«Inquietudini queer» da Medea a Tondelli

  

Da Shakespeare a Almodovar, da Platone al marchese de Sade, La bella e la bestia e le fiabe perverse di Ricci/Forte: sono solo Inquietudini queer, quelle che dissestano i codici del desiderio e disturbano la scrittura. Per due giorni anche ospiti, entrando per di più dalla porta principale, nel Palazzo del Bo a Padova, cioè il cuore del potere universitario patavino. Evento felicemente inedito, il convegno in corso ieri e oggi, e non solo per l’ambito accademico, dove ancora è pesante il conservatorismo in campo umanistico. Se i gay studies, proprio a Padova possono contare su una brillante sponda nel Dipartimento di sociologia, il queer ancora impaurisce o fa abbassare la voce.
«E pensare che nel mondo anglosassone già siamo alla critica del queer, al post-queer», sorride Davide Susanetti. È per merito di questo docente di letteratura greca, che si è tenuta un’arena poetica e politica così bizzarra. «Tutto è nato – racconta – perché da due anni frequento il Forum degli studi di genere, che ha reso possibile il convegno. Non è stato semplice, perché l’approccio essenzialista, biologico, del genere persiste ancora maggioritario nelle riflessioni di studiose e filosofe». Judith Butler e i contributi sulla de-costruzione del genere e dei corpi, gli approcci post-coloniali e le critiche radicali queer sono infatti ancora guardati con un certo sospetto. D’altra parte, il primo volume teorico queer, Epistemology of the closet di Eve Sedgwick, è uscito in Italia solo di recente, dopo vent’anni dalla prima edizione californiana.
Ventisei relatori e quattro sessioni in due giorni, quella che va in scena è ferramenta spuria dal punto di vista teorico (il che dà l’idea di rigidità e pruriti nella ricerca italiana sui campi identitari), dove tuttavia l’intreccio di linguaggi e l’apertura di panorami così differenti produce risultati vitali. Da Marco Pustianaz sull’ambiguità del concetto di «omofobia», a Patrizia Pinotti che del grotesque illumina «nani, bambole, bambine e altri piccoli mostri nella scrittura di Charles Dickens e Angela Carter». Il Foucault di Pierpaolo Cesaroni con «il caso Herculine Barbin» e la bearness fantasmatica di Vittorio Lingiardi. Saveria Chemotti entra nelle Camere separate di Pier Vittorio Tondelli, mentre Alessandro Grilli va alla Scuola di nudo di Walter Siti. Adone Brandalise si rifà alle «Voci di sovrane nel melodramma italiano» Silvia Antosa apre il Powerbook di Jeannette Winterson. E, infine, Davide Susanetti, che è grecista, dice di starsene alla larga dalla lettura ideologica e edulcorata del classicismo, «abbondantemente sterilizzato da antropologia e filologia. Nessun archetipo fondante – dice, ricordando la lettura militante del movimento gay – mi interessano le frizioni, le inattualità: mi incantano le figure di Dioniso e Medea per la capacità di scompaginare e far esplodere in modo queer i sistemi».
Che il convegno sia riuscito a mobilitare interessi diversi, non solo nel mondo accademico, lo rivela anche l’intervista apparsa su Pegaso, rivista online dell’Arcigay. Tra il mondo queer e il movimento gay non corrono affinità né confidenze, uno è approccio anti-identitario, l’altro una costruzione di comunità basata su una precisa identità. Così, alla domanda se il queer possa aiutare la battaglia di Arcigay, Susanetti ha sottolineato «l’orizzonte queer come spazio utile e aperto che può essere attraversato da molti soggetti e in molte direzioni» e rivendicando la «necessità di uno “spazio comune” che si sottragga alle logiche che normalizzano e concedono “diritti” per poter meglio assoggettare».


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