Elezioni: gay e lesbiche sfidano i pregiudizi

  

MILANO — Sono gay, sono candidati alle elezioni e sono tutti di sinistra. Un piccolo, ma agguerrito drappello di persone apertamente omosessuali si prepara ad affrontare le elezioni amministrative del 25 maggio (con eventuali ballottaggi l’8 giugno) e non ha paura di perdere voti per la decisione di rendere pubblico il proprio orientamento sessuale. Anzi, tutti sono convinti del carattere profondamente “politico” della propria scelta.

Elezioni Amministrative 2003

Elezioni Amministrative 2003

Alcuni si presentano a Roma, protetti dall’atmosfera liberale e aperta di tutte le metropoli, ma tanti sfidano le convinzioni e le convenzioni della provincia; si va dal profondo Nord, con Enrico Pizza (Arcigay Nuovi Passi n.d.r.), candidato a Udine in Friuli, e Andrea Benedino (Arcigay Ottavio Mai), che cerca la riconferma al consiglio comunale a Ivrea, fino alla Sicilia di Roberta Palermo (Arcigay Dikaios), Massimo Milani e Agata Ruscica, in corsa rispettivamente a Messina, Palermo e a Siracusa.
Completano la lista Stefano Bolognini e Nicola Broli, candidati al consiglio comunale di Brescia, Riccardo Gottardi (Presidente Arcigay Pride!) a Pisa, per finire con Edoardo Del Vecchio e Mauro Cioffari, a Roma.

Tutti di sinistra, con la maggior parte delle candidature targata Ds, tre di Rifondazione comunista, uno per i socialisti dello Sdi e una è appoggiata da una lista civica. Nessuno, invece, per il centro destra, almeno nessuno “dichiarato”, ma neppure fra i partiti moderati che compongono l’Ulivo.

Enrico Oliari, di Alleanza nazionale, oltre che fondatore e “anima” di GayLib, l’associazione omosessuale di centro destra da una parte ammette: "’ molto difficile essere gay a destra”, ma di fronte alle candidature gay fiorite in seno alla sinistra, mostra un certo scetticismo: “Non credo che sia un miglioramento della società, anche se ha un significato dal punto di vista politico e della visibilità”, che in quello dei diritti civili. E ai fini pratici? “Non vuol dire più di tanto”, perché al sindaco o al consigliere comunale “non chiedo di essere gay”, ma di “saper amministrare le città far funzionare i servizi”.

”La sinistra al governo non ha fatto molto per i gay — confessa Riccardo Gottardi, 26 anni, una lunga militanza nelle associazioni, anche internazionali, per i diritti di gay e lesbiche — ma quelli di adesso stanno facendo ben di peggio”. A sinistra, almeno, c’è “lo spazio per essere dichiarati”: non così “dall’altra parte”. In questa esperienza elettorale, l’omosessualità non dovrebbe danneggiarlo, anche perché “a Pisa essere gay non è un gran problema” e poi la sua è stata “una scelta di coerenza”, quella di far politica anche a favore degli omosessuali, mettendo “la propria faccia”. Ma, se sarà eletto, starà attento ai diritti di tutte le minoranze, di chi sta ai margini. Quanto si deve aspettare, comunque, perché anche in Italia un politico gay diventi sindaco in una grande città? “Bisogna aspettare il coming out di qualcuno”.

È già stato consigliere, e giovanissimo presidente del consiglio comunale, Andrea Benedino, che nel 1997, appena ventenne, entrò nell’assemblea di Ivrea. Allora, però, non era ancora “uscito dall’armadio” e fu rieletto un anno dopo, con il maggior numero di preferenze all’interno della lista dei Ds, partito in cui milita sin da ragazzo e per cui è diventato portavoce nazionale del Comitato omosessuale.

Nuova candidatura e nuova elezione nel 2000, poco prima che, in occasione del World Gay Pride di Roma, rivelasse di essere gay; questa tornata elettorale “sarà un test — confessa — per vedere che cosa accade in una realtà di provincia, una città importante, ma di 24 mila abitanti, come Ivrea”. Ma la visibilità “aiuta tutte le realtà piccole ad aprirsi a una dimensione europea”. Da consigliere “non dichiarato”, Benedino fece approvare il registro per le coppie di fatto, il primo in una città piemontese, ma poi decise che “non poteva più nascondersi”, per avere “più credibilità” e permettere alla città di confrontarsi con una realtà che fino ad allora passava inosservata.
Quanto al dibattito destra-sinistra, anche nella Casa delle liberta “ci sono gay dichiarati, ma non sono mai candidati, sintomo che non vengono considerati una risorsa”. Nel centro-sinistra, invece, ci sono “le condizioni” per affrontare il tema delle unioni civili e sta per nascere un coordinamento dei gay dell’Ulivo, per mettere insieme i militanti dei vari partiti e pesare di più nella coalizione.

Doppia candidatura, al consiglio comunale e a quello regionale, per Enrico Pizza, che già nel 1998, da esponente dell’Arcigay, partecipò alle elezioni “con un buon risultato”, ma non fu eletto per le regole del maggioritario: il centro sinistra perse e la sua lista ottenne solo tre seggi in consiglio. Non vuole essere considerato un “candidato omosessuale”, ma una persona “impegnata nel volontariato”, che a cuore temi come la libertà e i diritti e vuole portare nella politica “lo stile e l’energia del volontariato”.
E “l’etichetta gay”? È semplicemente il mio modo di essere”, anche se la sessualità “resta un affare privato”; uscire allo scoperto, però “dà un’immagine di autenticità”. La scelta di dichiararsi “ha a che fare con quello che va bene e quello che non va bene”: per questo a destra non ci sono candidati gay dichiarati, anche se “stupisce non vedere gay in Forza Italia”. Con la Lega, invece, sarebbe una contraddizione. E la sinistra? Con il maggioritario “siamo nel centro-sinistra e tanti punti non sono in comune”. Forse servirebbe “un accordo trasversale con la destra che si proclama liberal. Ma sta ai gay di destra venir fuori”.


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