La sconvolgente elezione di Gene Robinson a vescovo

  

Il reverendo Gene Robinson, gay dichiarato che ha una storia d’amore da oltre 13 anni, è stato eletto vescovo del New Hampshire, dal sinodo episcopale americano, che però si è spaccato (62 voti a favore contro 45) ed è sull’orlo di uno scisma che potrebbe attraversare l’anglicanesimo mondiale.

L’elezione del primo vescovo dichiaratamente gay nella chiesa protestante più attigua a quella cattolica (il dialogo ecumenico di riavvicinamento ha subito uno stop dopo la decisione di consacrare presbiteri donne), è di per se un fatto sconvolgente, che avrà conseguenze enormi.

Si tratta di un tornado che non investirà solamente la Chiesa anglicana, ma interrogherà anche le altre confessioni cristiane, compresa quella cattolica.
Di vescovi e presbiteri gay le chiese sono zeppe, molti di loro sono pure conosciuti o perlomeno chiacchierati. In molte diocesi è abbastanza normale incontrare consacrati che vivono insieme ai propri compagni (naturalmente accampando scuse più o meno plausibili), tanto che il Vaticano più volte si è occupato di loro ammonendoli a rispettare il voto di castità; ma Roma è molto lontana persino nei paesi europei confinanti al bel paese, perché le conferenze episcopali ci tengono a risolvere i problemi di questo tipo per conto proprio, il più delle volte volgendo lo sguardo da un’altra parte.

Ma Gene Robinson è come un macigno che è sparato in uno stagno alla velocità della luce. Apparentemente nell’immediato non accadrà nulla, se non dilanianti sinodi anglicani che cercheranno di ricomporre una rete ormai diventata fragilissima. La Chiesa episcopale è, infatti, composta da sinodi statali assai diversi fra loro, che riconoscono all’arcivescovo di Canterbury un primato spirituale, ma non un’autorità come quella esercitata dal papa per la Chiesa cattolica. Una chiesa “democratica”, dove conservatori e progressisti si confrontano pubblicamente senza esclusione di colpi e dove le organizzazioni più giovani (Africa, America Latina) sono anche tra le più potenti, per numero di fedeli e capacità finanziarie.
Insomma, anche se Gene Robinson rinunciasse alla consacrazione episcopale ormai il passo è stato fatto. Nulla rimarrà come prima e, come più volte è accaduto, la Chiesa anglicana si trova nella scomoda posizione di far da apripista di un dibattito che travolgerà tutta la cristianità.

Sia chiaro, in moltissime confessioni protestanti l’omosessualità dei propri pastori è considerata legittima, ma i pastori non sono avvolti dalla sacralità propria dei vescovi delle Chiese cattoliche, anglicane e ortodosse, in altre parole le confessioni portanti del cristianesimo mondiale.
Anche all’interno di queste esistono differenze enormi: i vescovi anglicani possono sposarsi (anzi è la norma), nell’ortodossia tutti i presbiteri possono sposarsi, ma solo quelli che rinunciano al matrimonio possono diventare metropoliti (vescovi), nella chiesa cattolica tutto il clero deve attenersi alla castità e quindi, non è ammesso il matrimonio e il concubinaggio, unica eccezione sono le chiese di rito orientale che si sono riunite a Roma (uniati) che conservano i riti e le prerogative di quando erano ortodosse, quindi anche il matrimonio dei preti.

L’elezione di un vescovo dichiaratamente gay, apre una fase drammatica nella storia della Chiesa universale. A parte la possibile (se non probabile) reazione da parte dei tanti vescovi, che in tutti questi anni si sono dovuti nascondere, che potrebbe innescare un effetto domino, dal punto di vista teologico la figura episcopale potrebbe uscirne sconvolta.
Il vescovo è il pastore delle anime, il capo di una determinata comunità di fedeli, è la testimonianza vivente della missione apostolica, ovvero il rappresentante in terra se non di Cristo (per i cattolici il Papa), sicuramente del suo insegnamento.
Ammettere la consacrazione di un gay militante alla funzione episcopale, significa riconoscere la pienezza di quest’orientamento sessuale all’interno del progetto generale di Dio.

A una tale conclusione teologica concreta non vi era fino ad oggi cenno da nessuna parte. Tanti esegeti, teologici, storici della chiesa, avevano rotto gli argini rispetto alla naturalità dell’orientamento omosessuale, sulla liceità delle unioni (persino matrimoniali) tra persone dello stesso sesso, sull’accoglienza delle persone gay all’interno della comunità dei fedeli, mai nessuno però aveva prefigurato l’ipotesi che un vescovo “pienamente” omosessuale potesse guidare le coscienze e le strutture della chiesa.
Non c’è dato di sapere come si concluderà la vicenda personale di Gene Robinson, è facile però prevedere che la Chiesa cattolica atterrita, reagirà in modo violento, allo stesso modo con cui i settori conservatori della Chiesa anglicana tenteranno il tutto per tutto per cancellare quest’infamia.
Ma il dado è tratto. Quando in una confessione cristiana, un sinodo riconosciuto da tutti competente a deliberare su questioni teologiche e di prassi ecclesiale, non ci si può limitare a sconfessarne le decisioni, bisogna confutare, entrare nel merito della disputa, quindi, riconoscere che il tema esiste davvero.

Qui sta il vero nocciolo della questione: l’omosessualità entra per la prima volta dentro una Chiesa non in linea teorica, ma sconvolgendo la sua struttura gerarchica.
Lo Spirito Santo segue vie misteriose, per questo anche il sigillato e pesante portone di San Pietro comincia a sentirsi meno sicuro, nonostante le roboanti reprimende di Ratzinger.


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