Il diritto ai luoghi gay all’aperto

  

Spett.le Arcigay,
sono un vostro iscritto, e (anche) per questo sento di dovervi scrivere.

Diciamocelo: anche fra noi gay ‘è una sorta di denigrazione per coloro i quali, come me, scelgono di frequentare posti al’aperto in alternativa ai locali. Molti gay considerano ciò u’abitudine squallida, e quelli che la praticano lo fanno spesso evitando che si sappia. Forse è anche per questo che quello che sta accadendo da qualche anno a questa parte, pur essendo sotto gli occhi dei gay di tut’Italia, non viene denunciato come sarebbe opportuno: eppure un diritto fondamentale quale quello della libera circolazione sembra essere pesantemente compromesso. Infatti tutti i luoghi di aggregazione gay al’aperto sono ormai da diverso tempo "sorvegliati speciali", con pattugliamenti continui e identificazioni di massa, sovente con suggerimenti dagli agenti di turno del tipo «la prossima volta magari vada in un locale, invece di stare in un parcheggio»(è stato detto a me). Poi illuminazione a giorno ovunque (magari ci sono intere zone della città – io scrivo da Roma – che sono da anni al buio o quasi…) e poi ancora cancelli e inferriate ai parchi e così via.

In tutto ciò voi, ORGANIZZAZIONE GAY, continuate "buonisticamente" a propugnare per una "collaborazione sempre più stretta con le Questure, le Forze di Polizia, i Ministeri interessati": dovremo diventare amici di costoro che ci si oppongono con u’ignoranza da fare i brividi?

Io dico: niente collaborazione e mobilitazioni contro le retate, le intimidazioni, i "suggerimenti" alla ghettizzazione nei locali, le vere e proprie persecuzioni. Questa Polizia e questi Carabinieri ci vengono a scovare nei posti più nascosti, dove pure un atto sessuale consumato al’aperto difficilmente potrebbe essere classificato "in luogo pubblico" (penso agli angoli più sperduti di Roma dove nottetempo nessuno potrebbe veder nulla ma dove invece solerti arrivano i fari delle "gazzelle").

In tutto questo accanirsi il vostro silenzio diventa, inesorabilmente, loro complice.

Spero che vogliate pubblicare la mia lettera, in questo modo vi renderete conto di quanti la pensano proprio come me, anche se questa mia posizione per chi ha chiare tendenze filo-governative, non può che essere terribilmente una spina nel fianco…

Saluti,
Luigi


Caro Luigi,

non sono fra quelli che danno un giudizio negativo su chi preferisce il cruising al’aperto piuttosto che i luoghi ‘incontro chiusi nè Arcigay ha mai espresso posizioni di questo tipo ( se non rispetto alla pericolosità delle diverse situazioni). ‘ vero che, favorendo il nascere e il consolidarsi di una comunità gay e, al suo interno, di una serie di locali (discoteche, bar , saune) Arcigay ha contribuito ad offrire una valida alternativa a quei tanti per cui ‘incontro fra le frasche non era sufficiente a soddisfare il desiderio di socialità. Per il resto, siamo sempre stati attenti a intervenire quando il cruising gay era oggetto di vessazioni da parte delle forze del’ordine. Ricordo, per citarne uno fra i tanti, il nostro intervento in occasione della recinzione di Monte Caprino. Non siamo teneri con le forze del’ordine quando non ci sentiamo tutelati (solo poche settimane fa abbiamo chiesto le dimissioni del questore di Bologna), ma questo non significa che ‘obiettivo di una collaborazione stretta con le forze del’ordine diventi meno importante. ‘ vero il contrario: è proprio di fronte a situazioni come quelle di cui tu parli o alle retate avvenute a Milano nei mesi scorsi che va posta con maggiore forza la richiesta che, come accade in diversi paesi europei, anche in Italia si possa finalmente arrivare ad una formazione delle forze del’ordine su come relazionarsi nel modo più corretto con la comunità omosessuale e transessuale, conoscendone e rispettandone le abitudini e gli stili di vita. Il capo della polizia De Gennaro si è detto interessato ad avviare anche qui u’inizativa di questo genere. Noi faremo del nostro meglio perchè non rimanga solo una promessa.

Sergio Lo Giudice
Presidente nazionale Arcigay


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