Lettera di un omosessuale di provincia

  

Cari Nojani, avrei voluto scrivere un articolo scientifico, un’accurata analisi sociale sul paese, per dare la forza dell’oggettività alle mie idee. Ma sarebbe stato egoistico, e inoltre non ne ho la possibilità, perché tutto ciò che vivo di Noicàttaro lo vivo come nojano e non come antropologo. Pertanto mi scuso in anticipo coi pazienti lettori perla prospettiva sicuramente parziale delle cose. Non pretendo, in questa sede,di esporre "fatti", ma "osservazioni", del tutto personali.

Come sipresenta ai miei occhi Noicàttaro? Beh, non nascondo un certo rabbioso timore nell’affrontare una questione così complessa e dico subito che la mia è una prospettiva non politica, né economica, né amministrativa, ma si basa su un’emozione essenzialmente e intimamente poetica.

Partirò dall’evidenza,da ciò che più mi ferisce. Noicàttaro è un paese chiuso. Un’isola culturale. Una periferia senza ponti. Tutto ciò che giunge nel nostro paese, ogni stimolo di ogni tipo, ha natura televisiva, volgare, esteriore e superficiale. Non ci sono veri centri di quotidiano ritrovo creativo e di scambio di idee per il popolo,e questo annienta la coscienza etica del paese. Vedo un deserto che sprofonda nelle gialle sabbie dell’ignoranza. Una silenziosa, pacifica, serena apocalisse.

Qualche esempio. La giovanissima cultura emo, caratterizzata da un look gotico e virginale, dilaga ormai ovunque, anche nella vicina Bari, ma qui è ampiamente soppiantata dall’ancient régime dei lustrini e delle paillettes di Uomini e Donne. Questo fatto rivela a mio avviso il forte decentramento del paese dal centro geo-politico della regione. Quindici km e un abisso.

Altro esempio: il Berlusconismo, termine col quale alludo all’irrazionale adesione da parte del popolo a un Cristoscesointerra (ribadisco: non ho intenti polemici o politici, sono certo anzi che ogni ragionevole uomo, che sia di destra o di sinistra o a pois, si sarà accorto di quanto sia religioso e acritico un certo fervore affettivo da parte della gente verso i suoi simboli), veicolato dai media, coi loro modelli estetici di divismo -altra faccia dell’individualismo-, è più forte di ogni timido castello di sabbia eretto in nome del "vivere e fare politica". Ma questo è un problema non solo nojano.

Altro elemento forte: la reciproca interferenza tra cultura cattolica e cultura contadina, che ha i risvolti inquietanti e monolitici di un inapparente regime. Basti pensare che ad oggi il catechismo costituisce per un bambino l’unica reale alternativa educativa oltre alla strada, o almeno così è nella percezione dei più. E questo, in un paese laico, a mio parere,è scandaloso. La laicità è il metro della democrazia. Se un paese non è laico, un paese non è democratico. Credo che l’unità di misura del grado di civiltà di una comunità risieda anche nella garanzia, da parte delle istituzioni, di un reale pluralismo identitario.

Noicàttaro non ha spazio per la diversità. Non ha spazi fisici, ma soprattutto non ha spazi mentali.


Lo dico come creativo.
Lo dico come ateo. Lo dico come omosessuale.

Quell’arteria che attraversa tutta Italia, in cui scorrono ignoranza,violenza e rifiuto, passa anche per il nostro paese. E il rifiuto, quando non è una scelta che rispetta, diventa dogma violento, cattolico, perfettamente inserito in un sistema di valori, in una distorta e arcaica im-moralità. E’ vero che sono tante le iniziative di circoli culturali, associazioni e partiti di ogni colore con l’obiettivo comune di un progresso generale, e tanti giovani si impegnano arduamente per cambiare le cose, con coraggio evocazione spesso sinceri.

Ma ciò che chiama le masse, qui e altrove, non è tanto un libro quanto un culo (mi si perdoni la cruda metafora). La nostra quotidianità è pervasa da un grande vuoto. Non siamo curiosi, non siamo sensibili, non siamo attenti all’uomo…questo basterebbe per crescere.

Che cos’è alla fine il progresso sociale se non un "accorgersi" dell’altro? Fondare il nostro senso civico, il nostro "sentirci nojani" non solo sulle feste patronali e religiose (di cui amo e affermo l’importanza), ma nella comune tensione veramente civile che, per dirla in breve, chiamo libertà.

Questo il mio appello a chiunque. Liberiamoci dalle catene arrugginite della cecità e dell’intolleranza, perché la diversità è la ragione della nostra esistenza. E sono i vostri figli, i vostri fratelli, i vostri amici, coloro che umiliate ogni giorno. Viva l’amore. Quello vero.


Con affetto fraterno,


Michele


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