30.000 in corteo nella Capitale

  

Tulle, seta, organza rossa e nera per richiamare i colori dell´inferno e in testa le corna a posto della parrucca. E´ quel diavolo di Vladimir Luxuria ad aprire il corteo del Gay Pride 2002. Quel diavolo è sul camion che porta lo striscione del circolo gay «Mario Mieli». E, come per esorcizzare una manifestazione così trasgressiva il parroco di Santa Maria degli angeli e dei martiri dà fiato all´organo trionfale che propone in continuazione musica sacra. Così in piazza Esedra per qualche decina di metri, proprio davanti alla chiesa, s´incontrano e si confondono le note allusive delle Free Chic che invitano a «coucher insieme» e i toni modulati del gregoriano per incoraggiare al Te Deum. Non c´è la polemica né la contrapposizione registrata due anni fa in occasione del Giubileo ma restano alte le barricate tra la Chiesa cattolica di Roma e le sigle delle organizzazioni gay.
I camion si muovono. Si muove il corteo. Sono cinquemila. Non tantissimi: gli organizzatori ne aspettavano di più. Vanno verso via Cavour, per raggiungere i Fori imperiali, piazza Venezia e, infine, la Bocca della Verità, dove si scateneranno durante il concerto di Alexia, Paola e Chiara e Velvet.
Luxuria balla intorno ad altri diavoli. Mostra le gambe. Il «satana» che accanto a lei cambia musica ha una maglietta con sul petto scritto: «Se non è amore me ne andrò all´inferno». Sotto a seguire, lo striscione del circolo delle lesbiche. In prima fila c´è Titti De Simone, capogruppo di Rifondazione comunista in commissione cultura della Camera ed ex presidente dell´Arci lesbiche che non risparmia polemiche: «La manifestazione di oggi è la dimostrazione di un movimento più che mai vivo in questo Paese in un momento grave per la scena politica. Mi riferisco a leggi come la Bossi-Fini o a quella sulla fecondazione assistita». Poco più accanto si notano Sabrina e Amanda, transessuali vestiti da sposa con tanto di velo. Sabrina lavora alla «Mela fatata» sulla Cassia e fa spettacoli hard. Lo stesso fa Amanda. «Questo abito è il simbolo del matrimonio e la nostra speranza e che presto questa unione sia accettata anche tra omosessuali». Scorrono bandiere arcobaleno e anche quelle rosse della Cgil, Rifondazione, Ds… tra piume, tacchi a spillo di travestiti e omossessuali, lesbiche, bisessuali, transessuali, lì, per mano assieme in questo corte pacifico, che sfila ina città deserta. E´ arrivato anche Pecoraro Scanio: «Vorrei sapere se il centro e la destra in Italia guardano a Stoccolma e Amsterdam, oppure a Teheran», afferma il presidente dei Verdi che ha sospeso il consiglio federale del partito per essere presente alla manifestazione. «In Olanda il governo di centrodestra non emargina e non discrimina nessuno; lo stesso si fa a Stoccolma. Tutto ciò a differenza del' Italia, dove 'è un Parlamento bigotto per quanto riguarda i temi della libertà». Franco Grillini (Ds), Presidente Onorario dell´Arcigay, fa una battuta spiritosa: «Se il Gay Pride non ti piace fai la fine di Storace». Il presidente del Circolo di cultura omosessuale «Mario Mieli» Massimo Mazzotta, che ha organizzato il Gay Pride ringrazia il Comune di Roma, «per il patrocinio e l´aiuto dato alla manifestazione». Mazzotta dice la sua: «Il provvedimento più urgente da adottare è una legge antidiscriminazione, contro le forme di violenza nei confronti dell´omosessualità». Secondo Imma Battaglia, protagonista del Gay Pride mondiale a Roma due anni fa, «queste feste sono molto belle e molto importanti, ma devono anche essere un momento essenziale per le rivendicazioni del movimento omosessuale». Sfila anche il faccione di Che Guevara, quello diventato un´icona della sinistra con la barba, il sigaro, il basco appoggiato sulla fronte e la stella rossa ben in evidenza, ma, – sorpresa! – ha gli occhi truccati: le ciglia lunghe. Un travestito. Il gruppo degli universitari «Queering Sapienza» lo scelgono come loro simbolo trasgressivo. A costo di compromettere un mito. Quel rivoluzionario di Cuba è stato per decenni il simbolo gagliardo della rivoluzione politica ma anche del machismo senza compromessi. «Farlo diventare bisex?», sbotta una signora a braccetto con il marito. Anche chi non ha fatto il `68 non può fare a meno di sgranare gli occhi. «Ma almeno Che…Lui no! Lui no!», continua a ripeterlo indignata la signora, che proprio in quel momento, a piazza Venezia viene distratta da Luxuria che urla: «La vedete quella finestra… da lì si affacciava Mussolini (fischi)… la cosa che mi auguro e che prossimamente si affacci uno di noi e stenda una parrucca…(applausi)». La signora scuote la testa, gira le spalle al corteo commentando: «Ci vorrebbe solo questa».


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