Ogni persona ha diritto alla propria identità

  

Da "L’Unità" del 01.08.04 di Maria Zegarelli
Femminismo e gay, la Chiesa resta oscurantista
Lettera ai Vescovi: l’egualitarismo femminile matrice della crisi della famiglia

Una scena del film Wild Side

Una scena del film “Wild Side”

ROMA La donna «quale antagonista dell’uomo», che reagisce agli abusi di potere con «una strategia di ricerca del potere». Si chiama «rivalità dei sessi» e provocherebbe una «confusione deleteria». C’è, poi, «la differenza corporea, chiamata sesso» che viene «minimizzata», mentre «la dimensione strettamente culturale, chiamata genere, è sottolineata al massimo e ritenuta primaria». È in questa antropologia – che voleva «prospettive ugualitarie per la donna» – che germinano nuove «ideologie che promuovono, ad esempio, la messa in questione della famiglia, per sua indole naturale bi-parentale». E la livella che inghiotte la differenza dei sessi, si porta dietro lo sfaldamento della famiglia, mentre «l’equiparazione dell’omosessualità all’eterosessualità» genera un modello nuovo di sessualità polimorfa». L’analisi è contenuta nella Lettera ai Vescovi, diffusa ieri, sulla «collaborazione dell’uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo», redatta dal prefetto della congregazione per la Dottrina della Fede, cardinale Josef Ratzinger e cofirmata dal segretario monsignor Angelo Amato.

Un documento che arriva mentre in parlamento si discute la legge sulle coppie di fatto e si ragiona intorno a nuovi modelli di famiglia, mentre su Avvenire il segretario generale della Cei, Giuseppe Betori, lancia un grido di «viva preoccupazione» per gli orientamenti che emergono in alcune di queste proposte di legge che potrebbero riconoscere legami affettivi tra persone dello stesso sesso. Avverte: ogni equiparazione alla famiglia di altre forme di convivenza risulta incostituzionale.

Ratzinger nel documento afferma la diversità tra l’uomo e donna, parte dalla Genesi, da quel concetto originario di uomo e donna «chiamati ad esistere reciprocamente l’uno per l’altra» e poi perso nel peccato originale che stravolge gli equilibri. Che porta Dio a parlare alla donna con implacabile severità: «Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà». Arriva «alla dimensione antropologica della sessualità, inseparabile da quella teologica» e all’esigenza di tornare a quanto suggeriscono le Sacre Scritture: «Affrontare con un approccio relazionale, non concorrenziale né di rivalsa, quei problemi che a livello pubblico o privato coinvolgono la differenza di sesso». Che poi, è anche un modo per ribadire quanto già scritto e pubblicato dalla Santa Sede sulla donna, dopo la lettera apostolica «Mulieris dignitatem» e la Lettera alle donne di Giovanni Paolo II. Il documento vuole rispondere a quelle nuove tendenze «che si sono delineate nell’affrontare la questione femminile. Una prima tendenza sottolinea fortemente la condizione di subordinazione della donna, allo scopo di suscitare un atteggiamento di contestazione… una seconda emerge sulla scia della prima. Per evitare ogni supremazia dell’uno o dell’altro sesso, si tende a cancellare le loro differenze, considerate come semplici effetti di un condizionamento storico». Invece, dice il cardinale, la differenza tra i sessi è «scritta profondamente nell’uomo e nella donna». La donna, però, «ha un ruolo insostituibile» in «tutti gli aspetti della vita familiare e sociale ce coinvolgono le relazioni umane e la cura dell’altro». Per questo deve essere presente nel mondo «del lavoro e dell’organizzazione sociale». La legislazione si deve armonizzare con questo duplice impegno della donna, la società e la famiglia. Anche nella Chiesa «il segno della donna è più che mai centrale e fecondo». Ma per il sacerdozio femminile non sono ancora maturi i tempi.

Tante le reazioni alla lettera. Padre Bernardo Cercellera, non la ritiene un «anatema oscurantista», ma un «racconto di come è possibile guardare alla donna e all’uomo» e al sesso in genere, in «modo creativo». Emma Bonino, europarlamentare radicale è di tutt’altro avviso: «Qualche milione di omosessuali cattolici e di donne cattoliche divorziate si sentiranno esclusi da questa visione del mondo». Franco Grillini, deputato Ds ribatte: «Esiste un diritto universale per ogni essere umano: il diritto alla propria identità, che signifi ca sia accettare l’identità di genere e sessuale che si ha e poterla vivere nel modo più felice e sereno possibile sia rivendicare l’identità soggettiva che si sente e si vive come fondamentale e propria».

