Gay di Sicilia, orgoglio e pregiudizio

  

Nostra inchiesta sul’omosessualità in Sicilia. Ne parlano il sindaco di Gela Rosario Crocetta («rivendico la mia normalità: quello che conta è la dignità del’amore. Non si guarda agli altri per sapere con chi vanno a letto ma per sapere che uomini sono»), ma anche attivisti e rappresentanti di associazioni gay. Dice Alfredo La Malfa, omosessuale iscritto a u’organizzazione cattolica: «’assenza di luoghi riservati, non ‘abbondanza, sarebbe una vera conquista: significherebbe fine del’emarginazione».

Il Sindaco di Gela, Rosario Crocetta, al Congresso nazionale Arcigay

Il Sindaco di Gela, Rosario Crocetta, al Congresso nazionale Arcigay

Omosessuale, peccatore, culattone, frocio, finocchio, gay, checca, cincillà, e chi più ne ha più ne metta. In lingua italiana non ‘è nessun altro termine che abbia tanti sinonimi e in continua evoluzione. ‘ un fiorire di nuovi vocaboli e tutti molto efficaci. Anche i dialetti locali si sono attrezzati per definire ‘omosessuale. In Sicilia, il gay è un «puppu». E spesso le parole uccidono. Simone de Beauvoir diceva che «ci sono parole più assassine di una camera a gas». Quanto però al doloroso travaglio che vive un individuo quando scopre ‘attrazione o ‘amore per persone dello stesso sesso, è silenzio. Assoluto. Non ci sono termini facili o adeguati. E se ci sono riguardano la scienza, non la vita.

Intorno agli omosessuali fioriscono soltanto giudizi, anzi pregiudizi. Basti pensare che fino a non molto tempo fa i gay erano considerati malati mentali. Ma qui in fondo non occorre essere esperti; occorre soltanto essere capaci di massacrare. Si parla di omosessualità? Bene. Allora tutti sono in grado di fornire buoni consigli e di dare indicazioni su come vivere. Ma anche prontissimi a stigmatizzare, a colpevolizzare e a giudicare. Al pari, la Cassazione è un circolo di ricreazione.

Difficilmente i vari esperti, i maitre à penser, i Nobel del «so io come si fa», i ministri degli affari privati, sono capaci di stare zitti. Anzi, chi con sdegno, chi con vistoso senso di fastidio, chi per esprimere la propria condanna e chi per i propri personalissimi interessi, blatera. E se ‘unica forma di libertà si conquista con la conoscenza vuol dire che non siamo liberi. Nonostante la società oggi sembri più disposta a confrontarsi con gli omosessuali, la storia del’omosessualità continua a identificarsi prevalentemente con la storia della sua persecuzione.

Anche in Sicilia la realtà non è diversa. Il movimento gay presenta caratteristiche tipiche simili a quelle delle altre regioni: nei piccoli paesi ’emarginazione rimane forte e costringe a emigrare per rifugiarsi nelle grandi città. Catania, però, che qualcuno (leggi, Gianpiero Mughini) ha già battezzato la capitale gay, fa eccezione. «In città, grazie a numerose associazioni e movimenti gay, gli omosessuali hanno la possibilità di trovare punti di aggregazione e di vivere con maggiore libertà – spiega Francesco Tosto, presidente di Open Mind -, ma non bisogna credere che sia stato facile né che la vita di un omosessuale che ha fatto outing sia facile. Catania, rispetto alle altre città siciliane, Palermo compresa, è al’avanguardia (negli anni’40 vi era una sala da ballo per omosessuali), ma la situazione non è affatto rosea come la descrivono. Altro che oasi di piacere. Se al lavoro scoprono che sei gay, o ti declassano, o cominciano situazioni di mobbing oppure, ed è la cosa peggiore, ti emarginano. Ti sembra una conquista?».

Sulla stessa lunghezza ‘onda anche Alfredo La Malfa, insegnante di 40 anni e presidente di Elpis, unico gruppo in Sicilia di omosessuali credenti, accolti nella chiesa «Crocifisso della buona morte», che aggiunge: «Il fatto che a Catania ci siano locali dove ci si possa incontrare non rappresenta una conquista. Anzi è proprio il contrario. ‘assenza di luoghi riservati sarebbe una vera conquista, perché significherebbe la fine del’emarginazione e, dunque, ‘integrazione».

Ma la strada è ancora lunga e in salita anche per il riconoscimento dei diritti. Come spiega Sara Crescimone di Open Mind: «Dal punto di vista legislativo siamo il paese più arretrato. Nel 2001 ci è stata riconosciuta la possibilità di donare il sangue, ma la normativa europea, che doveva tutelare le minoranze, anche sul lavoro, è stata recepita soltanto in parte, con ‘effetto di danneggiarci più che tutelarci».

