C´erano una volta i pregiudizi “Ora Michele è uno di noi”

  

Bari, pestato il leader dei gay da poche ore era senza scorta

Lasciato solo dopo le minacce. Interviene il Viminale. L´irruzione mentre si trovava da solo nella sede dell´Arcigay Polemica sulla tutela soppressa La Questura: non ce n´era più bisogno. Da Roma il ministero ordina subito di ripristinarla

Il logo del BariPride2003

Il logo del BariPride2003

BARI – È stato picchiato. Nella sede dell´Arcigay. Il primo giorno in cui non aveva più la scorta. Il giorno in cui tutta l´Italia discute sull´unione delle coppie gay e sulla dura presa di posizione del Vaticano. Botte a Michele Bellomo, membro della segreteria dell´Arcigay nazionale e portavoce del Baripride 2003. Un pugno in faccia e la testa sbattuta contro la scrivania. Un´azione fulminea, improvvisa, sconcertante. Qualcuno è entrato nella sede dell´associazione, in via Zara a Bari, verso le 14 di ieri. Bellomo era da solo. Lo hanno colpito in faccia e poi gettato contro il computer. Lui ha perso i sensi. È caduto a terra. E gli aggressori, due o forse tre, sono scappati. Nessuno nel quartiere si è accorto di niente, a quell´ora la stradina di periferia era deserta. Solo quando Bellomo è riuscito a chiamare aiuto ed è arrivata l´ambulanza è scatto l´allarme. Enrico Fusco, vice presidente dell´Arcigay, è stato il primo ad arrivare in via Zara «Ho visto Michele steso per terra, in preda al panico e alle convulsioni. Aveva la maglietta strappata e un rigagnolo di sangue sulla tempia. Ho avuto solo il tempo di vedere che era vivo, poi lui ha cominciato a piangere e siamo corsi in ospedale».
La notizia dell´aggressione è subito rimbalzata al Viminale. Michele Bellomo, infatti, dal primo gennaio di quest´anno viveva sotto scorta, da quando sotto casa sua erano comparse minacce contro gli omosessuali con la croce celtica e da quando un gruppo di facinorosi lo aveva insultato mentre rilasciava un´intervista nella sede di una radio locale. Una scorta a tempo, però, che è scaduta 14 ore prima del pestaggio. «Le misure di sicurezza personali erano giunte a scadenza naturale – spiegano in Questura – anche perché cessato il Baripride non vi erano motivi di proroga». Ma proprio la questura di Bari parla di «strane coincidenze». Chi sapeva, oltre agli addetti ai lavori, che Michele Bellomo dal primo agosto non aveva più la scorta? In questi mesi è stato pedinato e nessuno se n´è accorto?

Sergio Pizzi, responsabile per Bari di Forza Nuova si dichiara estraneo all´aggressione: «Le nostre manifestazioni sono sempre state pacifiche». Ma per Franco Grillini, presidente onorario dell´Arcigay nazionale, «Forza Nuova come il cardinale Ratzinger e il Vaticano sono responsabili di questo pestaggio». «Ci sono responsabilità oggettive e responsabilità morali – accusa Grillini – . Questa campagna nazionale contro i gay non fa che alimentare gli odi e dare implicite giustificazioni a squadre di giustizieri. In 25 anni di storia dell´Arcigay non era mai successo che qualcuno in pieno giorno entrasse in una nostra sede e picchiasse il presidente. Il caso di Michele Bellomo è un segno preoccupante dell´intolleranza che si respira in questi giorni verso il mondo omosessuale». Secondo Nichi Vendola, capogruppo di Rifondazione comunista in Commissione antimafia: «L´aggressione a Michele Bellomo, è un episodio di straordinaria gravità che conferma la permanenza di un pericolo di violenza neofascista nel capoluogo pugliese». Anche il presidente dei Ds alla Camera, Luciano Violante, denuncia che «l´aggressione a Bellomo dimostra le condizioni di insicurezza in cui è stata irresponsabilmente lasciata una persona già bersaglio di intimidazioni e di violenze».