Da "Corriere della Sera" del 01.08.04 di Luigi Accattoli
Ruolo della donna, terza via della Chiesa
Né antagonismo, né omologazione. Ratzinger: orari di lavoro e stipendi per armonizzare la vita familiare

Un bacio durante un Pride

Un bacio durante un Pride

CITTA’ DEL VATICANO – La donna è «diversa» dall’uomo, ma non è la sua «antagonista». E’ «uguale» in dignità, ma resta irriducibile nella propria «differenza sessuale», che ne fa «un altro io nella comune umanità». Quella differenza non va «negata» o «livellata», come vorrebbe il femminismo radicale, ma «riconosciuta» come «una possibilità di collaborazione» nel rispetto della «distinzione». Parla un linguaggio alto e nuovo l’ultimo documento firmato dal cardinale Joseph Ratzinger, che aggiorna l’insegnamento cattolico sul rapporto uomo-donna. Linguaggio alto, perché riassume la predicazione di Giovanni Paolo II sulla «teologia del corpo». Ma anche linguaggio nuovo, perché fa i conti con la frontiera più avanzata del femminismo nordamericano.

Le rivendicazioni di quel femminismo sono considerate inaccettabili dal custode vaticano dell’ortodossia e la Lettera ai vescovi della Chiesa cattolica sulla collaborazione dell’uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo (37 pagine, divise in quattro capitoletti), pubblicata ieri, propone una specie di terza via – quella della collaborazione – tra le due più battute, che sono quelle dell’antagonismo dei sessi, o della loro assimilazione.

Per prima viene trattata la corrente che guarda alla donna come «antagonista dell’uomo» e ne denuncia l’attuale «subordinazione», allo scopo di provocare un «atteggiamento di contestazione» e un’aperta «rivalità dei sessi».

La seconda tendenza – presentata come uno sviluppo della prima – è quella che in America chiamano «femminismo di genere» e che Ratzinger presenta così: «Per evitare ogni supremazia dell’uno o dell’altro sesso, si tende a cancellare le loro differenze, considerate come semplici effetti di un condizionamento storico-culturale. In questo livellamento la differenza corporea, chiamata sesso, viene minimizzata, mentre la dimensione strettamente culturale, chiamata genere, è sottolineata al massimo e ritenuta primaria».

Ne viene un «oscuramento della differenza o dualità dei sessi» che «produce conseguenze enormi», le quali – dal cardinale – vengono così elencate: «Messa in questione della famiglia, equiparazione dell’omosessualità all’eterosessualità, un modello nuovo di sessualità polimorfa».

Altre conseguenze inaccettabili per la Chiesa: l’idea che «la liberazione della donna comporti una critica alle Sacre Scritture», dove l’uomo è creato «maschio e femmina»; la tendenza a considerare «privo di importanza il fatto che il Figlio di Dio abbia assunto la natura umana nella sua forma maschile».

E invece si sa che per la Chiesa cattolica la «mascolinità» di Cristo si lega alla norma del sacerdozio solo maschile. Questo argomento è accennato così: «Il fatto che l’ordinazione sacerdotale sia esclusivamente riservata agli uomini non impedisce alle donne di accedere al cuore della vita cristiana».

Con la stessa sobrietà la lettera riafferma «l’indole bi-parentale della famiglia, cioè composta di padre e di madre». Qui è implicito il rifiuto della coppia omosessuale. Sempre con sobrietà si ricorda che la presenza della donna nel lavoro e nella vita pubblica va «armonizzata» con le esigenze della sua «missione familiare».

E’ ampiamente trattato, invece, il «genio femminile». Sulla base della Genesi e della Prima lettera ai Corinti viene detto che «la donna, nel suo essere più profondo e originario, esiste per l’altro». E che ciò non vuol dire «alienazione», ma particolare predisposizione all’interno della comune vocazione «a esistere reciprocamente l’uno per l’altro».

