Sposati in Olanda single in Europa

  

Prendiamo un caso concreto. Al municipio di Rotterdam, in Olanda, ’11 giugno Pierangelo Bucci si è sposato con Jaco Rozendaal. Non sono mancate le lacrime dei parenti, i testimoni, le fedi e la torta nuziale. Eppure ‘unione di Pierangelo e Jaco – cittadino italiano il primo, cittadino olandese il secondo e entrambi cittadini europei – valida a tutti gli effetti come un comune matrimonio per lo stato olandese, non è riconosciuta dal’Italia e da latri stati membri del’Unione.

Alla faccia della patria comune e della mobilità dei cittadini. Eppure qualche mese fa il Parlamento europeo ha approvato, in prima istanza, una Risoluzione sulla libera circolazione dei cittadini fra i quindici Paesi membri del’Ue. Un passo avanti in direzione del riconoscimento legislativo dei cambiamenti intervenuti, in questi ultimi decenni, in seno al’istituto tradizionale della famiglia. Un progetto di legge accolto come una vittoria politica e morale dai sostenitori dei diritti delle pari opportunità tra coppie sposate eterosessuali e coppie di fatto, comprese quelle omosessuali. Ma che ora rischia di diventare una vittoria dimezzata in quanto il documento votato – si tratta di un progetto di normativa Ue che diventerà vincolante alla fine del’iter legislativo – è ritornato al’esame della Commissione esecutiva che ritiene non recepibili alcune delle modifiche apportate dai parlamentari al testo originario.

I promotori della parità dei diritti, tra gli altri gli europarlamentari socialisti Gianni Vattimo, Michael Cashman, Joke Swiebel, ambivano ad ampliare la nozione di "familiare" e soprattutto quella di coniuge e convivente per impedire le discriminazioni fondate sul sesso. La Commissione, invece, ha compiuto un salto indietro, affermando che la richiesta dei parlamentari di armonizzare a livello europeo le condizioni di soggiorno non può comportare ‘obbligo, da parte di alcuni Stati membri, di apportare modifiche legislative al proprio diritto di famiglia, questione che non è di competenza del’Unione. Lo stralcio operato è significativo: viene eliminata la proposta del Parlamento di equiparare la situazione delle coppie di fatto a quella delle coppie sposate, secondo il principio che il diritto alla vita familiare non dovrebbe essere ostacolato né dal diverso orientamento sessuale né dalla scelta del’individuo di non contrarre il matrimonio. "Una revisione – afferma Cashman – su cui il Parlamento dovrà intervenire con nuovi e sostanziali cambiamenti esercitando una pressione morale ed autorevole contro le discriminazioni". Altrimenti il rischio è di intravvedere dietro le motivazioni della Commissione ‘impotenza del’Europa ad elaborare una politica di riconoscimento delle minoranze comune a tutte le realtà nazionali. E ‘incapacità anche di rispondere alle lamentele di chi ha diritti riconosciuti in uno Stato membro e li vede calpestati in un altro paese membro ospitante. Non ci sono dubbi sul fatto che questo ragionamento contro la parificazione dei diritti sia confezionato semplicemente per non toccare/offendere alcune sensibilità nazionali.

Infatti mentre nella maggioranza dei paesi europei esistono leggi di tutela che riconoscono i diritti umani delle coppie di fatto anche dello stesso sesso, in altri paesi, come ad esempio ‘Italia, manca del tutto ‘interesse politico a costruire un quadro legislativo che ne contempli il pari riconoscimento. U’aspirazione politica che deve fare i conti anche con le resistenze della Corte europea dei diritti del’uomo, che ritiene non discriminatorie le differenze che gli Stati creano tra categorie di persone con un diverso orientamento sessuale. Una prudenza legislativa che azzera quel valore in più che ‘Europa ha sempre dichiarato di avere rispetto ai singoli Stati membri, ancorati alle culture e alle politiche nazionali. Tuttavia nel momento in cui viene meno ‘equiparazione delle coppie di fatto, anche omosessuali, a quelle sposate, è ‘insieme della società che perde sul piano del rispetto dei diritti. Perché sostiene Vattimo "come sempre, ma in questo momento politico in modo speciale, la difesa dei diritti dei gay e delle lesbiche nella società italiana ed europea coincide con la difesa di tutte le minoranze ed in genere con la riaffermazione della laicità dello stato e delle istituzioni".

Così mentre i riflettori si attardano con sacarsmo ad illuminare le giornate del’orgoglio omosessuale che mai soddisfatto chiede sempre più, passano sotto silenzio le sostanziali discriminazioni tra le coppie sposate e quelle di fatto, come avviene soprattutto in materia fiscale, assistenziale ed ereditaria. "Non si deve dimenticare inoltre " – continua Vattimo – "che i diritti che i gay rivendicano hanno a che fare anzitutto con la libertà di praticare le proprie scelte sessuali, contro tabù e pregiudizi radicati, in vista di una vita più piacevole e felice". Si tratta quindi di evitare che questioni importanti come le unioni di fatto e il diritto di famiglia siano risolte o non risolte attraverso un misto di ipocrisia e discriminazione, che si ammanta del richiamo a diritti e leggi di natura che solo la Chiesa e i partiti della destra riconoscono e che sono in contrasto con le libertà civili. ‘ paradossale che la Chiesa accusi i gay di fare lobbing presso le Istituzioni europee per il riconoscimento legale delle coppie omosessuali quando in effetti – sottoliena Cashman – "sono le Chiese e le associazioni religiose in genere a negare i diritti umani basilari e le libertà civili. Infatti, le Chiese e specialmente il Vaticano hanno abusato del loro potere di persuasione nel corso degli anni e in modo più vergognoso, agendo come una vera lobby, hanno in qualche modo fatto forti pressioni sulla Commissione dei diritti umani delle Nazioni Unite per contrastare la mozione del Governo brasiliano sulla non discriminazione sulla base del’orientamento sessuale. ‘è stata – ricorda ancora Cashman – una Santa Alleanza tra il Vaticano e gli Stati islamici per battere la mozione presentata dal Brasile e riconfermare il diritto alla discriminazione". Attualmente sono nove (Olanda, Germania, Francia, Svezia, Finlandia, Norvegia, Islanda, Danimarca, Lussemburgo e alcune regioni della Spagna) gli stati europei che riconoscono le relazioni gay, anche se con forme diverse che vanno dal matrimonio ai cosiddetti Pacs francesi.

E man mano che aumentano gay e lesbiche che pronunciano il fatidico sì (il 10 per cento dei matrimoni celebrati in Olanda lo scorso anno) sono molti i casi di coppie omosessuali che vedono rifiutarsi il permesso di ricongiugimento familiare per assenza di vincolo matrimoniale. E questo, fra i paesi una stessa Unione, è sempre più inaccettabile.


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