Venticinque anni fa moriva Pier Vittorio Tondelli, Arcigay: “Nelle sue storie abbiamo iniziato a riconoscere i nostri amori”

  

16 dicembre 2016 – Il 16 dicembre di venticinque anni fa moriva  Pier Vittorio Tondelli, celebrato autore della nostra letteratura ma soprattutto protagonista di una rivoluzione culturale che ha prodotto, in maniera significativa a partire dagli anni Ottanta, la visibilità delle vite e degli amori delle persone omosessuali. Gabriele Piazzoni, segretario nazionale di Arcigay, sottolinea questo anniversario: “È importante, a venticinque anni di distanza dalla sua prematura scomparsa, riaprire il dibattito sull’importanza di Tondelli e delle sue opere. I racconti e i romanzi di Vichy, come lo chiamavano gli amici, hanno contribuito in maniera sostanziale a infrangere il velo che rendeva le persone lgbti, a quei tempi, invisibili rispetto alla cultura di massa. Non fu per Tondelli un’impresa facile: egli affrontò infatti già con Altri libertini, la sua prima raccolta, la censura del pensiero perbenista, che rigettava il racconto degli amori tra persone dello stesso sesso perché ritenuti “scandalosi”. Non fu questo l’unico ostacolo che Tondelli incontrò sulla sua strada, anzi quell’episodio rappresentava solo un sintomo  della difficoltà che quel tipo di narrativa incontrava nel fare breccia nella cultura dominante. Tondelli, tuttavia, non fece mai un passo indietro, anzi si impegnò in un lavoro importante di perlustrazione e valorizzazione dei giovani talenti, scardinando meccanismi e creando i presupposti culturali per le conquiste che dopo quegli anni arrivarono o per le quali ancora ci battiamo. Perciò, ricordare oggi la scomparsa di Tondelli è necessario quanto la celebrazione di tutte le nostre battaglie, perché tra la vita di Tondelli e la rivoluzione che da  decenni tentiamo di praticare esiste una relazione strettissima. Anche la morte di Tondelli ci racconta un pezzo importante della nostra storia: la sua scomparsa è parte di quel prezzo salatissimo che la comunità lgbti ha pagato all’Aids. Il pudore rispetto alla sua malattia e il silenzio spesso in cui scelse di avvolgerla fino all’ultimo istante sono il racconto eloquente di uno stigma di cui non ci siamo ancora del tutto liberati e che infierì in quegli anni su tante persone omosessuali. Trascorsi venticinque anni da quel lutto, è necessario ripensare anche a quella videnda con uno sguardo nuovo,  che rinunci ai giudizi e si faccio carico delle responsabilità che ancora oggi pesano sulla società, cioè su ciascuno e ciascuna di noi. Accanto alle storie straordinarie di questo grande scrittore ricordiamo perciò anche la vergogna e la solitudine dei suoi ultimi giorni, perché siano ancora oggi lo stimolo per costruire un mondo migliore”, conclude Piazzoni.