Europarlamento: la nuova risoluzione “lgbt” in pillole

  

UNA NUOVA RISOLUZIONE. Il Parlamento europeo ha approvato il 28 settembre 2011 una Risoluzione sui diritti umani, l’orientamento sessuale e l’identità di genere nel quadro delle Nazioni Unite.

Ogni Risoluzione del Parlamento europeo costituisce l’espressione di un indirizzo politico e legislativo che, seppur non vincolante per i singoli paesi dell’Unione, contiene i principi ispiratori ai quali gli Stati membri e gli stessi organismi della U.E. dovrebbero uniformarsi nell’emanare le loro leggi interne e nell’elaborare la loro azione politica.

Nel corso degli ultimi venticinque anni sono state approvate diverse Risoluzioni a tutela delle persone lgbt, al fine di invitare gli Stati membri a dotarsi di norme giuridiche antidiscriminatorie o di contrasto ai fenomeni di omofobia e transfobia.

L’ultima in ordine di tempo, quella del 28 settembre scorso, contiene principi importanti per quei paesi, come l’Italia, dove la protezione delle persone lgbt è drammaticamente carente.

LA RISOLUZIONE IN PILLOLE. Per chi è digiuno di diritto (ma, a volte, anche per i più esperti), la lettura e l’analisi del documento sopra richiamato può rappresentare un’impresa non semplice. Per aiutare chi legge nella comprensione di questo testo, possiamo dire schematicamente che la Risoluzione si compone di tre parti.

Nella prima parte vengono richiamati i più importanti documenti emanati da organismi internazionali e dai quali il Parlamento europeo ha tratto le fonti per la propria Risoluzione. Nel caso che qui ci interessa, i più significativi tra i documenti richiamati sono:

– la dichiarazione comune del Consiglio dei diritti dell’uomo, del 22 marzo 2011, sull’eliminazione delle violenze basate sull’orientamento sessuale e l’identità di genere nonché delle violazioni dei diritti umani a esse connesse, e la dichiarazione dell’Assemblea generale, del 18 dicembre 2008, sui diritti umani, l’orientamento sessuale e l’identità di genere,

– la risoluzione del Consiglio dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite A/HRC/17/19, del 17 giugno 2011, sui diritti umani, l’orientamento sessuale e l’identità di genere,

– l’articolo 2, l’articolo 3, paragrafo 5, l’articolo 18, l’articolo 21 e l’articolo 27 del trattato sull’Unione europea nonché l’articolo 10 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea,

Di seguito, il testo della Risoluzione elenca una serie di motivazioni che hanno spinto il Parlamento europeo ad approvare questo documento. E’ importante richiamare qui quelle più significative, perché esse ci fanno capire come i parlamentari europei abbiano affrontato e analizzato le questioni che sono oggetto della Risoluzione stessa. Ecco, quindi, che il Parlamento europeo afferma, tra l’altro:

– che tanto nell’Unione europea quanto nei paesi terzi ogni giorno vengono perpetrate numerose violazioni dei diritti umani connesse all’orientamento sessuale e all’identità di genere;
– che l’Unione europea e i suoi Stati membri dovrebbero garantire il rispetto dei diritti umani nelle loro politiche e prassi;
– che le questioni dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere sono già contemplate nelle attività svolte dall’Unione europea in seno alle Nazioni Unite nonché nel quadro degli organismi regionali e dei dialoghi bilaterali sui diritti umani;
– che la risoluzione sui diritti umani, l’orientamento sessuale e l’identità di genere ha ricevuto il voto favorevole di paesi di tutte le regioni del mondo, inclusi tutti gli Stati membri dell’UE che siedono nel Consiglio dei diritti dell’uomo, e che il testo era patrocinato da 21 Stati membri dell’Unione europea;
– che numerosi organismi previsti dal trattato, relatori speciali e agenzie dell’ONU attivi nel settore dei diritti umani, al pari del Segretario generale e dell’Alto commissario per i diritti dell’uomo delle Nazioni Unite, hanno espresso gravi preoccupazioni in merito alle violazioni dei diritti umani subite in tutto il mondo da lesbiche, gay, bisessuali e transgender (LGBT).

