Torino, l’orgoglio LGBT conquista la città

  

«Grazie Torino!». Quante volte Roberta Padovano del Coordinamento Torino Pride ha urlato nel microfono queste due parole alla folla che ieri 16 maggio, lungo tutto il percorso del corteo contro l’omofobia e per i diritti delle persone lesbiche, gay, bisessuali e transessuali, ha accolto il mosaico colorato di manifestanti con simpatia e comprensione. Nella parata, le infinite espressioni del popolo lgbt, con punte di provocazione esasperata, ma soprattutto un mare di giovani, di gente comune: la vicina, il collega, l’insegnante del figlio, il meccanico e il manager. Torinesi «qualsiasi» insieme ai candidati Gianni Vattimo, Vittorio Agnoletto, Ivan Scalfarotto, a Piero Chiambretti con la mamma. Almeno cinquantamila, secondo gli organizzatori, più altre decine di migliaia ad assistere (quanti armati di macchina fotografica!). Sui marciapiedi di via Roma c’è la designer Giusy con il figlio in braccio, che dice «ho voluto esserci»; gli studenti Christian, Davide e Matteo del Birago che nel 2006 avevano trovato il Pride «simpatico»; la signora Liviana, ex commerciante, che pensa che «questa gente ha ragione a chiedere attenzione».

Diecimila alla parata e altrettanti assiepati ai bordi delle strade del centro secondo la Questura. Per un attimo, alla fine, in piazza Palazzo di Città, è stata guerra di cifre. Ma la giornata di ieri resterà nella storia del movimento come una tappa importante, un successo non scontato che numeri contrapposti non possono sminuire: davanti al direttivo del Coordinamento Pride il sindaco Chiamparino, in mattinata, aveva assunto l’impegno personale, e di tutte le istituzioni al di là dell’appartenenza politica, di dare un segnale forte «che incoraggi una crescita politica e culturale per contrastare ogni forma di discriminazione delle persone in base all’orientamento sessuale e per condannare l’omofobia e la transfobia come veri attentati alla convivenza civile».

Primo segno tangibile di tutto questo (subito contestato dal Pdl), l’autorizzazione a srotolare dal balcone di Palazzo Civico lo striscione «rainbow», bandiera del popolo lgbt. Così è stato alle 18,30, con il via dell’assessore alle Pari Opportunità Marta Levi e il Coordinamento Pride che annunciava «un gesto simbolico di vicinanza delle istituzioni mai avvenuto prima in Italia». Un gesto che, come i sorrisi di amicizia dei ragazzi o delle coppie di pensionati che hanno sospeso lo shopping e osservato i manifestanti, va incontro a tante persone in situazioni diverse. Come l’ingegnere Jasmine Emily, transessuale turca operata alle Molinette, che è riuscita a far riconoscere la sua laurea in Italia e ora si augura di trovare lavoro. Come Patrizia, impiegata di 47 anni, che ieri sfilava dietro lo striscione «Resistenza lesbica» e raccontava gli anni di solitudine vissuti prima di entrare in una associazione: «Forse, per le lesbiche giovani è più facile vivere serenamente, ma oggi restano numerose quelle che lasciano la provincia e si trasferiscono in città perché nei centri piccoli non puoi far altro che nasconderti».

Italia sempre a due velocità, insomma. E proprio su questo aspetto interviene il servizio Lgbt del Comune di Torino, presente ieri sul bus Informagiro dell’Informagiovani, con il quale collabora per diffondere – anche a livello regionale – materiali utili ad orientare i giovani lgbt nella vita quotidiana, nel lavoro, per imparare a tutelare i propri diritti. Poi ci sono quelli che continuano a mancare. «Per la piena affermazione dei diritti civili gay il matrimonio è la pietra miliare», diceva Fulvio Boccardo dell’Associazione Radicale Certi Diritti e con lui tantissimi altri partecipanti alla sfilata. A sottolinearlo, coppie di sposi impeccabili, con fiore all’occhiello, e di spose con il velo bianco. O fucsia Pride.


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