Cari insegnanti omosex, dichiaratevi

  

Kevin Kline in “In&Out”

"Provo disagio quando incrocio lo sguardo di un genitore, di un alunno, di un docente e vedo in quello sguardo una domanda: "Perché questo preside amabile e preparato dovrebbe essere immorale?"». Si può essere educatori e «immorali» nello stesso tempo? È questo il tema che gli insegnanti gay affrontano alla riapertura delle scuole dopo la pubblicazione estiva del documento firmato dal Cardinale Ratzinger che condanna le unioni omosessuali. Vanni Piccolo è preside della scuola media statale sperimentale Mazzini a Roma, nei pressi del Colosseo. Dall’89 è l’unico dirigente scolastico gay dichiarato in Italia. «Da Ratzinger – dice – siamo stati additati come nocivi. Ma noi siamo insegnanti, individui portatori di cultura. Come possiamo difenderci? Io invito i docenti alla visibilità, dico: siate voi stessi. Gli alunni sanno bene che siete omosessuali. Favorite sempre tra gli allievi il confronto aperto, lo spirito critico, il libero arbitrio. Educateli alla complessità della persona umana, e dunque a cogliere di voi ‘interezza e non solo il tratto della diversità. I ragazzi non meritano gli infingimenti che producono in loro solo confusione. Parlate: è un attimo, come ingoiare una pillola amara, poi il confronto diventa vivo. Ed è meglio per tutti».

Il rischio che il documento della gerarchie ecclesiastiche aggiunga omofobia a omofobia è palese ed è denunciato dai docenti della rete Aletheia, la rete di prof «gay e non» che combatte il pregiudizio sul’omosessualità a scuola. Quando nel’94 il Parlamento Europeo con una risoluzione invitò gli stati a riconoscere le unioni gay, e il Pontefice si dichiarò contrario, Vanni Piccolo, allora preside di una scuola alla periferia di Roma, affrontò in classe la questione. «Una terza media formata da ragazzi e da ragazze mi propose di discutere ‘argomento. Alla fine fu u’occasione per crescere tutti». Non mancano gli episodi recenti. In questi giorni gli attestati di stima al preside sono stati forniti anche da alcune madri. Anche perché la scuola Mazzini è multietnica e ha fatto del’educazione alla diversità uno dei suoi pilastri. «Alcune mamme mi hanno detto: "Siamo cattoliche, praticanti, vogliamo esprimerle la nostra stima e la nostra solidarietà per la sua diversità personale". Ma non tutti i genitori sono così: colui che mi guarda negli occhi e si chiede dove stia ‘immoralità mi riporta a dovere ritornare sul rapporto tra la mia vita personale e quella professionale, a discutere qualcosa che per me non è da discutere perché è naturale». Ci sono alunni infatti che fanno del’omosessualità un bersaglio da colpire.

«Lo scorso anno alcuni ragazzi di destra hanno scritto sul muro antistante la scuola: "Il preside è frocio". Altri hanno aggiunto: "È mitico, noi ne siamo orgogliosi". Ho fatto cancellare le scritte. Ques’anno insisteremo sul valore del confronto, chiamando gli allievi a mettersi in gioco. Li educheremo ancora con maggiore impegno a riconoscere ‘identità di ciascuno».

Ma oggi la diversità fa più paura? «Il documento di Ratzinger afferma solo una cosa: dice che nella vita tutto ciò che è diverso dalla consuetudine deve incutere timore», dichiara un giovane insegnante, Walter 75. Eppure le possibilità di crescita si annidano nella capacità di rapportarsi alle diversità, capacità che è alla base della relazione prof-alunno. «Ogni volta che guardo un adolescente, penso sempre che è "altro" da me e che nel confronto con lui io non potrò che arricchirmi e completarmi ».

‘alterirà viene assimilata al Male, e si crede di poter educare agitando lo spauracchio del Male. «Come insegnante estenuata dalla fatica di costruire per vedere distruggere tutto o parte del tutto – dichiara Anna Simm – dico che Ratzinger è solo un esempio di come la chiesa apostolica romana degli uomini deleghi la formazione dei giovani e la preoccupazione per la loro vera salvezza (che consiste nel’onestà e nella carità nel quotidiano) al’uso del satanico e del malefico».

La preoccupazione è generale, anche se ‘è chi, come Gustavo Gnavi, insegnante e presidente del’associazione gay credenti «Davide e Gionata» di Torino, ritiene che il documento resterà inascoltato. Perché? Per una sorta di assuefazione. Dice: «Il mondo cattolico è abituato ad encicliche, documenti, lettere, osservazioni e sa che il più delle volte quanto esce dai dicasteri romani resterà lettera morta». Abitudine a parte, ‘opinione pubblica influenzata dalle gerarchie cattoliche ha il suo peso. E Giuseppe Burgio, il coordinatore di Aletheia, ne prevede gli effetti: «Il rischio è che le parole di un religioso, possano diventare, per ‘uomo comune, quasi una surrettizia autorizzazione alla discriminazione e alla violenza: "Se persino gli uomini di chiesa non ne parlano con rispetto, i gay e lesbiche devono davvero meritarsi almeno il dileggio", questo potrebbe essere il pensiero. Forse il mio impegno per una scuola accogliente per tutti e tutte, contro la violenza, per una cultura del rispetto del’altro (anche quando non lo si apprezza) è diventato un p’ più difficile».

Ma che succede se è gay un professore di religione? «Sono stato un professore laico di religione per circa 12 anni, nominato dalla Curia arcivescovile di Milano, ininterrottamente dal 1982 al 1994. Un giorno ho dichiarato al cardinale Carlo Maria Martini di essere "gay" e di punto in bianco non mi hanno più rinnovato ‘"idoneità" al’insegnamento che in Italia è prerogativa del Vescovo – dichiara Giovanni Felice Mapelli – . In quei 12 anni di insegnamento, ho potuto toccare con mano ‘omofobia presente nelle nostre Scuole: muri banchi e sedie erano coperti di scritte oscene, i ragazzi si insultavano dicendo: frocio… Nessuno ha mai fatto nulla».

E oggi? «Certo per chi è credente e cattolico il documento Ratzinger può avere un peso più forte e costituire un ulteriore condizionamento in negativo, come per il resto del’Istituzione Scuola che può, attraverso dirigenti e presidi cattolici, creare ostacoli ad iniziative culturali che mirano a far conoscere la realtà gay fuori dai pregiudizi. Insomma, si rischia omofobia su omofobia, e un ritardo di qualche altro lustro o decennio».


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