Silurata la cognata, ko Udc-Pd

  

Impallinata dal Pd. Ma lei non è una consigliera regionale (in Emilia-Romagna) qualsiasi, è la cognata di Pier Ferdinando Casini. Così, ancora dolorante per il tonfo, Silvia Noè ha premuto il tasto numero uno del cellulare, quello con memorizzato il numero dell’influente fratello di suo marito. E dopo pochi minuti le agenzie battono la dichiarazione, d’insolita virulenza, del segretario dell’Udc, Lorenzo Cesa: si apre una frattura tra noi e il Pd.Quanto basta perché Pier Luigi Bersani chiami a rapporto il presidente della Regione, Vasco Errani: come si fa a promettere la presidenza di una commissione regionale (quella alle Pari Opportunità) alla cognata di Casini e poi toglierle la poltrona mentre lei, raggiante, si sta sedendo?Il fatto è che Bersani contava sull’Emilia per sperimentare l’alleanza con l’Udc, qui si erano verificati apparentamenti vincenti alle ultime amministrative e da qui doveva partire, seppure con le dovute cautele, la marcia d’avvicinamento verso l’alleanza prima o dopo le probabili elezioni politiche anticipate.Adesso l’uppercut alla cognata del leader rischia di mandare tutto all’aria e per capire l’atmosfera che si respira in casa Udc bolognese basta leggere la nota di Silvia Noè («si è adottando un ragionamento discriminatorio nei confronti del mio partito, è una pagina molto spiacevole per la Regione») e quella del deputato bolognese, vicepresidente del gruppo Udc alla Camera e casiniano di ferro, Gianluca Galletti («È chiaro che dall’atteggiamento del Pd emiliano-romagnolo discenderà anche un giudizio più complessivo: si vogliono ancora fare condizionare dalla sinistra estrema oppure vogliono diventare quel partito riformista e democratico in grado di colloquiare anche con un centro cattolico?»).Una cognata val bene una guerra? Sembra di sì, perché i cannoni hanno tuonato.La vicenda: il Pd emiliano corteggia, sollecitato da Bersani, l’Udc e gli offre la presidenza della commissione consiliare delle Pari Opportunità, un’investitura per Silvia Noè poiché è l’unico consigliere Udc in Regione.Lei risponde sì, grazie. E scoppia il terremoto all’interno del centrosinistra, Idv, Fds e Sel minacciano addirittura di rompere l’alleanza (e la giunta) se il Pd compirà un simile misfatto. Perché «misfatto»? Perché, rispondono Italia dei valori, Federazione della sinistra e Sinistra, ecologia e libertà, la candidata è integralista e oscurantista, metterla alle Pari Opportunità è un insulto alla società laica.Davanti al palazzo della Regione incominciano i sit in con le bandiere arcobaleno, lunga la fila delle adesioni, oltre a Idv, Fds e Sel, anche Udi, Orlando, Cgil, Arcigay, Arcilesbica e Rete Laica: «Chiediamo una presidenza rispettosa del diritto all’autodeterminazione di ogni donna e di ogni uomo. Posizioni anti-abortiste, contrarie all’esercizio della libertà individuale sui temi della vita e del fine-vita, posizioni discriminatorie nei confronti di chi sceglie di non sposarsi e delle famiglie delle persone omosessuali, bisessuali e trans sono inaccettabili in un presidente di commissione Pari Opportunità che si occuperà di coppie di fatto e di Dico». Anche all’interno del Pd c’è chi contesta, il vice-presidente del partito, Ivan Scalfarotto, dice: «Un’esponente Udc presidente della Commissione Pari Opportunità dell’Emilia Romagna? Allora facciamo il conte Dracula presidente dell’Avis».L’ira anti-Silvia è provocata dai suoi no. No alle leggi a favore delle famiglie tra omosessuali: «Non sono interessata ad alcun tipo di discussione che possa portare alla manipolazione genetica del concetto costituzionale di famiglia o che possa creare un alibi per la parificazione con quelle “relazioni tra generi e generazioni” che si vorrebbe fare. È ora di fare chiarezza sul significato che qualcuno vuole dare alla parola “famiglia” quando la nostra Costituzione a tale riguardo è già chiarissima». No al Gay pride (che il prossimo anno si svolgerà a Bologna): «Il Gay pride è una manifestazione che nella sua ostentazione finisce sempre con l’ essere oltraggiosa nei confronti dei cittadini e di chi vuol vivere normalmente la propria identità sessuale».No alla prescrizione della pillola abortiva: «L’assunzione del farmaco, nella solitudine domestica, al di fuori del ricovero e della degenza in strutture pubbliche mette a serio rischio la salute delle donne e contrasta con quanto espressamente enunciato nella legge nazionale».Il braccio di ferro è stato pesante e alla fine il Pd ha mandato in consiglio comunale l’esponente più accreditato della propria componente cattolica, Marco Monari, a dire: «Nulla di personale. Ma sul suo nome la maggioranza non c’è».Insomma, un cambio di cavallo in corsa: cancellata Silvia Noè, arrabbiata più che mai, e al suo posto Roberta Mori (Pd), ex-sindaco di un Comune del reggiano, che si definisce: «oltre il femminismo».Il Pdl fa quadrato con l’Udc (la Lega si astiene) ma non basta, la maggioranza di centrosinistra ritrova la concordia e vota compatta per la nuova candidata, con Gianluca Galletti arrivato in Regioni per cercare, senza successo, un accordo in extremis che commenta: «Il Pd doveva scegliere se sostenere il centro moderato o la sinistra radicale, e in questo modo l’ha fatto, diventando ostaggio dei “gruppuscoli”. L’Udc non accetta logiche settarie in base alle quali esponenti del mondo cattolico non sarebbero a priori affidabili per ricoprire quella presidenza».Una querelle che non sarà facile ricomporre anche se Stefano Bonaccini, segretario regionale Pd, tenta di gettare acqua sul fuoco: «Si tratta di una commissione, sarebbe un’enormità tradurre in chiave romana il caso di questa presidenza. Quando, a livello nazionale, si dovrà trovare un’alternativa a questo governo il Nuovo Ulivo e l’Udc dialogheranno comunque». Ma Silvia Noè, scuote la testa. Lei con questo Pd ha chiuso e, come si dice, tiene famiglia.


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