La rivoluzione delle identità

  

da "IL MANIFESTO"

TORINO
Ha vinto la Spagna della commedia a umorismo leggero e inventivo e hanno vinto (nei documentari) quelle storie che raccontano ostinazione e fatica per affermare nel contemporaneo il diritto a una diversità che riguarda comunque il senso collettivo del vivere. Ma soprattutto nell’edizione 2002 del Festival internazionale di tematiche omosessuali, che si è chiuso a Torino, ha vinto un immaginario gay e lesbico aperto e dichiaratamente politico, giocato sull’ambiguità delle identità sessuali più che sulle certezze e su percorsi di memoria e di coscienza che esprimono un’idea di libertà. Che poi è la linea di ricerca su cui si muove la rassegna diretta da Giovanni Minerba e che la rende un appuntamento prezioso (lo prova la folla che ha riempito le sale con punte record per la serata finale) per il cinema «a tematica omosessuale» ma anche per quei «film che ti cambiano la vita», come ci dice il sottotitolo, che sono cioè atti d’amore per il cinema e insieme sguardi preziosi di resistenza. Premio Ottavio Mai per la 17a edizione (concorso lungometraggi) è A mia madre piacciono le donne (con una menzione a L.I.E. di Michael Cuesta, giurati: Chastity Bono, Shari Frilot, Maria Pia Fusco, Laura Muscardin, Monika Treut) firmato da Inés Paris e Daniela Fejerman con una troupe di sole donne, che è anche una bella risposta alla mancanza del cinema lesbico talvolta contestata al festival. E che conferma la vitalità delle nuove generazioni spagnole, un po’ una scoperta torinese (nel 2000 ha vinto Sobrevivirè di Alfonso Albacete e David Menkes) che hanno saputo metabolizzare senza eccessi di timidezza le provocazioni di Pedro Almodovar. Inés Paris e Daniela Ferman lavorano insieme da sette anni, alle spalle teatro da attrici, diversi corti tutti premiatissimi, lavori per la tv, fino all’esordio con questo film – stanno già preparando il prossimo, Dos veranos – in cui mescolano con allegria rapporti familiari, confusione sessuale, nevrosi amorose e gelosie infantile. Il tutto con una scrittura precisa e al tempo stesso assai libera (firmano anche la sceneggiatura) altra caratteristica di questo cinema che punta alla commedia. Elvira ( Lenor Wantling) e le sorelle Jimena (Marìa Pujalte) e Sol (Silvia Abascal) scoprono che il nuovo amore della madre Sofia (Rosa Sarda) è una donna. Alla felicità iniziale – presunta – segue il panico, specie poi Elvira che sulla propria identità sessuale ha le idee confuse mentre ha incontrato quello che potrebbe essere l’uomo della sua vita…Nei documentari, il primo premio lo hanno avuto ex-aequo (giurati: Fabio Bo, Imma Battaglia, Nichi Vendola) It Kinda scares me di Tomer Heymann (anche premio del pubblico) e Rainmakers Zimbabwe di Robbie Hart, entrambi costruiti su storie personalissime che diventano però cuore pulsante di una lotta collettiva. Nel rapporto del regista Tomer coi ragazzi «difficili» di Azur, suburbio di Tel Aviv e nel quotidiano di esasperazione che vive Tina Machida per affermare i diritti dei gay e delle lesbiche nel suo paese, lo Zimbabwe, c’è il senso profondo di una battaglia che è ancora aperta. E può diventare continua invenzione. E’ quanto ci dice anche The Cockettes di Bill Weber e David Weissman, menzione speciale insieme a Hope along the Wind: the life of Harry Hay di Eric Slade, documenti di memoria e ribellione che passa, appunto, nel vissuto. Nell’esperienza glitter e trasngender, di pura anarchia sessuale come dicono oggi loro delle Cockettes, e in Harry Hay, figura centrale nel movimento per i diritti dei gay in America, entrambi pure da un punto di vista diverso lezioni libertarie e di tolleranza per tutti. Harry Hay oggi ha quasi novant’anni eppure nel flusso dei ricordi, cui si alternano splendidi materiali di archivio, ha la stessa energia combattiva che lo portò nel 48 a fondare la Mattachine Society, divenuta subito un riferimento per tutti gli omosessuali che si sentivano, come ricorda qualcuno, «non più soli». Hay però non si fermerà mai. Marxista, perseguitato dal maccartismo, nelle sue lotte prova a intrecciare spinte diverse che però puntano sempre a una giustizia sociale e alla libertà. Sperimentando ogni volta nuove forme e nuovi riferimenti culturali, fino ai Berdache, il «terzo sesso» dei Nativi d’America, radicalismi e linguaggi politici che riescono a comunicare il presente e le sue urgenze. Una lezione sempre attuale.


  •