La piccola rivoluzione TV di “Mio figlio”

  

Mio Figlio! Bhe che dire, sicuramente che è un film fatto benissimo.
Per noi, non è facile identificarsi in un personaggio di un film, anche perchè in TV, ma anche al Cinema, sono pochi i personaggi che in un qualche modo ci "rappresentano". Questo film però ha saputo seguire un filo che va oltre ‘essere gay o etero, ha saputo dare rilievo non alla storia tra due ragazzi ma ai loro sentimenti, ai sentimenti delle persone che gli stanno vicino, ai sentimenti dei propri genitori. Seguendo il film in molte scene ho pianto, ho pianto per Stefano; ho pianto per Federico ma soprattutto ho pianto per me stesso. Vivere una doppia identità alla fine ti porta a non vivere appieno la tua unica e sola Vita…

Andrea


Giovanni Scifoni

Giovanni Scifoni

La fiction Mio Figlio mi è piaciuta molto. Anche se con i tempi televisivi, ha ben interpretato ‘outing di un gay che si rivela alla famiglia. Ha soprattutto dato u’immagine diversa da quella "sessuale" attribuita al gay, mostrando i sentimenti che invece ci animano. Certo ‘accettazione da parte del padre è stata molto semplicistica, i veri percorsi possono essere diversi e più lunghi, ma ha dato un idea. Complimenti a Stefano – Giovanni Scifoni, un bravo attore oltre che bello.

Antonio – Bari


8 milioni di spettatori! Così poco… era un film che doveva essere visto da tut’italia, ma che dico da tutto il mondo. Mio figlio è un film ricco di significati, ti fa fermare a riflettere e sognare… ‘ fatto davvero bene, è ricco momenti belli… complimeti agli attori che sono riusciti a immedesimarsi così bene nella parte… Il finale lo avrei fatto diverso, avrei preferito vedere i due ragazzi omessessuali andassero a vivere insieme.

Simone


Erano anni che non vedevo un telefilm, pardon una fiction in Tv, sono rimasto molto colpito dal’umanità dello sceneggiato Mio figlio.
Finalmente il mondo gay esce normale allo scoperto: senza piume, lustrini e payettes, dimostra di avere spina dorsale e dignità. Bravo Stefano. Splendida interpretazione. Bravissimo anche a Lando Buzzanca, che senza dismettere i consueti panni del seduttore italiano, si commisura, si compenetra e diviene complice di una realtà che prima gli sfuggiva, non per mancata sensibilità ma per repulsione "generazionale". Anche lui si accorge prima che il diavolo non è così nero come glielo dipinsero, poi con un ammiccante sguardo denso di orgoglio per il figlio gay premiato, conviene che diversità non fa rima con disonestà e malaffare…bensì tut’altro!

Giuseppe Schisano e Lando Buzzanca

Giuseppe Schisano e Lando Buzzanca

Speriamo che il convincimento di Lando e la bravura di Stefano rimuovano il preconcetto verso i gay definitivamente dalla nostra società o, quanto meno, vi contribuiscano.
Secondo chi scrive è così che si afferma la propria identità, non con scenate isteriche o inutili provocazioni.
Che dire della RAI? Brava anche Lei! Sembrava impossibile che in un Governo di centro-destra si potesse realizzare un filmato del genere: eppure è successo. Il centro-sinistra non seppe farlo… e bisogna prenderne atto.
Come disse qualcuno: "peccato perdere il tram della storia". Congratulazioni a tutti.

Diego


(…) Anzitutto sottolineiamo il coraggio di presentare una storia che ha come argomento principale ‘omosessualità. Una storia prodotta dalla televisione di Stato e trasmessa in prima serata. Qualche anno fa la RAI trasmise "Difetto di famiglia" che pure affrontava il tema del’omosessualità, ma ancora con estrema delicatezza. Questa volta abbiamo invece un film molto più incisivo, che ha lo scopo, apertamente dichiarato dai realizzatori, di fare del’agiografia gay, di fare cioè comprendere che anche i gay sono persone normali, magari migliori di tante altre, e che sono ingiustamente perseguitati e derisi. Ma lo sceneggiato va anche molto oltre affrontando il tema del’amore gay, della gelosia gay e della famiglia gay (esaltante il momento in cui il padre dà al figlio le chiavi della nuova casa dove già ‘è il suo fidanzato), tutto questo accade in TV lo stesso giorno in cui il Papa tuona contro le unioni che non siano tra un uomo e una donna. Non bastasse tutto ciò, assistiamo anche ad una denuncia chiarissima contro ‘omofobia ingiustificata di una istituzione come la polizia di Stato.

