Due donne gay e un bambino

  

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Due donne gay e un figlio: lo abbiamo concepito al’estero

CARAVAGGIO (Bergamo) — « Con una sola seduta di inseminazione artificiale in una clinica di Bruxelles, Terry, la mia compagna, è rimasta subito incinta. Oggi Michele ha 15 mesi » . Michele è il figlio di Tina, 36 anni, assistente sociale, e Terry, 42, esperta di massaggi e medicina olistica.

Insieme vivono a Caravaggio, in provincia di Bergamo. « Una famiglia normale: ci alziamo alle 6, ci prendiamo cura di Michele, lavoriamo a turno perché con lui ci sia sempre qualcuno. Mai u’occhiata storta: la gente qui ci vuole bene».

A PAGINA 20

Tina e Terry: da Bergamo al Belgio per ‘inseminazione artificiale. « Volevamo quel figlio prima dei 40 anni, ha funzionato alla prima seduta » IL PAESE Abbiamo una vita normale: il lavoro, il tempo con Michele Mai u’occhiata storta: la gente qui ci vuole bene. Gli anziani trattano Micky come un nipote LA LEGGE È inaccettabile, sostiene che ‘unica famiglia che ha diritti è quella tradizionale Ma non siamo una famiglia, noi? Chi tutelerà il nostro bambino?

L'articolo del Corriere sulle due madri lesbiche

L’articolo del Corriere sulle due madri lesbiche

CARAVAGGIO (Bergamo) — ‘ bastata una volta, assicura Tina, una volta sola.

« Una seduta di inseminazione artificiale in una clinica di Bruxelles e Terry, la mia compagna, è rimasta subito incinta.

Non è stato difficile. Tanto sperma così — e avvicina due dita per far vedere quanto ne è servito — congelato, iniettato in utero. La più elementare delle pratiche. Ed è nato Michele » .

Michele adesso ha 15 mesi e dorme di là, sul letto delle mamme, circondato da cuscini.

Quando imparerà a parlare, le chiamerà mamma, tutte e due.

Tina, 36 anni, la più giovane della coppia, assistente sociale. E Terry, 42, esperta di massaggi e medicina olistica. ‘ stata lei, Terry, a volerlo con tutto il cuore. Quando ancora era ragazzina aveva fatto una specie di voto, raccontano ora le due mamme: « Voglio un figlio prima dei 40 anni». Si è sbagliata di poco: Michele è nato che ne aveva appena compiuti 41. Ed è nato nonostante Terry avesse, diciamo così, una certa difficoltà con gli uomini. Terry è lesbica e innamorata. Di suo figlio, della sua compagna Tina, della vita che fa. « Una vita semplice, normale: ci alziamo alle 6, ci prendiamo cura di Michele, lavoriamo a turno perché con lui ci sia sempre qualcuno. Mai u’occhiata storta: la gente qui ci vuole bene. Gli anziani che abitano nel palazzo, o quelli che incontro dal panettiere, si considerano un p’ i nonni di Michele. Andiamo al Gay Pride, ma non siamo di quelle con i pennacchi in testa. Viviamo serenamente, ecco. E vorremmo che nostro figlio potesse fare lo stesso » .

Il paese dove vivono è piccolo. E cattolicissimo. A Caravaggio non ‘è famiglia che non abbia fra i parenti almeno un prete, e se non un prete, un missionario. Anche Terry e Tina sono credenti. « Abbiamo una nostra, forte, spiritualità», dicono. In soggiorno la foto di Michele appena nato, con incisa sopra la data « 2 febbraio 2004», è circondata da due immagini di madre Teresa di Calcutta.

«Il giorno del parto, Terry è stata molto male. ‘ stato un parto difficile, racconta Tina. Io non sapevo più a chi votarmi. Mi è venuta in mente lei, madre Teresa, e mi sono messa a pregare » . ‘ così che il piccolo, prima ancora di nascere, aveva già il suo santo protettore.