E mentre a Roma scoppia la polemica sulla scorta negata e subito ripristinata (almeno fino al 30 settembre), a Bari Michele Bellomo è stato ricoverato al Policlinico, in Neurochirurgia. Sta bene, ma viste le ferite alla testa e all´addome i medici preferiscono tenerlo 24 ore in osservazione per escludere il sospetto di un trauma cranico.


C´erano una volta i pregiudizi "Ora Michele è uno di noi…"

A Madonnella: "I nostri bambini vanno a fare i compiti all´Arcigay"
Il circolo si è aperto al territorio: spesso è frequentato dalle mamme e dai loro figli. "Non c´era motivo di aggredirli in questo modo: loro sono buoni con tutti"

Sulla parete c´è un manifesto. Davide De Niccolò, segretario della sezione dei democratici di sinistra, dice che tutto è iniziato quel giorno. Il sei aprile del 2002, i giovani dell´Arcigay cercavano una casa e la trovarono nel quartiere, diviso tra il mare e il cemento. Adesso, sulla porta della vecchia sede di partito, c´è gente. Sono trascorsi più di due anni, e, da qui, è passata un´ambulanza. Disteso su una barella c´era Michele. Così lo chiama Maria, come un amico d´infanzia. Perché Michele, a Madonella, è soprattutto questo, un ragazzo che conosceva gli anziani, i bambini e le donne del paese. Ora, nel quartiere, dicono che i giovani del movimento omosessuale c´erano sempre, venivano qui ogni giorno, lavoravano al computer, organizzavano l´attività dell´associazione. Gianni, sette anni, all´inizio, li vedeva al di là dei vetri. Camminava sul marciapiede e li osservava, prima con diffidenza, poi con curiosità.

A Madonella, la storia, in fondo, è andata così. Maria ricorda i primi giorni, quando i giovani omosessuali aprirono le porte della sede di partito. Non li volevano poi tanto, ma quelli, spiegano adesso, erano solo pregiudizi. I bambini sfrecciavano in bici e, racconta la giovane madre, «sa com´è, qualche insulto scappava sempre». Loro, invece, sono rimasti. Perché, dice Giacoma, «era giusto così». Michele, adesso, è andato via. «Solo, per due giorni, è in ospedale, ma ritornerà» promette Maria che parla al figlio. Lui, Gianni, ha capito. Che qualcosa è accaduto, perché «c´era l´ambulanza e quindi l´ospedale». «Michele è un mio amico» racconta. E poi giù a snocciolare i nomi di Enzo, Donato, gli altri bambini che ogni pomeriggio giocavano «in sezione» con il presidente dell´Arcigay, a raccontare «dei tantissimi palloncini colorati» o degli altri regali, soprattutto giocattoli, che «lui mi faceva».

E, poi, c´erano i compiti, il dopo scuola. Rosa, ad esempio, dieci anni, quando doveva fare «una tesina in quinta elementare» andava da lui e dagli altri. L´associazione che nel quartiere si occupava ufficialmente del doposcuola aveva cessato la sua attività per mancanza di soldi, e così, da due anni, c´erano loro, quelli del partito e del movimento, «così bravi al computer e poi sempre disponibili». Laura che ha nove anni fa avanti e indietro dalla sezione del partito. Abita ad una manciata di metri e per questo, nella sede dell´Arcigay, andava e veniva, quasi ogni pomeriggio. «Del resto per i bambini qui non ci sono tante alternative» spiega Maria. Lei ha seguito i preparativi della sfilata nel giorno dell´orgoglio omosessuale. In piazza, racconta, «io c´ero e con me hanno manifestato anche altre madri del quartiere».

Come Giacoma, ad esempio. «Sono stati – racconta – sempre ragazzi perbene, disponibili e educati». Quindi, «non c´era alcun motivo per aggredirli in questo modo». Anna è seduta sul marciapiede della porta di ingresso di un palazzo popolare. Guarda la gente che va e viene dalla sezione dei «comunisti». E pensa ad alta voce che «chi ha malmenato Michele Bellomo forse conosceva bene le sue abitudini».

