Il Cassero e la Santa Inquisizione

  

Qualcuno si è stupito che l’inaugurazione del Museo della Madonna di San Luca al Cassero di Porta Saragozza sia avvenuta senza alcuna polemica da parte dell’Arcigay.

Non sembri strano: laicità non è un sistema di valori ma una cornice che garantisca a tutte le visioni del mondo di convivere in modo pacifico e fruttuoso e che in queste differenze vede una positiva espressione di pluralità e un alimento per la democrazia e lo sviluppo umano.

Il trasferimento della sede del circolo Arcigay Il Cassero alla nuova e prestigiosa sede della ex Salara è stato il meritato compimento di un percorso di consolidamento della comunità gay e lesbica cittadina che in quei locali ha potuto trovare nuovi spazi di socializzazione, progettazione culturale, costruzione di servizi sociali per i quali gli angusti spazi di Porta Saragozza erano, dopo vent’anni di crescita delle attività, del tutto inadeguati. Che quegli spazi siano oggi destinati ad altro scopo è nelle cose e non ce ne dispiace.

Assai diverso è l’atteggiamento espresso dal supplemento bolognese dell’Avvenire che, a proposito della cerimonia di inaugurazione del Museo, parla di “ritorno a casa purificatore”.
Anche in questo non c’è niente di insolito. Le contrapposizioni che negli scorsi vent’anni hanno punteggiato i rapporti fra l’Arcigay e l’Arcivescovo non sono nate dalla frizione fra due visioni del mondo distinte nei contenuti, ma da due metodi diversi di considerare la relazione con l’altro: da un lato un’idea pluralista della comunità, che si alimenta dalla compresenza di culture e posizioni diverse e che a Bologna è assai diffusa fra i cattolici come fra i non credenti; dall’altra una concezione fondamentalista della verità, rilanciata solo pochi giorni fa con impeto talebano da via Altabella, che vorrebbe ridurre ad una sola le letture delle realtà e considera un intralcio e non una risorsa la presenza di idee differenti.

La storia di Porta Saragozza dal 1982 al 2002 è una storia di accoglienza, di solidarietà, di costruzione di socialità. Quelle mura restaurate e ritinteggiate portano impresse per sempre le tracce di un percorso positivo di dignità e partecipazione. Parlare di “purificazione” da parte del quotidiano vescovile è un oltraggio all’intelligenza e al senso civico di chi pronuncia quelle parole e di chi le avalla.

Che il sindaco Guazzaloca abbia consentito la nascita del Gay & lesbian center più bello d’Europa per fare bella figura con la Curia è un paradosso divertente della storia recente di Bologna ma è cosa nota e non stupisce. Che l’amministrazione accolga in silenzio una lettura da Santa Inquisizione di questa operazione ci ricorda che il principio di laicità in questi cinque anni non ha abitato a Palazzo d’Accursio. Dallo sterile dibattito sull’imposizione del crocifisso a tutte le scuole fino al maldestro tentativo di aprire le porte dei consultori alle associazioni antiabortiste, troppe volte la maggioranza di centrodestra ha ceduto alle sirene della “purificazione”. Un confessionalismo fuori luogo, perché il luogo dell’amministrazione non può integrarsi con quello di un credo religioso se vuole essere fonte di autentica mediazione culturale e politica fra le diverse idee che rappresentano la trama di una città.


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