Arezzo: aggressione del branco a un omosessuale

  

AREZZO — Testimone di un pestaggio. Spettatore di un agguato: quello di un «branco di dieci ragazzini, quasi tutti minorenni, contro un giovane che sarà pure un ex tossicodipendente e anche omosessuale, ma non è certo un pedofilo», dice. Racconta, racconta tutto 'aretino che ha assistito al'aggressione: ricostruisce la «sequenza 'orrore e di violenza che mi è passata sotto gli occhi in piazza Andromeda». Parole che corrono rapide e che saranno ripetute oggi pomeriggio di fronte a un maresciallo dei carabinieri: «Voglio solo spiegare quello che ho visto».

Il suo film parte da lontano: da una relazione fra lui, S., la vittima, trentacinque anni e un passato di emarginazione alle spalle, e un minorenne della zona di Pescaiola. «Sono stati insieme per un paio 'anni — racconta il testimone — Si erano lasciati la scorsa estate, ma S. non lo aveva dimenticato. Da un paio di mesi tornava nel quartiere con 'auto che poi era anche la sua casa». Si era accampato al lato del bar e lì viveva con 'unico compagno di oggi: un bastardino di pochi mesi. E nella sua «proprietà», un angolo della piazza, voleva parcheggiare anche la notte del'aggressione. «Saranno state le dieci di sera — spiega — S. arriva con la macchina e trova il posto dove di solito trascorre la notte occupato da un tir». Un grido squarcia il silenzio del'abitato, precisa il testimone: «Incendierò il camion se non se ne va immediatamente", urla. Ma era soltanto una provocazione». Uno del branco, però, si avvicina a lui. «Parlottano per un p' — precisa 'interlocutore — Ma devono volare termini pesanti perché S. reagisce e fa cadere a terra il ragazzino». Un segnale. «Il branco si agguanta contro di lui: con bottiglie di birra e sedie lo massacrano di botte. Gli strappano dal polso persino 'orologio che finisce in testa a una passante». Provvidenziale 'intervento di un residente-coraggio che, riferisce il testimone, «lo libera dalla presa e lo accompagna al'auto, quella di S.». Fugge il trentacinquenne e dopo pochi minuti giunge una voltante della polizia. «Nessuno, però, si fa avanti — racconta la nostra voce — E in molti cercano di minimizzare la vicenda perché sono stati minacciati dal branco».

Secondo tempo. Gli agenti se ne vanno e S. riappare alla guida del'auto. «Si ferma ed esce a mani alzate, quasi fosse una pellicola western. "Non ho fatto niente", dice. Ma il gruppo lancia una nuova carica». Che il gay riesce a evitare rifugiandosi in auto che, sostiene il testimone, «viene ridotta a un colabrodo: vetri spaccati, portiere ammaccate, tergicristalli fatti a pezzi». Ed ecco che scatta 'inseguimento: «In due mettono in moto una Fiat e lo braccano». 'epilogo va in scena in una strada laterale, al'oscuro da sguardi indiscreti: gonfiano di calci e pugni S. e lo lasciano sul'asfalto in un lago di sangue. Per la gang 'appuntamento è ancora in piazza Andromeda. «Lo abbiamo ammazzato, sbraitano i due che lo hanno punito», riferisce il testimone. Uno sfogo che fa comparire la dissolvenza a nero su una storia da Bronx.


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