Sulmona non è omofoba

  

SULMONA – «Sulmona non è omofoba, sindaco fai outing»: lo striscione è adagiato in piazza XX settembre ai piedi della statua di Ovidio, il poeta dell’amore, la forza che tutto supera. Intorno le bandiere arcobaleno dei gruppi gay di tutta la regione: c’è l’Arcigay, l’associazione Jonathan, l’Uaar, gli studenti, i cittadini e ci sono Orlando e Bruno che con la loro convivenza di 46 anni sono la coppia più longeva d’Europa e che proprio non ci stanno a far passare l’idea che Sulmona e l’Abruzzo, loro che vivono felicemente a Pineto, possano essere considerati omofobi. E il sindaco, Fabio Federico, li accontenta, in qualche modo fa «outing»: chiede scusa, chiarisce, spiega come lui si riferisse «al fenomeno genetico dell’ermafroditismo quando parlava di aberrazioni genetiche e non agli omosessuali che non sono persone da curare», spiega sorridendo. Le sue parole, cinque anni fa, però dicevano altro, accostavano i gay ai malati: «Quel video è manipolato», continua a ripetere, anche se il tribunale di Sulmona non lo ha ritenuto tale, almeno nella sua versione integrale. Frasi mezze dette, male interpretate, montature mediatiche o pregiudizi politico-culturali che siano, ieri a Sulmona è stato il giorno dell’indignazione e della pace. Ad offrire il calumet alla settantina di persone in corteo, è il presidente del consiglio comunale Nicola Angelucci che si presenta in piazza Tresca (punto di partenza del corteo) con una scatola di confetti giallo-rossi (i colori della città) firmati dal primo cittadino: «Il sindaco si è fatto prendere dal suo carattere – spiega – Sulmona è una città ospitale e tollerante e che ha rispetto per tutti». Ma ai manifestanti non basta e così Angelucci fa il pompiere: chiama il sindaco al telefono, che era in tribunale per una testimonianza, e lo invita a raggiungerlo. Federico arriva in bici: «Vi voglio bene- esordisce – quel montaggio è una scorrettezza e io intendevo l’esatto opposto di quel che è emerso: per questo pretendo le scuse dal ministro Carfagna. Davvero- continua – non intendevo, non volevo». Le scuse per ora le fa lui, tanto da mettersi in bici a capo del corteo e accompagnarlo per i primi metri. I manifestanti sono ora più contenti, attraversano il corso davanti agli occhi dei cittadini sulmonesi e alla curiosità dei turisti. Arrivano davanti alla statua di Ovidio e, uno per ogni gruppo rappresentato, prendono la parola, ricordano al pubblico che osserva all’ombra dei palazzi, di quale sforzo abbiano fatto i gay per emanciparsi e per essere considerati normali cittadini e quanto lavoro ancora c’è da fare. Due ore sotto il sole battente e in un caldo torrido, per un’estate esplosa puntuale, ma che a Sulmona sembra più una primavera: per quelle bandiere arcobaleno che hanno portato la pace.


  •