Al di là dei meriti specifici del’opera in sè, che forse non è qualitativamente eccelsa, anche se a noi è piaciuta moltissimo, basta e avanza quanto sopra per inserirla nella storia dei cambiamenti sociali e culturali del nostro paese. Un segno di questo sono già stati sia la risonanza che la stampa ha dato al’evento, sia la risposta molto positiva data dal pubblico con record di ascolti in entrambe le serate di programmazione. (…)

www.arcigaymilano.org


La fiction “Mio figlio” della Rai con Lando Buzzanca è stata un esempio di come si dovrebbe e si può trattare la questione gay in televisione e nel cinema.
A Buzzanca, agli attori al regista e alla Rai vanno i nostri complimenti per un’opera cinematografica di valore e nello stesso tempo utile per far capire che occorre lottare contro i pregiudizi che sono ancora molto radicati nella nostra società. La Rai, in questo senso, ha reso al pubblico un servizio eccellente, che avrà estrema importanza nel percorso sociale di accettazione della diversità.
In particolare, nelle famiglie è ancora oggi molto difficoltoso accettare una figlia o un figlio omosessuale perché è ancora forte il pregiudizio contro l’omosessualità e perché è radicata in molti genitori l’idea che l’omosessualità porti all’infelicità.
Non è così. Solo la non accettazione dell’omosessualità porta l’infelicità.

Proprio per questo, assieme alla lotta ai pregiudizi, ci stiamo battendo perché sia riconosciuta sul piano giuridico anche la coppia formata da persone dello stesso sesso.
Risulta di particolare rilievo e utilità una fiction come quella trasmessa dalla Rai perché, assieme alla bravura degli attori, ci ricorda l’importanza della accettazione della diversità in tutte le sue forme.

On. Franco Grillini, deputato DS, Presidente onorario Arcigay


Diversità e famiglia: vince la fiction difficile
Un tema delicato come l’omosessualità, affrontato da un’icona del machismo all’italiana come Lando Buzzanca, incassa su Raiuno vittoria d’ascolti.

Lando Buzzanca e Caterina Vertova

Lando Buzzanca e Caterina Vertova

«Mio figlio», la fiction andata in onda domenica (seconda puntata ieri sera) sulla rete ammiraglia con la regia di Luciano Odorisio, ha catalizzato l’attenzione di 7 milioni e 161 mila spettatori (26,85% di share), superando il film «Il sesto senso» con Bruce Willis su Canale 5 che si è dovuto accontentare di 4 milioni 251 mila spettatori. Un commissario di polizia, Federico Vivaldi (Buzzanca), pragmatico e intransigente uomo d’ordine, scopre che il proprio unico figlio Stefano (Giovanni Scifoni), anch’egli poliziotto, è omosessuale. Da qui per il protagonista si snoda, parallelamente all’indagine sul misterioso omicidio di una ragazza, un doloroso percorso psicologico e sentimentale di accettazione di una realtà difficile da accettare per un padre all’antica.

Ha vinto l’idea di affrontare il tema della cosiddetta «diversità», inquadrandolo in un contesto familiare. Ma si tratta anche di una vittoria personale per l’ex interprete del «Merlo maschio». Rai Fiction, che ha prodotto il progetto con la Sacha Film Company di Sergio Giussani, aveva infatti puntato sin dall’inizio sulla presenza di Buzzanca, proprio come incarnazione della quintessenza del maschio nostrano: la scommessa era stata quella di far deflagrare un argomento così spinoso, attraverso un attore così caratterizzato in ruoli completamente opposti. Sottolinea Pino Corrias, dirigente di Rai Fiction: «Questa fiction ha avuto una storia perigliosa, cominciata tre anni fa. Avevamo il timore di cadere nel cliché, nella volgarità e nella superficialità».

E infatti, nel giorno della vittoria, non mancano puntuali le polemiche. Se il massmediologo Klaus Davi si complimenta con la fiction «perché sul piano della comunicazione serve da sola molto più di certe episodiche battaglie dell’Arcigay, rappresentando in maniera "normale" le persone omosessuali», l’Associazione giovani omosex ribatte: «Troviamo curioso che le dichiarazioni entusiastiche di Davi su "Mio figlio" tirino in ballo le varie associazioni gay, che cercano di sfatare in tutti i modi quei cliché, che molte fiction, soprattutto italiane, si concedono».

Il rischio di possibili diatribe sull’argomento era già previsto prima ancora che il tv-movie venisse trasmesso. Aveva ammesso Odorisio: «Mi faceva un po’ paura, ma l’entusiasmo e la passione di Lando mi hanno dato coraggio per accettare l’impegno». E Scifoni: «Ero un po’ spaventato dal ruolo. Ho cercato di interpretare un figlio che ha una stima infinita nei confronti di un padre autoritario».

Cavalcando il successo il produttore Giussani pensa al seguito: «Vorremo valorizzare l’umanità del commissario, seguendolo in altri casi. Potrebbe essere un seriale di 4 o 6 puntate. Lo sfondo sarebbe chiaramente poliziesco, ma tenendo sempre presenti i temi sociali».