Non è difficile crederlo, qui, a due passi dalla sede dei democratici di sinistra. Simpatizzanti, uomini e donne di partito, credono che non può essere stata una coincidenza. Perché, ufficialmente, sino alla mezzanotte di giovedì il presidente dell´Arcigay era scortato dalla polizia. Sono trascorse soltanto alcune ore. «Qualcuno lo ha seguito, lo ha pedinato, sicuramente chi lo ha picchiato, conosceva bene i ultimi suoi movimenti» raccontano fuori e dentro la sede del movimento. Davide De Niccolò parla al telefono. Ci sono anche altri esponenti dei democratici di sinistra e della Cgil. Preparano un volantino, non escludono un sit in di protesta, annunciano una conferenza stampa con Franco Grillini, parlamentare del partito della Quercia e fondatore e in passato presidente dell´Arcigay. Finisce, così, la giornata. Pensando che è «un´aggressione con mandanti e fini precisi» e che «tanto, poi, domani si ricomincia». A difendere i diritti degli omosessuali e a condannare con forza, come sempre, «ogni forma di violenza».


"Mi hanno preso la testa e me l´hanno sbattuta più volte sul computer"

Il racconto di Michele Bellomo in ospedale. Non lascerò la città, la violenza non può fermare le grandi lotte

BARI – «Andate via. Ora non mi servite a niente, via…» seduto su una sedia e rotelle, con una borsa del ghiaccio sulla faccia tumefatta, Michele Bellomo caccia il capo della Digos, dal pronto soccorso di oculistica. È arrabbiato, scosso, impaurito e non vuole vedere la polizia. «Mi avete abbandonato e vedete cosa è successo». Gli amici fanno quadrato intorno a lui e cercano di tranquillizzarlo. L´ambulanza che lo deve portare in neurochirurgia ritarda.
Bellomo, si ricorda cosa è successo?

«Mi ricordo che ero nella sede dell´Arcigay, aspettavo un amico. Potevano essere le due, ma non ho guardato l´orologio ero preso dal lavoro. Stavamo organizzando una manifestazione contro il documento firmato dal cardinale Ratzinger. All´improvviso ho sentito dei rumori, ho alzato lo sguardo e ho visto un´ombra. Mi hanno picchiato in faccia. Una mano mi ha preso dalla nuca e mi ha sbattuto contro la tastiera del computer, più volte».

Ha visto gli aggressori?

«Penso che fossero in due, perché ho sentito due voci diverse. Ma non ho avuto il tempo di guardarli in faccia. Mi hanno sbattuto per terra e sono scappati via. Forse ho perso i sensi. Non vedevo niente e mi girava forte la testa. Dopo qualche minuto ho afferrato il cellulare e ho premuto il tasto chiama. Ho fatto l´ultimo numero in memoria e ho telefonato a un mio amico».

Dopo sette mesi, da oggi non aveva più la scorta. Pensa che qualcuno lo sapesse?

«Io so solo che fino a pochi giorni fa mi sono arrivate minacce, lettere in cui mi dicevano che brucerò all´inferno, telefonate in piena notte».

Qualcuno ha mai cercato di aggredirla?

«La settimana scorsa ero in pizzeria con degli amici e un gruppetto di ragazzi mi ha riconosciuto e ha cominciato a prendermi in giro e a creare confusione, tant´è che il poliziotto della scorta mi ha preso di forza e mi ha portato via dal locale, perché la situazione rischiava di degenerare. E questo è solo l´ultimo episodio».

Le è stata recapitata anche una testa di agnello a casa?

«Si anche quello, ma non ne ho mai voluto parlare, perché più se ne parla più si incitano queste persone ad alzare il tiro».

Quando dice queste persone, parla di Forza Nuova?

«Parlo di una spirale di minacce, non accuso nessuno».

Aveva chiesto la proroga del servizio di scorta?