COSA CHIEDE L’EUROPA. Infine, arriviamo alle vere e proprie dichiarazioni di principio enunciate dal Parlamento europeo, da intendersi di volta in volta quali sollecitazioni, atti di accusa, strumenti di indirizzo e inviti formali rivolti ai paesi membri dell’Unione europea, affinché essi adeguino a detti principi la propria legislazione interna e superino tutte le criticità prima evidenziate. Vale la pena di fornire un elenco dei punti salienti, invitando chiunque a leggerli raffrontandoli alla nostra realtà italiana. Il Parlamento europeo, in particolare:
1. ribadisce la propria preoccupazione per le numerose violazioni dei diritti umani e le diffuse discriminazioni connesse all’orientamento sessuale e all’identità di genere perpetrate sia nell’Unione europea che nei paesi terzi;
2. accoglie con favore l’adozione, da parte del Consiglio dei diritti dell’uomo, della risoluzione A/HRC/17/19 sui diritti umani, l’orientamento sessuale e l’identità di genere;
3. ribadisce che i diritti umani sono universali e indivisibili e si applicano a tutti nello stesso modo indipendentemente dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere;
4. cita tra i settori prioritari di azione la decriminalizzazione dell’omosessualità nel mondo, l’uguaglianza e la non discriminazione nonché la protezione dei difensori dei diritti umani;
5. incoraggia gli Stati membri a impegnarsi in modo costruttivo, in partenariato con i paesi terzi, nell’esame periodico universale e nelle procedure degli organismi previsti dal trattato per garantire che i diritti umani relativi all’orientamento sessuale e all’identità di genere siano pienamente rispettati nell’Unione europea e nei paesi terzi;
6. si rammarica che nell’Unione europea i diritti di lesbiche, gay, bisessuali e transgender, ivi inclusi il diritto all’integrità fisica, alla vita privata e alla famiglia, il diritto alla libertà di opinione, di espressione e di associazione, il diritto alla non discriminazione, il diritto alla libera circolazione anche per le coppie omosessuali e le relative famiglie, il diritto di accedere alla prevenzione sanitaria e di ricevere cure mediche, nonché il diritto di asilo, non siano ancora sempre pienamente rispettati;
7. condanna con assoluta fermezza il fatto che, in alcuni paesi, anche all’interno dell’Unione, l’omosessualità, la bisessualità o la transessualità siano ancora percepite come una malattia mentale e chiede agli Stati membri di affrontare questo fenomeno; chiede in particolare la depsichiatrizzazione del percorso transessuale e transgenere, la libera scelta del personale di cura, la semplificazione del cambiamento d’identità e una copertura da parte della previdenza sociale;
8. invita la Commissione e l’Organizzazione mondiale della sanità a depennare i disturbi dell’identità di genere dall’elenco dei disturbi mentali e comportamentali.

UNA RISOLUZIONE CHE PIACE AD ARCIGAY. Estremamente importanti sono i richiami rivolti agli Stati membri a garantire il rispetto dei diritti di uguaglianza e non discriminazione delle persone lgbt, sia al loro interno che nei paesi di tutto il mondo, esprimendo al contempo rammarico e condanna per le violazioni di questi diritti anche all’interno degli stessi paesi dell’Unione europea.
E’ certamente di capitale importanza il punto qui indicato al n. 6, dove ritroviamo specificati i diritti fondamentali che devono essere garantiti, ivi compreso il diritto di libera circolazione delle coppie omosessuali e delle loro famiglie.
Del tutto innovative, poi, le proposizioni che riguardano le persone transessuali e transgenere, laddove, in particolare, viene formalmente richiesta la depsichiatrizzazione del percorso di transizione (mantenendo però ferma la copertura da parte della previdenza sociale) e la cancellazione dei disturbi dell’identità di genere dall’elenco dei disturbi mentali e comportamentali.
Sfortunatamente, un emendamento che elogiava quegli Stati membri che hanno riconosciuto il matrimonio per le persone dello stesso sesso e che chiedeva agli altri Stati membri di fare lo stesso è stato rigettato a causa del voto contrario del PPE e, contrariamente alle posizioni espresse in precedenza, dei Socialisti.
Nel complesso, si tratta di un deciso passo in avanti per l’affermazione dei diritti e delle tutele delle persone lgbt, in Europa e nel mondo, soprattutto per quei paesi, come l’Italia, che ancora oggi esprimono una cultura, politica e sociale, profondamente intrisa di omofobia e transfobia.

Dimitri Lioi
Responsabile per l’area giuridica – Segreteria nazionale di Arcigay


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