Emilia Costantini – Corriere della Sera 11.01.05


Buzzanca con figlio gay è proprio bravo
«Mio figlio» trasmesso da Raiuno: una egregia fiction sull’omosessualità con sette milioni di ascolti

Se non fate parte degli oltre sette milioni di italiani che domenica in prima serata hanno visto Mio figlio su Rai 1 e vi sentite in minoranza, ecco qui un breve riassunto della prima puntata (la seconda è andata in onda ieri sera) della fiction italiana che con circa il 27% di audience ha battuto il colosso americano Il sesto senso proposto da Mediaset. Il commissario Federico Vivaldi (interpretato da Lando Buzzanca) indaga sulla morte della giovane Patrizia, trovata uccisa tra gli scogli della riviera triestina vestita «da uomo» dopo una festa sulla spiaggia. Il commissario si avvale della collaborazione di agenti (tra cui Alessandra Celi figlia del compianto) e dello stesso figlio, Stefano (Giovanni Scifoni). Il padre è orgoglioso di un figlio bello, bravo, che fa il suo stesso lavoro ed è prossimo al matrimonio con Valentina.

Scifoni e Buzzanca

Scifoni e Buzzanca

Ma al’indagine sul’omicida si affianca presto un altro tipo di indagine, quella sulla vera identità del figlio: Federico scopre che in realtà le cose con Valentina non vanno bene e che da alcuni mesi il figlio non la frequenta più come prima. ‘indagine sul’assassino diventa secondaria rispetto alla presa di coscienza di non conoscere davvero il figlio, nonostante questi conviva con lui (il commissario è divorziato dalla moglie interpretata da Caterina Vertova). Le cose si complicano: nel corso delle investigazioni un testimone che era alla festa prima del’omicidio, un tabulato telefonico e un identikit svelano che suo figlio non solo è stato visto alla festa insieme alla vittima, ma che era accanto al principale indagato, Damien, un gay con il quale il figlio ha una relazione sentimentale. Il commissario mette il figlio al’angolo e gli chiede spiegazioni… Nella scena clou avviene quella che nel teatro greco antico si chiama «agnizione» ovvero il riconoscimento: Stefano gli confessa di essere gay. Gay, figlio e poliziotto! Questo evidentemente è troppo per il padre che in una scena alla moviola reagisce colpendolo duramente con uno schiaffo, in una sequenza che ricorda anche lo schiaffo del padre in Mery per sempre. Oltretutto un suo collega che indaga sulla stessa indagine è particolarmente omofobo, etichetta tutti i gay come «pervertiti».

Appare subito come il commmissario sia più preoccupato del’omosessualità del figlio che del suo coinvolgimento nel’assassinio. Una realtà triste e crudele che non è ancora del tutto scomparsa, ovvero pensare che è meglio avere un figlio assassino che gay! Per fortuna nella puntata successiva si scoprirà che il padre rivede le sue convinzioni e la collaborazione del figlio si dimostrerà utile nello svolgimento delle indagini.

Dopo Lino Banfi e Nino Manfredi Rai 1 ripropone una fiction sul’argomento «omosessualità», questa volta dal punto di vista di un padre. E per la seconda volta lo fa in maniera egregia. Lo sceneggiato affronta il tema delicato del gay in divisa, di fatto andando contro quel pregiudizio secondo il quale un gay non può svolgere lavori virili, che richiedono coraggio e forza fisica… Come se i gay in quanto tali possano fare solo professioni che richiedono esclusivamente creatività e fantasia.

In Olanda esiste addirittura u’associazione di poliziotti gay che tutti gli anni è presente ai Gay Pride con un triangolo rosa appuntato sulla divisa. In Italia se si dice «gay con la divisa» uno pensa subito ai Village People, quel gruppo musicale americano gay dichiarato che negli anni’70 cantava Macho Man ognuno con la sua divisa: pellerossa, minatore, cow-boy e (appunto) poliziotto. I gay sono una categoria trasversale sotto più punti di vista, anche professionale e non gli si può cucire addosso una qualunque divisa omologante…ma pensarli in divisa sì! Ricordo un vecchio spot del’Arcigay con un pompiere che salvava una donna dalle fiamme con sotto una scritta: «Cambierebbe qualcosa se tu sapessi che lui è gay?».

Ma la fiction Mio figlio ha anche altri meriti: Lando Buzzanca ci ha fatto dimenticare il playboy ruspante dei suoi film precedenti e si è rivelato un attore nel pieno della sua maturità artistica: credibile, emozionante, impeccabile. Anche il resto del cast è stato scelto e diretto bene, una prova che il cinema italiano è in crisi non per mancanza di idee, di autori, registi e attori ma per mancanza di fondi e di attenzione. Una nota particolare di merito alla bravura e alla profondità espressiva di Caterina Vertova che parlando sul figlio con il suo ex marito gli dice: «Devi smettere di volere tu per lui! Devi cercare di dare spazio a chi ti vuole bene. Devi lasciargli vivere la sua vita, non parlare solo tu, lascialo parlare…e soprattutto….ascoltalo!»

È un bel’invito quello ad ascoltare ‘altro, quello che si giudica diverso da te, ‘ascolto ha una grande virtù: quella di riavvicinare le presunte differenze.

Wladimir Luxuria


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