Aurelio Mancuso, tiriamo le somme

  

Ci si avvia verso il XIII Congresso Nazionale dell’Arcigay che si terrà a Perugia nel week-end del 12, 13 e 14 febbraio prossimi.

Gaynews24 ha fatto una serie di domande al Presidente uscente dell’associazione, Aurelio Mancuso, che secondo gli ultimi dati conta ben 180mila iscritti, per poter fare un punto anche sul dibattito interno che in questi giorni ha appassionato ma anche scosso l’Arcigay.

E’ tempo di tirare qualche somma presidente come le è sembrato il dibattito precongressuale?

Nei Congressi provinciali si è sviluppato un confronto, a volte anche duro, ma con diversi spunti e idee interessanti. Ciò che è apparso su alcuni media era riduttivo e anche un po’ strumentale, ma questo è anche indice di un certo interesse che è sempre positivo.

Cos’ha da rimproverare e da cos’ha apprezzato di questo dibattito?

A tratti il dibattito si è concentrato eminentemente sulle questioni interne, organizzative e di gestione, che naturalmente sono comprensibili, ma che rischiano di rendere il confronto un po’ autoreferenziale, mentre abbiamo urgenza di guardare all’esterno. Ho apprezzato invece la passione di tante socie e soci di contribuire al confronto con proposte nuove, sostenute da una vocazione al cambiamento interessante e davvero utile per il futuro.

Lei come presidente cosa si rimprovera?

Di esser stato troppo irruento e anche consapevolmente dirompente su alcune questioni, di essermi fatto guidare a volte da una eccessiva passione e da atteggiamenti di cocciuto senso del dovere. Ma il mio carattere era ampiamente conosciuto in Arcigay e, mi ha sempre contraddistinto nella vita.

Di cosa è orgoglioso?

Di aver cambiato profondamente Arcigay, di averla dotata di strumenti organizzativi, di lavoro, e economici che le potranno permettere di fare un grande salto di qualità. Quando ho conosciuto Arcigay l’associazione era una gloriosa e importante sigla, ma dal punto di vista del radicamento, delle prassi e delle regole era fragile e incerta. Nei miei otto anni di gestione da Segretario e da Presidente gli iscritti sono notevolmente aumentati, il bilancio triplicato,
l’estensione territoriale raddoppiata
. L’altra cosa di cui sono orgoglioso è di aver difeso l’autonomia di Arcigay, da tutte le sollecitazioni partitiche, dalle indebite e interessate intromissioni esterne, dalla cultura dominante delle rivoluzioni virtuali.

Secondo lei che idea dell’Arcigay consegna al suo successore

Un soggetto politico e sociale autonomo, capace di camminare con le proprie gambe, oggi in grado di porsi l’obiettivo di costruire, insieme a tanti altri soggetti, la vera comunità lgbt italiana.

Che profilo dovrebbe avere il suo successore?

Dopo una presidenza irruente e di rottura, ora c’è bisogno di un presidente tessitore, politicamente e culturalmente solido, capace di cogliere dalle discontinuità che io ho operato le opportunità per il cambiamento.

Che farà Mancuso dopo l’Arcigay?

Riposerò. Ne ho molto bisogno, ho bruciato troppe energie e messo a repentaglio anche la mia salute per mettermi al servizio di un impresa di cui sostanzialmente sono soddisfatto, ma da cui esco stremato. Non riposerò per molto, perché mi conosco bene. Sto riflettendo rispetto al futuro, soprattutto di coltivare la scrittura che è la mia principale passione. Poi si vedrà. Non ho comunque alcuna intenzione di ritirarmi a vita privata, valuterò proposte, rallentando però i ritmi.

Che futuro intravede per il movimento Lgbtq italiano? Riuscirà a trovare un’unità oggi molto difficile e combinare qualcosa?

Questo movimento deve cambiare profondamente, direi che è necessaria una vera e propria rifondazione, se no si rischia il completo scollamento dalla realtà. L’unità va ricostruita su basi completamente nuove e con strumenti efficaci di sintesi. Su questo ho avviato delle riflessioni personali, che con il tempo cercherò di precisare e condividere.


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