A Lucera Giovanni e Raffaele coppia gay e felice

  

di ANNA LANGONE

Chi li conosce dice: «Sono bellissimi». E Giovanni e Raffaele, coppia gay, hanno aggiunto alla bellezza anche quella serenità interiore che migliora la vita. Non senza difficoltà, ovvio, quegli scogli iniziali che Raffaele definisce «l’epopea». Ora lavorano insieme a Lucera, in un salone di parrucchiere-estetista dove c’è anche la sorella di Raffaele. Dodici ore intense ogni giorno fra phon e lacca per rendere belle le donne che, in molti casi, diventano anche loro amiche. «Difficoltà ad essere accettati in paese? Non direi – racconta Giovanni – chi ci conosce ci ha vissuto giorno per giorno, ha visto la nostra storia nascere e svilupparsi insieme a noi e accettarci è stato naturale. Poi le nostre clienti vedono che siamo professionali e ci scelgono anche per questo».

Giovanni, 35 anni, è l’anima poetica della coppia: sminuisce le sofferenze pure vissute per rivelarsi, a trent’anni suonati, alla famiglia. «L’hanno saputo da altri – dice soltanto – io già prima me ne ero andato per quattro anni a Bologna dove vivevo con un compagno. Loro immaginavano ma non mi dicevano niente. Poi, quando ho conosciuto Raffaele, facevo il pendolare tutti i giorni da San Severo a Lucera per stare con lui e i miei sono venuti a sapere di noi».

«Non è stato semplice – dice Raffaele – sua madre soffriva molto e io l’ho lasciato libero di scegliere, anche se tenevo moltissimo a lui. Per me è stato diverso, per me niente al mondo ormai è difficile: ai miei l’ho detto a 17 anni e me ne sono andato a lavorare in Toscana. Poi sono tornato, per aiutare la famiglia in un momento di difficoltà e i nostri rapporti ora sono ottimi».

Proprio la famiglia di Raffaele ha dato alla coppia la casa che condividono, un punto d’arrivo e di completamento nella condivisione della vita. Un luogo dove Giovanni e Raffaele vivono la quotidianità di tutte le altre coppie, tra cucina, spesa, bucati «Io ho la bestia nera delle lavatrici – confida Giovanni – sbaglio il dosaggio dei detersivi, un disastro. Per il resto ce la caviamo bene: io ho lavorato negli alberghi e so cucinare, Raffaele invece è anche naturopata e si porta dietro la cucina toscana con le sue zuppe di cereali. Una bella parmigiana però non ce la facciamo mancare, anche se stiamo attenti alla linea».

«Il giudizio degli altri non mi tocca – dice sicuro Raffaele – ciò che ho vissuto mi ha corazzato. Ora lavoro, ho la casa a cui pensare e altre incombenze… Sono come sono e sono quello che faccio: a qualcuno non sta bene? Non m’importa nulla».

Queste sue certezze, Raffaele le porta anche all’Agedo e al Comitato promotore dell’Arcigay: «Io vado lì per aiutare, se posso, non per essere aiutato. Ho imparato che non bisogna mostrare la propria debolezza, perchè è su quella che si attacca la cattiveria degli altri, la volontà di infierire». «Stiamo davvero bene – interviene Giovanni – e non ci mancano le smancerie che altre coppie, gay ed etero, fanno in pubblico. A me, ad esempio, non piacciono queste esibizioni: la nostra intimità la viviamo a casa, in privato. Certo, lavorando insieme ci basta uno sguardo per capirci e chi ci circonda lo percepisce. Magari qualche volta scappa una carezza, ma nulla di più…».

Eppure c’è un gesto, semplice quanto importante che Giovanni vorrebbe fare sempre con il suo Raffaele: «Camminare mano nella mano… ma non si può». Però una pazzia l’hanno fatta per poter passeggiare come una qualunque coppia: «Siamo andati in Spagna – dice Giovanni – e lì camminavamo tenendoci per mano. Bellissimo». E’ l’unica concessione al romanticismo: al matrimonio non pensano affatto «E’ un di più. Per ora – dicono – va bene così».


  •