Cuore nero

  

Dal 17 al 26 aprile 2009
Teatro Nuovo di Napoli
CUORE NERO
autore e regia Fortunato Calvino
con Loredana Simioli, Massimiliano Rossi, Ivano Schiavi e Mariano Gallo



Tutti i soci e le socie che esibiranno la tessera Arcigay al botteghino pagheranno il biglietto a soli 8.00 euro


Cuore Nero di Fortunato Calvino

L’autore e regista affronta il dramma dell’amore tra due uomini della mala di Napoli ed il “codice d’onore” delle mafie, che non tollerano l’omosessualità


Il Nuovo Teatro Nuovo sarà palcoscenico ospitante, da venerdì 17 aprile 2009 alle ore 20.45 (in replica fino a domenica 26), per il debutto, in prima assoluta, dello spettacolo Cuore Nero, tratto dall’omonimo testo di Fortunato Calvino (Alfredo Guida Editore, 2009), che ne firma anche la regia teatrale.

Presentato da Dalga Produzioni, l’allestimento si avvale della presenza, in scena, di Loredana Simioli, Massimiliano Rossi, Ivano Schiavi, Mariano Gallo, unitamente alle musiche originali di Paolo Coletta, l’ideazione scene di Pasquale Galluccio, i costumi di Annamaria Morelli. Cuore nero è il luogo dove la morte colpisce quotidianamente con spietata cadenza. Specchio di una realtà degradata, di solitudine e sopraffazione, dove amare sembra una colpa, una bestemmia.

La cronaca riporta spesso come la camorra e la mafia ritengano “incompatibile” l’essere omosessuale ed essere parte di loro. Il testo di Fortunato Calvino, vincitore del Premio Calcante 2009, è specchio amaro della vita reale, ribadendo come il crimine non paga e che a risentirne è anche il percorso individuale di accettazione. I due protagonisti, vittime e carnefici di loro se stessi, hanno scelto di delinquere, vivono un dramma interiore perché non accettano la propria omosessualità, ma anche il dramma di non essere accettati come omosessuali nel loro contesto sociale.

I due personaggi tratteggiati in Cuore nero, Tommaso e Pietro, sono anime scure, che si aggirano in una chiesa di periferia abbandonata, ai margini della città, dove trascorrono le giornate in attesa che il boss del quartiere li chiami per assegnare loro spedizioni di morte. Terra di nessuno, quel posto, in cui un’altra anima buia, Anna ’a Rossa, consuma fugaci incontri di sesso senza passione, indifferente ai colpi violenti dell’uomo di turno, inferti come pugnalate. I suoi clienti sono spesso giovani senza esperienze e qualcuno, come Rino, è scontento della sua vita e sogna di partire, per trovare altrove la felicità. Tommaso e Pietro sono due cuori gonfi di rabbia e di violenza, pronti alle efferatezze più crudeli. Messaggeri di morte, trascorrono le loro giornate nella chiesa, mentre un caldo sole estivo, filtrando attraverso le vetrate, riscalda quel luogo abbandonato e alimenta una reciproca attrazione. Un desiderio che spinge uno verso l’altro, che i due tentano di sopprimere senza riuscirci, consapevoli che quella passione è incompatibile al “sistema”.

I protagonisti, belli e dannati, non sono eroi positivi, come giusto che sia. In quella periferia assolata, tra casermoni di cemento che svettano verso il cielo, l’amore, con i suoi valori assoluti, resiste, nonostante la violenza, i soprusi e la protervia di chi detta la sua legge di morte. Un testo politicamente corretto, che narra dei tormenti amorosi di due uomini, un dramma che attinge e rappresenta sapientemente il nostro quotidiano “agrodolce”, dove si mescolano sguardi d’amore e l’odiosa cultura della prevaricazione. L’omosessualità dei protagonisti rappresenta “il dolce”, la vita nell’illegalità, l’amaro.

***

Prefazione al testo di Salvatore Simioli (delega Lotte alle mafie Arcigay)
[email protected]


Fortunato Calvino affronta nel suo dramma, “Cuore nero”, l’amore tra due uomini appartenenti alla mala napoletana. Con il suo testo, permette allo spettatore di affacciarsi nelle vita di questi “guagliùni” rivelandone le gioie effimere, i tormenti, le infelicità di vite trascorse nel nascondersi, magari in un rifugio dove scambiarsi furtive carezze.

La subcultura della malavita, il “codice d’onore” delle mafie, non tollera l’omosessualità, essere omosessuale può anche costare la vita. La storia di Pietro e Tommaso non è una storia d’amore con la “a” maiuscola, è senza un lieto fine, ma rappresenta in modo autentico, senza ammiccamenti o “falsi buonismi ” il vissuto di due uomini che si cercano, che negano a se stessi la propria omosessualità ma che alla fine si rendono conto, che quella cultura “delinquenziale” impregnata di machismo e prevaricazione li rende infelici.

Un quadro a tinte fosche, drammatico, pieno di omoerotismo e sensualità, e che “grida” un messaggio chiaro: convertitevi alla cultura della legalità, alla cultura dell’amore alla luce del sole, solo questa è la strada per la felicità. Un monito che vale per tutti ma che per chi è omosessuale assume una valenza ancor più necessaria ed urgente, nel contesto omofobo della subcultura criminale.

Un invito al coming-out: ad uscir fuori, come omosessuali e dalla melma paludosa del “delinquere”. La cronaca ci racconta spesso come sia ritenuta dalla camorra e dalla mafia “incompatibile” l’essere omosessuale ed essere parte di dette organizzazioni criminali. Ebbene il testo è lo specchio amaro della vita reale, ci dice anche che il crimine non paga, che a risentirne è anche il percorso individuale di accettazione. Pietro e Tommaso sono vittime e carnefici di loro se stessi, hanno scelto di delinquere, vivono un dramma interiore perché non accettano la propria omosessualità, ma anche il dramma di non essere accettati come omosessuali nel loro cotesto sociale. I protagonisti, belli e dannati, non sono eroi positivi, come giusto che sia. Il testo racconta una realtà spesso taciuta: l’amore omosessuale tra due delinquenti. Nel raccontare questa relazione, con realismo e senza forzature, si da atto di una “normalità” dell’omosessualità che a prescindere da età, sesso e ceto sociale.

Un testo politicamente corretto, che narra dei tormenti amorosi di due uomini, un dramma dalla matrice neo-shakespeariana che attinge e rappresenta sapientemente il nostro quotidiano “agrodolce”, dove si mescolano sguardi d’amore e l’odiosa cultura della prevaricazione, l’omosessualità dei protagonisti rappresenta “il dolce” , la vita nell’illegalità l’amaro.


  •