La prima volta di Cagliari

  

CAGLIARI. Oltre un migliaio di persone in piazza per ricordare che «di omofobia si può guarire». È stato questo uno degli slogan più gettonati durante il corteo che ieri pomeriggio ha sfilato per le vie del centro città.

L’occasione è la «Giornata mondiale contro l’omofobia» in programma il 17 maggio e promossa per ricordare l’anniversario della data in cui l’Organizzazione mondiale della sanità cancellò, nel 1990, l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali. Intorno alle 17 in piazza Garibaldi si sono date appuntamento tutte le sigle aderenti al collettivo spontaneo che ha organizzato la manifestazione, dal Movimento omosessuale sardo, che a fine maggio organizzerà una manifestazione gemella a Sassari, all’associazione Arc, passando per il collettivo Lune Storte, Amnesty International, il collettivo universitario e la federazione provinciale di Cagliari di Rifondazione Comunista.

Sono arrivati tutti alla spicciolata: gli studenti con gli striscioni, gli associati di Arc e quelli dell’Arcigay, qualche dark e post-punk. Il corteo è partito poco dopo le 18 da piazza Garibaldi per attraversare il centro città passando nelle vie Sonnino, XX Settembre, Roma e Largo Carlo Felice, prima di tornare in piazza Garibaldi, dove si è tenuto uno spettacolo animato da musicisti jazz e rock, letture di poesie e brani letterari.

«Lo scopo di questa iniziativa – ha detto Cristina Ibba, componente del coordinamento femministe e lesbiche di Cagliari – è quello di sensibilizzare l’opinione pubblica non solo sulle aggressioni fisiche subite dagli omossessuali ma soprattutto sulle vessazioni psicologiche che, nella maggior parte dei casi, sono perpetrate in famiglia e a scuola. Io stessa, da insegnante, sono stata spesso spettatrice di episodi di intolleranza non solo nei confronti di giovani omosessuali ma dei diversi in genere. Di sicuro, sul versante degli episodi di intolleranza legati all’orientamento omosessuale molto spesso si tende a decontestualizzare, se non minimizzare, l’accaduto: si veda il caso dello studente torinese massacrato di botte da un gruppo di compagni al grido «sei gay», bollato come un semplice episodio di bullismo. Non sono state poche le persone che, saputo della manifestazione in programma ieri, hanno associato il corteo a una sorta di gay-pride in salsa cagliaritana.

«La nostra non ha alcuna attinenza con quella manifestazione – ha chiarito Ibba – ma crediamo che chi partecipa al gay-pride abbia tutto il diritto di farlo e, anzi, non sono d’accordo con chi lo bolla come una semplice carnevalata. Molto spesso, dietro queste critiche si nascondono persone che non hanno altra intenzione se non quella di strumentalizzare l’evento per screditare tutto il movimento che si muove per difendere i diritti degli omosessuali».

Secondo i vertici dell’Arc, sigla che richiama il simbolo degli omosessuali, l’arcobaleno, Cagliari non figura tra le città caratterizzate da aggressioni o segni di intolleranza verso gli omosessuali, anche se questa situazione, «una sorta di pax non scritta – dicono gli esponenti di Arc – funziona sul modello ‘fai quello che ti pare, basta che non mi disturbi’». Il tutto ammantato da un velo di ignavia. Un elemento che, insieme all’intolleranza secondo Cristina Ibba «è il risultato di una cultura omofoba alimentata in particolare dal Vaticano e dal clero e foraggiata dalla destra fascista. Ma in questo discorso non rientra solo l’orientamento sessuale: la tolleranza verso gli altri è un fatto di democrazia e rispetto».


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