Usa, svolta nell’esercito Si può dire di essere gay

  

WASHINGTON È FINITA ieri a mezzanotte, dopo 18 anni, l’era del «don’t ask, don’t tell», il principio secondo cui gli omosessuali americani potevano servire il Paese in divisa a patto di non rivelare il proprio orientamento sessuale. Fu barack Obama, il 22 luglio, ad annunciare, tra le furiose proteste della destra, che i tantissimi soldati gay, lesbiche, bisessuali e transgender potevano finire di nascondere la loro natura sessuale, uscendo finalmente allo scoperto. Una conquista storica del movimento gay americano, grazie al quale si calcola che almeno 13mila uomini e donne in uniforme potranno uscire da uno stato di semi clandestinità. IL NEW YORK TIMES racconta a proposito la storia di un ufficiale dell’aeronautica del tutto particolare. Fino a oggi Josh Seefried si è battuto in prima linea nelle battaglie a favore dei diritti del movimento gay, ha firmato appelli, scritto articoli, guadagnandosi una certa fama. Ma lo ha dovuto fare sempre nascondendosi dietro lo pseudonimo di J.D Smith. Da oggi, grazie alla svolta impressa da Obama, Josh Seefried, è potuto uscire allo scoperto. Nei suoi anni di militanza, Josh racconta di avere fondato un gruppo praticamente clandestino che riuniva almeno 4000 gay con le stellette. Ha tenuto perfino conferenze in alcune università americane, pregando però sempre il suo pubblico di non fare foto, per tenere segreta la sua vera identita. «Ho sempre avuto la brutta sensazione di essere costretto a mentire ai miei colleghi, senza potermi mai sentire parte integrante della famiglia dell’esercito osserva Seefried . Ora mi sembra di essere rinato, di vivere la mia vera vita. Finalmente, alle feste di Natale, potrò portare la persona a cui voglio bene, senza temere di perdere il posto. È un grande sollievo». MALGRADO gli sforzi, per colpa del «don’t ask, don’t tell», Josh tempo fa ha rischiato di essere allontanato dall’esercito, proprio per il suo attivismo a favore dei gay. Nel 2009 un pilota istruttore civile, andando a spulciare a fondo sui vari social network, è riuscito a scoprire la sua vera identità gay e lo ha denunciato ai suoi superiori, che non hanno potuto fare altro che sospenderlo temporaneamente dal servizio. Poi, nei mesi successivi, è cominciato il dibattito nazionale sull’abrogazione della legge. E Josh è stato reintegrato. «Ma chissà si dispiace quanti militari, in passato, malgrado il loro sacrificio e il loro coraggio in battaglia, sono stati discriminati e messi da parte». La decisione americana è stata giudicata molto favorevolmente da Paolo Patanè, presidente di Arcigay: «Vediamo se adesso ci sarà la stessa parità per gay e lesbiche italiane».


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