Conquiste apparenti, vittorie di Pirro perché in realtà sono moltissimi gli ostacoli. Primo fra tutti la famiglia. «Quando ho fatto outing è stato un trauma per mio padre e mia madre – spiega Giovanni di Misterbianco – e la prima reazione è stata quella di mandarmi dallo psicologo. Accettarmi non è stato facile. La mia omosessualità è un argomento tabù. Voglio però sottolineare che omosessualità non è soltanto sofferenza, è una possibilità in più di crescere in maniera assoluta».

A vivere una situazione difficile è stato anche Mauro, 25 anni, siracusano. «Non ho fatto outing per paura della reazione della mia famiglia. Ho provato a parlarne con mio padre in un modo insolito: lasciavo tracce sul mio computer navigando in siti «a tema». Lui ha capito che sono bisex e mi ha chiesto di fare uno sforzo per reprimere il mio lato gay. Per mia madre sarebbe uno choc. Oggi ho trovato un mio equilibrio ma spero che accada qualcosa per trovare il coraggio di vuotare il sacco con tutti. Così non posso continuare».

Non meno doloroso il travaglio di Andrea, 21 di Lentini. «Abitare in un piccolo paese mi ha pesato moltissimo. Quando sono venuto a Catania mi sono alleggerito di un fardello insopportabile. Mi fidanzai anche con una ragazza che alla fine mi lasciò. Ho detto ai miei amici di essere gay, non alla mia famiglia. Non saprei da dove cominciare».

E di rapporti con le famiglie di omosessuali si occupa una associazione ad hoc, ‘Agedo, il cui presidente, Amalia Giardina spiega: «Quando la famiglia scopre che un figlio/a è omosessuale o lesbica, subisce uno choc. Si infrangono i sogni e cadono le aspettative tipiche della famiglia tradizionale. Il nostro ruolo è quello di far comprendere alle famiglie e alla società che ‘omosessuale non è un diverso, ma soltanto una persona che vive una sessualità diversa».

Omosessuali cattolici e laici impegnati sinergicamente per raggiungere un traguardo ambizioso: ‘accettazione del gay da parte della società.

«Io sono uscito allo scoperto quando ancora le intolleranze verso i gay erano molto più marcate di adesso», sottolinea Riccardo Di Salvo, insegnante e autore di libri, ‘ultimo ispirato a una storia vera in uscita in questi giorni. «Sono un profondo assertore della sacralità della famiglia. Io stesso ho rinunciato a una vita diversa per amore di mia figlia. Ma sono convinto che sia errato valutare la moralità di una persona sulla base delle scelte sessuali. Ognuno viva come gli pare, purché non danneggi ‘altro. Anche perché la realtà parla chiaro: ‘è molta gente insospettabile che fa la doppia vita. Non si può fare finta che tutto questo non esista, bisogna prenderne atto. Sono le aperture che creano il dialogo. E noi gay vogliamo dialogare con la società, perché non siamo né diversi né malati».

Dunque ‘amore è amore; non ha forme ed è uguale per tutti. San’Agostino diceva «ama e fai ciò che vuoi», e chissà quante forme di amore conosce la mente di Dio che noi uomini non possiamo neanche lontanamente immaginare.


Piacere, Crocetta

«Credo in Dio e sono un cattolico fervente e praticante. Il mio modello di vita è Cristo». Chi parla così non è un ciellino o un attivista del’Opus Dei, ma un gay. ‘ Rosario Crocetta, 50 anni, sindaco di Gela, che non ha mai celato né sbandierato la sua diversità.
«Perché non credo che sia questo ‘essenziale – afferma -. Rivendico piuttosto la mia normalità; quello che conta è la dignità del’ amore; non si guarda agli esseri umani per sapere con chi vanno a letto, ma per sapere che uomini sono».

Cattolico e gay. Diavolo e acqua santa. ‘ possibile fare coesistere entrambe le anime? La Bibbia dice di no e condanna senza repliche ‘omosessualità. Ma non Crocetta. «’omosessualità è una cosa pura – afferma -. Ne sono fermamente convinto. Io non frequento discoteche, perché ritengo che ci sia u’età per tutto. Non sono un bigotto, ma uno che ama la libertà nel senso più ampio e più bello della parola. Ma conosco anche il limite».

Orgoglio gay? Manifestazioni correlate? Pretese di «essere» famiglia e genitori? «Non parlatemi di orgoglio gay e di altre scemenze – sbotta Crocetta.

Non hanno senso. Bisogna essere orgogliosi della propria identità senza puntare allo svilimento di se stessi. ‘unico orgoglio che si deve coltivare è fare bene il proprio lavoro e rispettare il prossimo. Sono fermamente convinto che ogni bambino debba crescere con la mamma e con il papà. La famiglia è sacra, e questa sacralità si esprime attraverso le due figure di riferimento, maschile e femminile. Io ho fatto una scelta diversa, di proiettarmi nella vita sociale, ma è illogico che due persone dello stesso sesso chiedano di avere un bambino. Se fossi cresciuto con due uomini o con due donne non mi sarei potuto arricchire del’apporto e del’esperienza del maschile e del femminile».

