Medus3. OsservAzioni sulla Lesbofobia presenta il primo report nazionale sui casi di lesbofobia in Italia

  

In occasione della Giornata internazionale contro la lesbofobia, l’omofobia, la bifobia e la transfobia, “Medus3. OsservAzioni sulla Lesbofobia” presenta i dati emersi dall’osservatorio sulla violenza che colpisce le lesbiche.

Sono stati 100 i casi di violenza lesbofobica in Italia negli ultimi dieci anni (2011-2021). Una media di 10 casi all’anno, un episodio di lesbofobia al mese. Un dato significativo che si riferisce solo a quanto riportato dai media. In realtà, c’è un sommerso che mostra un fenomeno molto più vasto, che emerge dall’analisi dei risultati del questionario anonimo con cui l’Osservatorio del progetto “Medus3. OsservAzioni sulla Lesbofobia” ha censito gli episodi di violenza lesbofobica subiti da donne cis e trans e da persone non-binary che si identificano come lesbiche, bisessuali o queer.  Al questionario hanno risposto 156 persone. Tre persone su quattro – il 77% delle persone che hanno risposto – ha dichiarato di aver subito in prima persona episodi di lesbofobia. Ma ben l’85% delle rispondenti conosce almeno un’altra persona vittima di lesbofobia; infine, 1 persona su 4 dichiara di aver subito più di dieci episodi di violenza.   La violenza lesbofobica è una costante quotidiana che non è diminuita negli ultimi anni.

I dati raccolti in questo primo report, infatti, mostrano ancora una volta come la lesbofobia sia un fenomeno radicato nella nostra società ma sottovalutato e silenziato dalle stesse istituzioni e dagli stessi media che non offrono narrazioni in grado di mostrare la reale matrice della violenza lesbofobica. La lesbofobia, come il femminicidio, è un fenomeno non casuale, rappresentativo di una cultura patriarcale, misogina, sessista e omolesbobitransafobica. Non solo: la differenza numerica tra i casi pubblicati dai media e quelli raccolti dal questionario anonimo indica la persistente reticenza delle vittime a denunciare i casi di aggressione lesbofobica subìti/assistiti. Una ritrosia causata dalla scarsa fiducia nel sistema giuridico italiano o dalla paura delle conseguenze che la denuncia comporterebbe a livello personale, sociale o lavorativo. Centrale in questo meccanismo che “costringe” le lesbiche a scegliere il silenzio è il rischio di victim blaming (violenza secondaria). Infine, l’Osservatorio che ha censito i casi di lesbofobia avvenuti fino al dicembre 2021, ha rilevato anche il verificarsi di altri episodi di matrice lesbofobica anche nel 2022, 9 solo nei primi mesi dell’anno.

La raccolta e l’analisi dei casi di lesbofobia ha mostrato con evidenza non solo le matrici di un fenomeno discriminatorio, strettamente connesso alla violenza di genere, ma anche la declinazione in molteplici forme di violenza che intervengono in tutte le sfere della vita e della socialità, con conseguenze e manifestazioni non sempre visibili, ma non per questo meno gravi. Nessuno spazio è immune dalla lesbofobia che si manifesta principalmente nelle strade e in famiglia, nei gruppi di amici e conoscenti, ma anche nei luoghi di lavoro, nelle scuole.  È importante sottolineare che questi casi costituiscono solo la punta dell’iceberg: la maggior parte delle violenze lesbofobiche non viene denunciata, non è resa pubblica e non arriva sui giornali.

Il report è frutto di due anni di lavoro comune e costruito insieme, analizza i dati raccolti attraverso il questionario (cap I) e l’osservatorio (cap II), riflette sull’impatto della lesbofobia (cap III) e propone azioni concrete per contrastarla (cap IV). Contiene, inoltre, una sintetica analisi giuridica della situazione in Italia, unico tra i paesi fondatori dell’Unione Europea a non avere adottato, a oggi, una normativa ad hoc atta a contrastare e a sanzionare l’odio omolesbobitransfobico, in deroga alla Direttiva UE del 2012, recepita dall’Italia nel 2015.

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Medusɜ è un progetto nato nel 2020 che coinvolge molte realtà dell’attivismo lesbico italiano, fra cui associazioni e singole soggettività. Il progetto ha come focus la lesbofobia, un fenomeno che coinvolge la maggior parte delle soggettività lesbiche, delle donne bisessuali e delle persone non binarie socializzate e percepite come donne, ma viene percepito come fenomeno minoritario dalla società, dai media e anche dal movimento LGBTQIA+ stesso. Il lesbicidio di Elisa Pomarelli, avvenuto nel 2019, il rifiuto di riconoscere la sua matrice lesbofobica, la concessione del rito abbreviato e la conseguente diminuzione di pena per il lesbicida, hanno agito come un potente motore di rabbia e azione per il movimento lesbico intersezionale e inclusivo. La rete Medusɜ punta a censire, attraverso una costante attività di monitoraggio e catalogazione, tutti i casi di violenza lesbofobica riportati da giornali e social media; nel corso del 2021, Medusɜ ha inoltre pubblicato un questionario a compilazione anonima, riguardante i vissuti di lesbofobia, sempre disponibile sul sito www.retemeduse.it, che resta sempre attivo e a disposizione di chi intende denunciare.

“Siamo Medusɜ: scegliamo il plurale perché siamo un progetto collettivo, scegliamo lo schwa per trovare il nostro spazio nel linguaggio. Usiamo il potere dello sguardo per vedere e far vedere le micro e macro violenze di cui siamo bersaglio e per smantellare il patriarcato che ci opprime”

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