Uno più uno non sempre fa due

  

Qualche mese fa, sulle pagine di Bandiera Gialla, ci eravamo occupati di visibilità e omosessualità con un’inchiesta sulla comunità GLBT (gay, lesbo, bisex, transgender) nel territorio bolognese. Pensavamo di avere esplorato molti degli aspetti che ancora oggi spesso vengono nascosti o taciuti; un recente convegno tenutosi a Pistoia ha attirato la nostra attenzione, forse qualcosa ci era sfuggito. Lavoriamo da tempo nel settore dell’handicap, abbiamo parlato di omosessualità, ma mai ci era venuto in mente di collegare i due argomenti.

Disabili gay?? Ebbene sì, proprio di questo si è parlato al convegno del 17 giugno 2004 organizzato dall’Arcigay di Pistoia in occasione della settimana del Gay Pride. Per la prima volta un’associazione che non si occupa strettamente di handicap ha tentato di affrontare uno dei temi più
difficili: la sessualità delle persone disabili. Una delle carte vincenti di questo incontro crediamo sia stata la molteplicità dei punti di vista con cui è stato affrontato l’argomento: erano infatti presenti membri di associazioni gay, disabili dell’associazione "Vita indipendente", rappresentanti del progetto QuBa (un progetto europeo che lotta contro tutte le forme di discriminazione, e che ha tra i partners transnazionali anche la città di Bologna) e infine i più diretti interessati, alcuni ragazzi gay disabili.

Tanta eterogeneità non è stato un particolare di poco conto. Sono davvero i gay disabili i più diretti interessati all’argomento? Forse sì, ma non dovrebbero essere gli unici. Il tema della disabilità, o quello dell’omosessualità sono due aspetti di cui spesso si è parlato, e esistono molte associazioni che si occupano di queste tematiche… ma cosa cambia se i due aspetti convivono? Uno più uno non sempre fa due. In generale, un disabile omosessuale si trova sottoposto ad una sorta di doppia discriminazione, ad una doppia diffidenza da parte della società e finora i due aspetti della questione sono stati affrontati singolarmente. Ma i due aspetti insieme creano dinamiche nuove. Dinamiche che non sono la semplice somma di due "problemi". Siamo tutti pronti ad affrontare questa "novità"?

Proviamo a ragionare un po’. Ad esempio: un ragazzo gay disabile a quale ente si deve rivolgere per trovare un riscontro? Può andare all’Arcigay, per avere la possibilità di parlare di omosessualità, per avere un supporto ma anche, perché no, per conoscere e frequentare altri gay. Ma se il circolo in questione ha delle barriere architettoniche che lo rendono inavvicinabile? Oppure, se gli associati del circolo non hanno la benché minima idea di come venire incontro anche ai piccoli problemi più elementari che una persona disabile può incontrare tutti i giorni? O peggio ancora, e non sembri paradossale, se nella comunità gay non tutte le persone sono sensibili al tema dell’handicap, ma addirittura nutrono intolleranza nei confronti dei disabili? (Il fatto di appartenere a delle "categorie di minoranza", a delle "categorie" discriminate, il fatto di condividere una diversità non salva dal pregiudizio o dagli stereotipi. Quindi non è così automatico che un omosessuale accetti con naturalezza un disabile e viceversa). E infine: è sempre così semplice trovare un operatore disposto ad accompagnare un disabile in un locale o circolo gay? Inoltre non dimentichiamo che per lo più le realtà associative omosessuali si trovano nelle grandi città, la provincia è spesso tagliata fuori… e spostarsi in centri più "accoglienti" può essere molto più complicato per ragazzi o ragazze disabili.

E tra le associazioni che si occupano di disabilità, quante sono preparate ad affrontare una tematica così intima? Di solito una persona disabile viene considerata "a-sessuata", come se non avesse una propria sessualità da esprimere e da voler vivere. Lo pensa la società, ma lo pensano a volte anche le stesse associazioni di categoria, spesso di stampo cattolico, e quindi preparate ed efficienti ad affrontare tutte le questioni di assistenza e integrazione, ma un po’ meno all’avanguardia ad affrontare la sessualità. Se poi si sfocia nel campo dell’omosessualità la questione si fa evidentemente ancora più complessa. Non dimentichiamo, inoltre, che spesso è la famiglia ad occuparsi della persona disabile, e per molti disabili diventa difficile uscire o spostarsi senza l’aiuto di familiari e operatori. Quanti, anche tra chi è "normodotato" e eterosessuale, parlano delle proprie esperienze sessuali e dei propri desideri affettivi con la famiglia? Riesce una famiglia ad accettare che il proprio figlio o parente disabile abbia non solo una sessualità ma anche degli orientamenti omosessuali? Pensate solo a quante famiglie ancora oggi accettino con difficoltà o non accettino affatto l’omosessualità dei figli… Quindi fare coming out per un disabile gay diventa a volte impossibile. E se questo, a "condizioni normali", può essere ovviato nel rapporto con il mondo esterno, quello al di fuori della famiglia, con gli amici, nei locali, con l’esperienza più o meno diretta, per un ragazzo/a disabile questo mondo esterno non è sempre così accessibile.

Disabilità

Disabilità

Ben vengano allora le iniziative che riescono ad intersecare le due prospettive. Il convegno di Pistoia è stato solo un primo momento di approccio, in cui si è iniziata a dare visibilità alla questione, si sono scambiate esperienze personali e sono state avviate delle idee per proseguire su questo terreno. Dopo Pistoia, il dibattito è proseguito a Bologna, il 10 luglio, e da Pistoia è nato anche un gruppo "virtuale", su internet, in cui poter continuare a discutere. La voglia di mettersi a confronto c’è, e questo è molto importante. Infatti la voce di una minoranza, e in questo caso si potrebbe dire di una minoranza nella minoranza, non sempre trova i mezzi da sola per uscire fuori e farsi sentire. Devono essere allora le associazioni che si occupano di handicap a formarsi e affrontare maggiormente il tema della sessualità e dell’omosessualità, devono essere i circoli gay e lesbici ad organizzarsi per coinvolgere anche i disabili… Occorre infatti maggiore informazione e comunicazione, un po’ di voglia di parlare e magari anche un po’ di curiosità di provare a scoprire realtà diverse dalle proprie o da quelle standard che si hanno in mente. E chissà che magari parlare di questo non serva ad abbattere anche qualche stereotipo sulla categoria dei gay o sulla categoria dei disabili, categorie che un po’ tutti siamo portati a mettere una da una parte e una dall’altra, in ambiti e punti di vista completamente diversi, accumunate solo dalla diffidenza, o indifferenza, che per pigrizia ci portiamo dietro un po’ tutti.

Per saperne di più

A Roma si è costituita di recente un’associazione di disabili gay: www.gruppora.7host.com/index_file/handigay_hp.htm

Chi è motivato a seguire questa tematica può iscriversi al gruppo di discussione "17 giugno" (chiamato così proprio per ricordare la giornata del convegno di Pistoia, una data un po’ "storica"): il gruppo è online all’indirizzo http://it.groups.yahoo.com/group/17giugno/, per iscriversi mandare un’email a [email protected].


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