Essere gay oggi in Sicilia. A Gela. Crocetta è orgoglioso di essere siciliano e gelese. E spiega: «La condizione degli omosessuali in Sicilia è migliore di quella di chi vive in altre regioni ‘Italia o nel nord Europa. Ovunque ci sia stato il riconoscimento dei gay, contrariamente a quello che si crede, non si è raggiunta ‘uguaglianza di trattamento, piuttosto ‘esclusione e ’emarginazione. Una società è libera e democratica, quando non ci sono forme di ghettizzazioni, e in Sicilia ‘è molta libertà perché abbiamo una tradizione di rispetto della persona e della dignità umana che affonda le radici nella notte dei tempi».

Rispetto, dignità, uguaglianza.

Crocetta batte il tasto su alcuni, essenziali concetti. Ammette: «’ da mia madre che ho imparato a essere povero ma onesto piuttosto che ricco e disonesto. La sua è stata una visione morale della vita che si è tradotta in rispetto prima di tutto per me stesso, e poi per gli altri. Mio padre invece mi ha insegnato a non abbassare mai lo sguardo, dunque a essere fiero di me stesso, perché – diceva – le prigioni sono sempre dentro di noi».

‘omosessuale vive però ancora in una prigione. Lo stesso Crocetta lo sa. E dà un consiglio agli omosessuali. Da uomo, da gay e da cattolico: «Non abbattersi al primo ostacolo e leggere la vita dei Santi che permette di conoscere situazioni e circostanze che tornano utili nella vita di tutti i giorni. E soprattutto non rinunciare a essere felici. Un dovere troppo a lungo considerato un diritto».


Catania. Sara: «Anche qui ‘è del bieco maschilismo»
«Noi lesbiche abbiamo perso la nostra identità. Si parla solo di omosessuali o gay»

Catania

Catania

Catania. «Prima di cominciare a parlare devi vedere la nostra sede, perché per mantenerla così ci autotassiamo e organizziamo cene sociali. Tre stanze che sono il nostro orgoglio. E poi ‘è lei, devi assolutamente conoscerla, è la nostra mascotte, una bellissima gatta vogliosa di coccole».
Si presenta così Sara Crescimone, magra, agile, capelli corti, lesbica, vulcanica e attivista di Open Mind. Sara, anche se non è di Catania, ama definirsi catanese di adozione. «Non ho mai avuto una patria elettiva ma ormai sono molti anni che vivo e lavoro a Catania».

Si siede e con impazienza riprende: «Sai qual è la cosa che mi fa veramente arrabbiare? Che noi lesbiche abbiamo quasi perso la nostra identità. Ormai si parla di omosessuali o gay, più difficile che si parli di lesbiche. La cultura maschilista che tende a sminuire la donna si fa sentire anche qui. Ma noi invece siamo sempre state attive e lo eravamo sin dagli anni’80. Con le nostre lotte siamo riuscite a ottenere qualcosa anche se siamo lontane dal traguardo che ci siamo prefisse».

E il traguardo di Sara è ottenere il riconoscimento dei diritti, o meglio la parità di trattamento. «In uno Stato laico, serio, democratico non ci possono essere cittadini di serie A o B, e ‘altra parte ‘articolo tre della Costituzione è chiaro a riguardo. Ma i nostri politici spesso sembrano dimenticarlo. Questa società non ci piace. Noi ne vogliamo una che non discrimini. Non parlo di matrimonio, figurati, ma chi sceglie di vivere in coppia deve avere delle garanzie. E questo è un aspetto sul quale non possiamo accettare compromessi».

Atto di accusa verso la società e verso la classe politica che non soltanto non accetta. ma non apre spiragli di dialogo. «Sai quanta di gente che ci critica vive una doppia vita? Sono falsi e ipocriti e a noi non piacciono. La verità è che il laicismo è gravemente compromesso e la libertà è soltanto apparente».

Il ‘accuse di Sara non risparmia neanche la Chiesa cattolica: «Non è un problema, è il problema. Insormontabile. ‘ostracismo della Chiesa cattolica nei confronti di gay e lesbiche è vecchio quanto la Bibbia stessa. I nostri problemi si possono risolvere soltanto se ne facciamo una questione politica».

E ha le idee chiare circa il come e il cosa fare per cambiare questa realtà, per molti versi troppo amara. «Vorrei – dice – che ci offrissero possibilità concrete e pari opportunità, nella vita, nel lavoro, nella società civile. Soltanto così potremo vivere. ‘ chiedere troppo?".


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