Quella predisposizione femminile viene definita «capacità dell’altro» e viene così descritta: «La donna conserva l’intuizione profonda che il meglio della sua vita è fatto di attività orientate al risveglio dell’altro, alla sua crescita, alla sua protezione». Per prima viene la «capacità fisica di dare la vita». Essa «le consente di acquisire molto presto maturità», sviluppa in lei «il senso e il rispetto del concreto», le conferisce «un’attitudine unica a resistere nelle avversità, a rendere la vita ancora possibile pur in situazioni estreme, a conservare un senso tenace del futuro e, da ultimo, a ricordare con le lacrime il prezzo di ogni vita umana».

Sono forse queste le parole più belle della lettera, che si conclude con l’invito di ogni coppia umana a riconoscersi nella diversità per «ritrovare la strada della pace e della meraviglia di cui è testimone la tradizione biblica attraverso i versetti del Cantico dei cantici, in cui i corpi e i cuori celebrano lo stesso giubilo».

Da "Il Manifesto" del 02.08.04 di STEFANIA GIORGI
Il gender maledetto da Ratzinger

Il logo del Festival multimediale Gender Bender (Slittamento dei generi)

Il logo del Festival multimediale Gender Bender (“Slittamento dei generi”)

Un documento di 37 pagine, elaborato da uomini per vocazione celibi e vergini per orientare le relazioni tra i sessi sulla base del versetto della Genesi «Maschio e femmina li creò». Per dire insieme la pari dignità e il diverso ruolo dell’uomo e della donna. Questo in estrema sintesi ilprofilo della «Lettera ai vescovi della Chiesa cattolica sulla collaborazione dell’uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo» che porta la firma del prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, e l’approvazione del papa. No al femminismo radicale che tende – nell’interpretazione di Ratzinger – ad «assimilare in tutto» la donna all’uomo. No all’«ideologia di gender» che si va affermando nella cultura nordamericana e secondo la quale – sempre secondo Ratzinger – ciascuno/a ha il diritto di scegliere il proprio genere. No al divorzio. Sì alla partecipazione della donna alla vita pubblica (un «segno dei tempi») purché non leda la sua«vocazione» alla maternità. No al sacerdozio femminile, ma promuovendo un ruolo crescente della donna nella Chiesa. Sì alla famiglia, fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna. La chiesa cattolica torna dunque ad affrontare una questione su cui Wojtyla è intervenuto in modo costante. Se una «cifra» è possibile rintracciare nel suo tumultuoso papato – che ha «attraversato» il secolo e il millennio, il comunismo, il capitalismo, le guerre, la globalizzazione – è la sua attenzione (ossessione?) per le donne. Non c’è stata lettera apostolica, enciclica o esternazione che abbia tralasciato di parlare del ruolo della donna. E’ nelle mani del loro «genio profetico» la salvezza della chiesa e del mondo, ha più volte tuonato Wojtyla. Ma un «genio» irrigidito e irreggimentato, fermo sulla soglia della rappresentazione del divino in terra (il sacerdozio), inchiodato al destino biologico del corpo materno, nel segno del «servizio» nella chiesa, nella famiglia e nel mondo. Come Maria insegna. «La donna è il complemento dell’uomo, come l’uomo è il complemento della donna» e solo grazie a questa dualità «l’umano si realizza appieno», scriveva Wojtyla nella «Lettera alle donne» del ’95. Quell’idea di eguaglianza nella complementarità viene ora affilata nel nuovo documento. Un’idea che, a partire dal paradigma biblico della bisessuazione, chiama donne e uomini a tornare all’equilibrio perfetto del disegno di Dio infranto dal peccato della disobbedienza nell’Eden.

La nuova Lettera individua il pericolo in due fronti: da una parte quel femminismo che «sottolinea fortemente la condizione e la subordinazione della donna, allo scopo di suscitare un atteggiamento di contestazione». Che la fa reagire agli abusi di potere «con una strategia di ricerca del potere». Con il risultato di una «rivalità tra i sessi», una «confusione deleteria» in primo luogo per la famiglia». Dall’altra parte, Ratzinger punta l’indice accusatorio in particolare sul«femminismo radicale» (come già aveva fatto Wojtyla nel 2001) della teoria del gender, individuato come il nuovo avversario della concezione cattolica della coppia umana che minaccia il futuro dell’umanità (leggi continuazione della specie, procreazione per via naturale): la differenza dei sessi è una realtà «scritta profondamente nell’uomo e nella donna», non si può parlare di una dimensione chiamata«genere». Una tendenza che «per evitare ogni supremazia dell’uno o dell’altro sesso» «tende a cancellare le loro differenze, considerate come semplici effetti di un condizionamento storico-culturale». In questo «livellamento» la differenza di sesso viene «minimizzata», mentre la dimensione culturale, il «genere», è ritenuta primaria. Un’antropologia che minaccia la famiglia «per sua indole bi-parentale», «l’equiparazione dell’omosessualità all’eterosessualità, un modello nuovo di sessualità polimorfa». L’«umanità sessuata» del Vaticano – che con questa operazione prende le distanze sia dal femminismo «paritario» dell’emancipazione e dei diritti sia dal femminismo radicale anglosassone -, si appella sì alla differenza fra i sessi, ma a una teologia della differenza ancorata a un biologismo ferreo, una sorta di misticismo biologico alla ricerca di un incipit divino/naturale che legittima anatemi e diktat in materia di morale sessuale, di etica femminile della scelta, di autodeterminazione, anche procreativa.

