Convertire i gay. Arcigay Torino scrive all’ordine degli psicologi

  

Prot n. 01/Comunicazioni Egr. Presidente Ordine degli Psicologi del Piemonte
Torino 16/10/2011 Dr. BARCUCCI Paolo Fausto

Oggetto: Richiesta di intervento

Egr. Presidente,

con la presente si chiede di intervenire in merito alle dichiarazioni riportate dai giornali che vedono la riflessione del centro Cattolico di Bioetica dell’Arcidiocesi di Torino “chi con metodo scientifico coltiva la tesi che l’omosessualità sia curabile non può venir discriminato, censurato o ostacolato” “anche nell’accesso ad eventuali finanziamenti” indirizzando tali valutazioni al presidente del Consiglio Regionale Valerio Cattaneo.
Ricordo, altresì, che secondo il DSM-III nel 1974, l’American Psychiatric Association eliminò dalla classificazione dei disturbi mentali l’omosessualità, includendo invece in un’unica categoria – quella di Disturbi dell’Identità di Genere– ogni “malessere persistente riguardante il proprio sesso assegnato”. L’accento dell’APA, a partire da allora, è posto sul malessere persistente (DSM-IV, criterio B) vissuto dall’individuo nella propria identità di genere qualunque sia l’orientamento sessuale. Vale a dire che il disturbo consiste nel vissuto di disagio della propria identità e non nell’orientamento sessuale di per sé. L’omosessualità, che non rientra nell’ambito delle identità di genere, non è quindi annoverata tra le patologie, ma il malessere individuale che in certi casi provoca può spingere a una richiesta di aiuto e rendere effettivamente necessario un intervento psicologico. Una posizione analoga è stata raggiunta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 1990 durante i lavori di revisione dell’ICD-9 e nella successiva classificazione (ICD-10) l’omosessualità non compare come categoria diagnostica. Dopo il report pubblicato con lo scopo di definire quale tipo di terapia sia utile per i bambini, gli adolescenti e gli adulti che vivono tali disagi, nel 2009 dall’APA indica e raccomanda di orientarsi, nella cura di persone che vivono un persistente malessere nei riguardi del loro orientamento sessuale, verso terapie accoglienti e supportive, rispettose dei valori, convinzioni e bisogni del cliente, orientate a esplorare e sviluppare l’identità del loro orientamento sessuale e ridurre lo stigma sessuale interiorizzato, aiutandole a comporre i loro conflitti sociali, religiosi e relazionali. Invita anche gli organismi sociali a lavorare per la riduzione degli effetti del pregiudizio, dello stigma sessuale, della discriminazione degli individui, dei gruppi e delle loro famiglie.
L’APA esprime anche la preoccupazione che il diffondersi di queste terapie, e relative teorie, contribuisca all’aumentare i pregiudizi e le discriminazioni sociali e – di conseguenza – le condizioni di stress per gli individui e le loro famiglie.
Non sono pertanto tollerabili dichiarazioni in merito a evidenze intorno alle “teorie riparative” più volte negate dagli organi scientifici nazionali e internazionali. Si ricorda che negli articoli 3,4 e 5 del Capo 1 – Principi generali, il Codice Deontologico degli Psicologi Italiani sono evidenziate le responsabilità e i compiti professionali che differiscono dalle “teorie che ritengono l’omosessualità curabile”.

Responsabile Salute Arcigay Ottavio Mai di Torino
Valerio Brescia


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