Cosa ho imparato grazie a mio figlio gay

  

Caro dottor Augias, ho tre figli, il più piccolo era il più dotato di buone qualità. Generoso, disponibile, leale. A 12 anni mi obbligò a tornare alla fermata del’autobus, alle dieci di sera, per controllare se la vecchietta che ci aveva chiesto ‘ora avesse preso o no ‘autobus.

Soltanto nel 2000, quando aveva 30 anni, mi confessò di essere gay. Disse che non aveva mai trovato il coraggio di dirmelo perché sono cattolica. Ricordo bene cosa provai: sentii il pavimento tremare ma la mia faccia ubbidiva al’ordine del’amore di bloccare ogni espressione che potesse ferirlo. In quegli istanti riuscii a mettere a fuoco ‘essenza del mio dolore: lui, il ragazzo tanto dotato, apparteneva a una categoria simile alla mia, di donna che, emancipata, resta subordinata al’uomo.

È così, checché se ne dica, questa è ancora oggi la verità sociale della nostra condizione. In questi ultimi tre anni, grazie a mio figlio gay, ho imparato molte cose e sono più consapevole dei valori essenziali della vita. Non sono mai stata troppo cattolica, però quel tanto che ero mi ha complicato ‘esistenza. Ho dovuto cancellare i pregiudizi che la chiesa mi ha insegnato. E ‘amore che trovo in me (che credo venga da Dio) è ‘aiuto indispensabile per combattere quotidianamente ‘ignoranza di chi ancora non ha capito che il bene e il male è in ogni uomo e che a ogni uomo (sia maschio, femmina o gay) è dato collaborare al bene individuale e sociale. Il dono prezioso della vita non viene dal Papa, né tanto meno (per fortuna) dal presidente del consiglio o da qualsiasi istituzione umana.

La vita ci viene data gratuitamente e generosamente, dobbiamo viverla con forza, metterla a frutto per noi e per gli altri.

Lettera firmata

La lettera risponde a quella così infelice del’omosessuale pubblicata in questa pagina domenica scorsa. La signora che ‘ha inviata mi autorizza a dare il suo indirizzo di posta elettronica solo al mittente di quella missiva, se riterrà di chiederlo. La pubblico perché mi pare contenga almeno due osservazioni che possono rivestire un interesse generale. La prima è quella accennata lievemente sulla coesistenza di bene e di male in ogni uomo. Venga dalle nostre ascendenze belluine (mito di Caino) o venga, come riteneva Jean-Jacques Rousseau, dalla società, il Male è presente in ognuno di noi, e in ognuno coesiste e lotta col bene.

La psicoanalisi ha individuato questa doppia natura perfino nel’apparente innocenza dei bambini e ‘è un intero filone della letteratura che gira intorno alla figura romantica del "doppelgaenger", ‘uomo buono per un aspetto e cattivo per ‘altro, un p’ il generoso dottor Jekyll, un p’ ‘ignobile signor Hyde. ‘altro accenno, che resta terribile anche nella brevità con cui la signora ne scrive, è ‘essersi vista costretta a cancellare tutti i pregiudizi della chiesa cattolica per conservare intatto ‘amore per suo figlio. Questo papato sarà ricordato per tanti aspetti positivi ma, temo, anche per la chiusura totale e cieca nei confronti della moralità sessuale, omosessualità compresa.

So benissimo che è difficile, credo di intuire i motivi di una tale prudenza, ma non è forse sugli argomenti ardui, di confine, che si dovrebbe misurare la generosità, la capacità di visione di una fede e di un organismo così potente?


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