Nel mondo abitato da sessi diversi, non solo per nascita ma per scelta, Roma lancia strali diretti soprattutto in quella parte di mondo -l’America – dove le contraddizioni e i problemi (anche in seno al cattolicesimo) su questa materia sono roventi. Del resto il Lexicon del Pontificio consiglio per la famiglia, alla voce gender, scrive che per il femminismo radicale Usa (alfiera Judith Butler) «la mascolinità e la femminilità non sarebbero determinate fondamentalmente dal sesso ma dalla cultura». Dunque, «quale che sia il suo sesso, l’uomo potrebbe scegliere il suo genere: potrebbe optare per l’eterosessualità, l’omosessualità, il lesbismo. O potrebbe optare per la transessualità, cambiare sesso». Ne conseguirebbe una pluralità di «generi» lontana dalla coppia biblica. Al lungo elenco manca la pedofilia. Come ben sanno i vescovi cattolici americani che la praticano.


La risposta
Grillini: ogni persona ha diritto alla propria identità
La morale cattolica non è più maggioranza nella società

Franco Grillini, Presidente onorario Arcigay

Franco Grillini, Presidente onorario Arcigay

Esiste un diritto universale per ogni essere umano: il diritto alla propria identità. Il chè significa sia accettare l’identità di genere e sessuale che si ha e poterla vivere nel modo più felice e sereno possibile sia rivendicare l’identità soggettiva che si sente e si vive come fondamentale e propria.

L’esistenza di una “antropologia biblica” costituisce un fatto rispettabile in sé ma non può essere meccanicamente tradotta sul piano legislativo o morale, magari atraverso le leggi dello Stato laico, per imporla con la forza anche a chi non ci crede.

Sorvolando sulla falsificazione della traduzione della genesi (dell’ebraico antico la traduzione sarebbe “maschio e femmina “LO” creò e non “LI” creò, essendo l’ideale del tempo l’ermafrodito), non si può certo sostenere che l’antropologia biblica sia minimamente “scientifica”. La bibbia va storicizzata e contestualizzata e non può essere adottata come oggetto di legislazione come accade nei paesi a dittatura islamica con il Corano.

In realtà con queste tesi si vuole riportare la donna al ruolo di “moglie” e “madre” in modo del tutto subalterno al maschilismo patriarcale e combattere il diritto all’identità e alla propria soggettività, ovvero alla propria autonomia e autodeterminazione, di donne, gay e transessuali.

Il mondo sognato da Ratzinger è un paesaggio in bianco e nero dominato dai maschi eterosessuali ai quali spetta sempre l’ultima parola. E’ un mondo che non esiste più, fortunatamente. E l’antropologia biblica non lo resuscitarà.

La chiesa romano-cattolica e la sua gerarchia devono accettare un mondo dove oltre al pluralismo politico e religioso esiste anche quello delle morali. La morale cattolica, legittima e rispettabile, è una delle morali in campo e non è nemmeno più la morale maggioritaria come dimostrano i comportamenti concreti in materia di costumi e di sessualità della stragrande maggioranza delle persone che non la seguono nella loro vita privata. Esiste per esempio anche una morale espressa dalla comunità omosessuale, con propri valori e un proprio progetto di vita. E’ una morale provvisoria, che non pretende di essere assoluta e non pretende l’imposizione ope legis.

La natura è cultura e storia. E la storia e la natura degli omosessuali, per es, ha la stessa dignità e plausibilità delle altre culture e delle altre morali.

On. Franco Grillini, Presidente onorario Arcigay


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