Ma la Chiesa approverebbe? No, non approva. «Comprendiamo chi non è ‘accordo e chiediamo rispetto, prima che comprensione — riprende a raccontare Tina — . Decidere di avere un figlio, del resto, non è stato semplice neppure per noi. Terry era granitica ma io no, ce ‘è voluto per convincermi. Così abbiamo preso una decisione: nessun accanimento, nessuna stimolazione ormonale, ci proviamo tre volte, tre tentativi di inseminazione artificiale, e se il bambino non arriva vuol dire che non è destino. Due amiche, che hanno avuto un bimbo pure loro, ci hanno messo in contatto con la clinica di Bruxelles. Abbiamo avuto un incontro con uno psicologo e poi con una dottoressa, u’italiana emigrata in Belgio perché ‘aria che si respira da noi, su questi temi, le sta stretta. Una seduta e, nove mesi dopo, Michele è arrivato » .

In Italia non sarebbe stato possibile. Né prima, con la vecchia legge ( ma su questo Tina non è ‘accordo: « Conosco ragazze omosessuali che prima delle legge lo hanno fatto, perché hanno trovato un medico abbastanza aperto di idee. Ma questo non lo scriva » ) , né tantomeno oggi, con una legge sulla fecondazione assistita che vieta ‘eterologa, cioè vieta che per la procreazione possano essere utilizzati gameti ( ovuli o, come in questo caso, spermatozoi) estranei alla coppia, togliendo di fatto ogni possibilità alle coppie omosessuali. Da qui la corsa alle cliniche del Belgio o della Danimarca, del’Olanda o della Spagna. Il costo? « Noi abbiamo pagato 1.100 euro, una cifra alla portata di tutti.

So di altre persone, anche eterosessuali, che lo hanno fatto in Italia e hanno speso di più » .

Se Tina definisce « miope » la nuova legge non è solo perché impone ‘espatrio ( « un biglietto ‘aereo per Bruxelles con la Ryanair costa meno del pendo lino » ) , ma perché « è culturalmente inaccettabile, sostiene che la sola famiglia che ha diritto ad esistere è quella tradizionale. Ma io chiedo: e noi? Non siamo una famiglia? Il nostro bambino non ha diritto ad essere tutelato? » . Non si lascia smontare da chi risponde che anche un figlio ha dei diritti: quello ad un padre, per esempio. « Ci sono decine di studi che dimostrano che i figli di coppie omosessuali sono bambini " normali", senza problemi in più, né in meno. Studi fatti nel nord Europa, che da noi, però, non arrivano. Questa legge non aiuta nostro figlio » .

Loro, le due mamme, si stanno provando, sfruttando i varchi lasciati aperti da un sistema legislativo imbarazzato e impreparato. « Sulla carta ‘identità di Michele, nello spazio riservato al coniuge, Terry ha fatto mettere il mio nome — dice Tina — , con ‘aggiunta: madre adottiva non riconosciuta.

E così sulla tessera sanitaria, dove io compaio come co mamma. A tutte le visite a cui Terry ha dovuto sottoporsi in gravidanza ho partecipato anc’io.

Lei diceva: " Posso fare entrare la mia compagna?". E nessun medico si è mai opposto. Durante il travaglio, aveva me accanto: " Lei è mio marito", rispondeva a chi provava a buttarmi fuori. Insomma, qualcosa si può fare, ma è così poco rispetto a quello che vorremmo » .

Cosa vorreste? « Io vorrei — dice Tina — essere riconosciuta come mamma non biologica di Michele. Non voglio diritti: voglio che le legge mi dica che ho dei doveri nei confronti di questo bambino » . Ci stanno provando anche con u’associazione, Famiglie Arcobaleno, ( www. famigliearcobaleno. org), dove si discute di maternità e paternità, di diritti e di doveri.

« Fino a poche settimane fa, Michele era il più piccolo del’associazione. Ora u’altra coppia di lesbiche ha avuto una bimba.

Lentamente, ma cresciamo. Senza andarlo ad urlare in giro, senza imporlo a nessuno».


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