esorta — affinchè casi come questo non si ripetano ».

Il responsabile veneto di Arcigay, Alessandro Zan, ha invece chiesto (e ottenuto) un incontro urgente per le 11 di stamattina 7 ottobre al questore di Padova, Luigi Savina. «Voglio capire bene la storia di Luana — spiega — e chiedere al questore un impegno sul fronte della lotta alle discriminazioni».


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