Arcigay Trieste in piazza nella Giornata contro l’omofobia

  

Ci sono luoghi nel mondo dove l’omosessualità è una “colpa” che si paga con l’ergastolo o con la pena di morte. Ci sono luoghi dove invece un uomo o una donna possono convivere o sposarsi con un altro uomo e con un’altra donna. In Italia, rispetto al resto d’Europa, è zona grigia: l’omosessualità non è vietata, ma non esiste alcun riconoscimento alle coppie gay e lesbiche e spesso si assiste a episodi di intolleranza, di violenza. Si chiama omofobia la paura che suscita l’omosessuale nei confronti di chi non lo è, e perciò il 17 maggio si celebra la Giornata internazionale contro l’omofobia. Una battaglia di civiltà portata avanti anche a Trieste da Arcigay e Arcilesbica. Ieri in largo Barriera i soci del Circolo hanno raccontato perché è importante che l’Italia sia unita contro l’omofobia. Sui loro manifesti, che hanno suscitato tanto scalpore l’anno scorso a Udine e Pordenone e sono stati vietati quest’anno dal Comune di Gorizia, la foto di un bacio tra una coppia omosessuale. «A dire il vero siamo un po’ preoccupati perché non li abbiamo visti i duecento manifesti in città – spiega Davide Zotti, presidente del circolo Arcigay e lesbica di Trieste – Lo scopo della nostra campagna è sensibilizzare le persone sul tema delle discriminazioni che gli omosessuali subiscono. Spesso nelle scuole ci sono realtà pesanti. Noi abbiamo fatto diversi interventi, ma è difficile portare alla luce del sole il problema». E poi ci sono gli episodi come quello raccontato da Antonio Parisi: «Ero a Lubiana la scorsa settimana e fuori da un bar vicino alla stazione mi si è avvicinata una persona chiedendomi se sono gay. Gli ho detto di sì e mi sono beccato un pugno in faccia. Il bar era pieno ma nessuno mi ha soccorso, nessuno ha chiamato la polizia». Per il pugno preso e una medicazione fatta male Antonio ha perso la sensibilità sul labbro inferiore.(i.gh.)


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