«Sì, visto che le minacce continuavano anche una volta spenti i riflettori del Bari Pride, non ero tranquillo. È chiaro che vivere con due poliziotti sempre accanto, qualsiasi cosa fai, in qualsiasi posto vai, non è piacevole. Ma non è piacevole neanche vivere con l´angoscia di essere seguito, insultato, picchiato. I parlamentari Ds Franco Grillini e Alba Sasso avevano scritto al ministro Pisanu per chiedere la proroga della scorta, ma io non ho avuto risposte».

E ora…

«Ora sono confuso. Vorrei solo poter tornare alla mia vita normale e dimenticare tutto. Certo non lascerò Bari, non è con la violenza che si fermano le grandi lotte». (cri.z.)


"Aggressione fascista e selvaggia"

Le reazioni di condanna dei parlamentari della sinistra e anche della destra, con qualche sfumatura. Solidarietà a Bellomo. Bucciero, An: "Ne hanno fatto un eroe"

«PIENA SOLIDARIETÀ» A MICHELE BELLOMO – il presidente dell´Arcigay picchiato a sangue, appena quattordici ore dopo che gli era stato revocato il servizio di scorta – dagli esponenti dei partiti di centrodestra e centrosinistra. Non senza qualche maliziosa puntualizzazione. Come quella del senatore di An, Ettore Bucciero: «Non vorrei che fosse stato la vittima di una scenata di gelosia… La verità è che gli aggressori, chiunque siano, hanno fatto di Bellomo un "eroe": non ne avevamo proprio bisogno. Ecco perché quanto è successo, è stata una vergogna e, insieme, un´imbecillità». Salvatore Tatarella, coordinatore d´Alleanza nazionale, invece taglia corto: «E´ stato un vile atto di violenza, da condannare con decisione».

Sull´altra sponda della barricata politica, sorpresa e rabbia. Michele Bordo, segretario regionale dei Ds, parla di «un grave gesto d´intolleranza nei confronti della diversità e in contro tendenza rispetto alla piena ospitalità che Bari ha saputo offrire, qualche mese fa, alla manifestazione del Gay pride. E´ mia intenzione – aggiunge Bordo – incontrare al più presto il prefetto. Ho piena fiducia nelle forze dell´ordine, e auspico che fatti del genere non si ripetano in futuro». Tre parlamentari pugliesi dei Ds – Pietro Folena, Alba Sasso e Peppino Caldarola – vanno per le spicce: «Sono dei selvaggi, null´altro che dei fascisti selvaggi».

Mercoledì scorso gli stessi Caldarola e Sasso insieme con Grillini, avevano consegnato una lettera al ministro dell´Interno proprio per «chiedere il prolungamento della concessione della scorta al presidente dell´Arcigay». Una richiesta, fanno sapere, «motivata da alcuni episodi d´intimidazione che si erano consumati nei giorni precedenti ai danni dell´esponente del movimento omosessuale e che lasciavano presagire la possibilità di ulteriori minacce o di atti di violenza». In città – aggiunge Ludovico Abbaticchio, rappresentante Ds al Comune – «ormai si respira un´aria d´intolleranza nei confronti delle minoranze».

La segreteria provinciale dei Comunisti italiani, punta l´indice contro «ben individuate organizzazioni fasciste, fin troppo tollerate». Pierpaolo Corallo, per i Giovani comunisti, sostiene di volere sapere dal questore «come mai da ieri, proprio da ieri, Michele Bellomo era senza protezione della Polizia». Corallo chiede che la magistratura «apra un´indagine per verificare eventuali responsabilità da parte delle forze dell´ordine».

Ad esprimere «stupore per la decisione di privare Bellomo della scorta» è la senatrice dell´Udeur, Marida Dentamaro: «C´era la necessità di non abbassare la guardia». «La diversità – sottolinea l´assessore comunale ai Diritti civili e sociali, Filippo Melchiorre – non può e non deve essere motivo di scontro, ma semmai di dialogo e confronto».


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