Hiv, infezioni sottostimate: lettera aperta delle associazioni all’Istituto Superiore di Sanità

  

È una lettera severa quella che Arcigay, Lila, Nadir e Plus hanno indirizzato ai vertici dell’Istituto Superiore della Sanità e alla Ministra della Beatrice Lorenzin e riportata oggi da Repubblica. Le quattro associazioni impegnate nella lotta all’Aids puntano il dito sulle “molte lacune”  della nostra epidemiologia nazionale. “Oggi – denunciano – non è disponibile un dato universalmente considerato affidabile su quante persone vivano nel nostro paese con l’infezione da HIV, su quante siano all’anno le nuove diagnosi e quante di queste siano diagnosi tardive. Nemmeno il numero di persone che ogni anno muoiono di Aids è noto, come emerge dalle pubblicazioni dello stesso COA (2, 3) con un gap inaccettabile tra quanto rilevato nel bollettino di sorveglianza (45) e quanto stimato in pubblicazioni scientifiche dello stesso COA (1500). Da qualche anno infatti i dati provenienti dal sistema di sorveglianza diffusi dal Dipartimento di malattie infettive parassitarie e immunomediate vengono accolti con imbarazzo e scetticismo dalla comunità scientifica e dalle associazioni presenti in Commissione Nazionale Aids e nella Consulta delle Associazioni Aids del Ministero della Salute. Altra grave lacuna sono i dati di prevalenza e incidenza dell’infezione nelle popolazioni vulnerabili all’HIV, in particolare maschi che fanno sesso con maschi, persone che usano droghe per via iniettiva, persone che si prostituiscono, persone detenute. Su queste popolazioni i pochi dati, quando disponibili, risultano poco affidabili e obsoleti. Questo fa sì che mentre a livello internazionale si mettono in atto strategie mirate a quelle che sono considerate le popolazioni “chiave” sulle quali intervenire tempestivamente, l’Italia ancora una volta rimanga indietro”.

“Paradossalmente – proseguono –  anche un dato banale come il numero dei test per la ricerca anticorpale dell’HIV effettuati annualmente nel nostro paese è mancante. Senza questo dato non si possono capire le oscillazioni di incidenza delle nuove diagnosi, mancando un denominatore certo di quante persone hanno fatto il test.In generale, la forte impressione che si ricava è che l’eventuale lavoro di approfondimento fatto sia destinato più a pubblicazioni scientifiche in un’ottica autoreferenziale che alla messa a disposizione di un quadro epidemiologico certo, condiviso e soprattutto utile alla programmazione sinergica di strategie e azioni da parte delle stesse istituzioni nazionali e regionali e delle associazioni della società civile”.

“non possiamo più tacere – mettono in chiaro le associazioni – sulla scarsa efficacia e impegno dello stesso Dipartimento di malattie infettive dell’Istituto nell’affrontare questo tema, che genera comunque un forte impatto sociale, sanitario ed anche economico. Inoltre riteniamo indispensabile che i dati siano resi disponibili a tutti gli operatori del settore, agli organi di informazione e alla popolazione nella loro integrità e con adeguata tempestività”.
Qui potete scaricare il testo integrale sulla lettera. Qui invece l’articolo di Repubblica con le dichiarazione del segretario nazionale si Arcigay, Michele Breveglieri.