Bologna Pride 2012. Il discroso di Paolo Patanè, presidente nazionale Arcigay

  

E in qualche modo a me tocca provare di chiudere quest’incontro, non soltanto ricordando che il Pride è un insieme di eventi, è un insieme di cose e che oltre dopo Bologna ci sarà il Pride a Torino il 16, il Pride a Roma e a Palermo il 23 di giugno, e poi il Pride a Cagliari e Catania il 30 e il Pride a Viareggio il 7 di luglio.

Ma in qualche modo mi piace sottolineare che la trama di questo film, che oggi sembra concludersi, in realtà ha un inizio antico e non finisce qui, ma questa piazza dimostra, in queste circostanze che non erano assolutamente facili, che questo Pride lascerà un’impronta importante nella storia di questo Paese.

Trent’anni fa il Cassero, e quella libertà, quella libertà straordinaria che oggi noi viviamo, qui in questa città, ma anche in questo Paese, nonostante tutto, quella libertà della società, non della politica. Questa libertà ha dei nomi e dei volti: e questi nomi e questi volti sono qui, oggi, su questo palco, idealmente: alcuni non ci sono più, alcuni sono già ricordati, Marcella Di Folco; ma io penso a Lola Pugnales, a Stefano Casagrande, a Franco Grillini, a Vanni Piccolo, ad Angelo Pezzana, a tante persone, e alla Valerie Taccarelli, a Porpora Marcasciano; queste persone che con la loro vita, i loro volti, le loro storie, con la loro biografia hanno contribuito a costruire la biografia della libertà in questo Paese.

E se oggi noi possiamo dire – e lo possiamo dire realmente – che la società in Italia è più avanzata della politica che la rappresenta, è perché noi nella società abbiamo vinto! E se oggi noi possiamo dire che siamo noi la chiave di lettura che dimostra perché la società non si riconosce in questa politica, se oggi noi lo possiamo dire, è perché la distanza della politica dalla società, che noi sottolineiamo, e che noi rimarchiamo; questa distanza non è solo una distanza dai nostri diritti, dalle nostre vite e dalla nostra realtà, ma è una distanza da tutto il Paese.

Ecco perché, in nome di quei trent’anni di storia con cui il Cassero ha contribuito a cambiare non solo Bologna, ma tutta l’intera nazione italiana, in nome di questi trent’anni noi oggi abbiamo un dovere: un dovere che è storico, un dovere che è politico, un dovere che è etico, di non rimanere indietro rispetto alle vite di coloro che ci hanno preceduto e ci hanno consegnato questa libertà: questo dovere significa che la nostra battaglia per l’eguaglianza è una battaglia che ha una storia solida; è quella battaglia che da duecento anni attraversa l’Europa e che ha visto testimoni le donne, le persone di colore, gli ebrei: [enfasi] oggi tocca a noi!  E noi dimostreremo, e continueremo a dimostrare alla politica, che questa sfida la portiamo avanti fino in fondo.

Pensate, nel 2013 saranno cento anni, cento anni dalla nascita di Rosa Parks: una persona, anche lei, che ha contribuito a cambiare il mondo. E se oggi c’è un Presidente degli Stati Uniti che si chiama Obama, un uomo di colore, è perché c’è stata Rosa Parks. E allora io mi rivolgo alla politica, e mi rivolgo ai partiti, e permettetemi, soprattutto ai partiti di sinistra, a coloro che dicono di voler essere [enfasi sulla parola] progressisti: ricordatevi, un giorno Rosa Parks in quell’autobus si rifiutò di alzarsi. Il conducente la fece arrestare. Molta gente le disse: “Hai ragione, però forse… non dovevi esagerare, non era il momento: non è il momento”.

Rosa Parks è un’eroina ed è nella storia! E di quel conducente non si ricorderà mai nessuno,  se non per dirgli che era un vigliacco! E scelga, dunque! La politica di questo Paese! Scelga! Se vuole stare con la storia, e con Rosa Parks, o se vuole stare tra i vigliacchi!, che dalla storia verranno cancellati!

Perché, se questo è vero -ed è vero-, questo significa che noi che l’eguaglianza la rivendichiamo e la rappresentiamo, da questa eguaglianza non recederemo. E questa eguaglianza, per le nostre coppie, per le nostre vite, per i nostri figli, per i nostri amori, lo sappiano tutti:  senza nessun compromesso, senza nessun arretramento ha un solo nome e cognome: matrimonio civile!  E chi dice che la Corte Costituzionale ha ritenuto incostituzionale il matrimonio nel nostro ordinamento mente!   E chi dice che in questo Paese il matrimonio tra persone dello stesso sesso, dopo la sentenza della Corte Europea dei Diritti Umani, dopo la sentenza della Corte di Cassazione, non è immediatamente possibile solo e soltanto se il legislatore lo voglia, chi nega questo [più enfasi sulla parola] mente!

E dunque, non ci chieda la politica di essere noi ad accettare che in questo Paese le parole di Hollande, le parole di Cameron, le parole di Obama, le parole persino di Raul Castro, debbano restare fuori: e se i partiti di sinistra, i partiti cosiddetti progressisti non accetteranno di far passare queste parole attraverso i nostri confini per renderle patrimonio di tutti, riconoscendo il matrimonio civile alle persone dello stesso sesso, allora abbiano il coraggio, a cominciare da stasera, di dire a questa piazza che progressisti [enfasi] non lo sono! [applausi] E questo in nome di quella libertà che noi abbiamo ricevuto dai trent’anni di storia del Cassero, in nome di quella libertà che è diventata patrimonio di tutti, che ha cambiato questo Paese e che noi non tradiremo. Grazie.