“Culattoni!”

  

INTERVENTO DI GIANNI VATTIMO, FILOSOFO
Da "Il Manifesto" del 15.10.04 di GIANNI VATTIMO

Tutto in famiglia

Bologna Pride 1995

Bologna Pride 1995

Non so se è un ennesimo effetto della dissoluzione della (coscienza di) classe, ma ciò che mi sembra emergere dalla furibonda polemica sui diritti dei gay, prima ancora che sui doveri delle madri di famiglia, sui quali si è infelicemente pronunciato Buttiglione, è che la rivoluzione è un affare di minoranze piuttosto che del proletariato tutto. Potrebbe essere un modo di ricuperare Lenin, ma non lo credo. E’ forse semplicemente un tratto caratteristico delle democrazie mediatiche, almeno in questo non del tutto da buttar via: siccome delle minoranze si deve parlare per fare notizia e non annoiare il pubblico, quando una di queste viene toccata duramente da qualche misura persecutoria, diventa un problema generale – e le sue rivendicazioni si rivelano per lo più riguardare tutti, come è ben evidente dalla questione gay. Gli omosessuali che rivendicano i loro diritti fanno un «lavoro» che tocca tutti, anche coloro che gay non sono. Demonizzare l’omosessualità, e perseguirla con leggi quando se ne abbia il potere, è qualcosa che si fa anche a danno dei tanti Luca Coscioni che, in nome delle stesse ragioni di «diritto naturale» in cui crede Buttiglione, vedono vietate o comunque rallentate le ricerche sugli embrioni da cui potrebbe scaturire una cura per le loro, nostre, malattie. Ma non diamo tutti i meriti ai gay, anche se sono oggi una minoranza più combattiva delle madri di famiglia. In verità, l’accanimento con cui la Chiesa e la cultura conservatrice rifiutano ogni comprensione al problema omosessuale è la consapevolezza – del resto lo dicono sempre anche loro, papi e reazionari di ogni specie – che la famiglia è la cellula della società. Dimenticando di dire: di questa società. E questa famiglia.

Abbiamo forse messo in soffitta troppo presto – era per diventare finalmente «cultura di governo»? – autori come Reich, Cooper, Laing, Deleuze e Guattari, naturalmente Marcuse, e persino il più «serio» Adorno – che ci hanno insegnato verità elementari sulla funzione della famiglia patriarcale nel perpetuare la società proprietaria e autoritaria. Un bambino che cresca in una famiglia con due mamme o con due padri non riprodurrà nella propria formazione quello schema edipico che dovrebbe prepararlo a diventare a sua volta padre-padrone di figli sottomessi e poi fisiologicamente ribelli, e difensore (!) della donna che sceglierà di impalmare. Certo, avrà le sue difficoltà con i compagni di scuola «normali», non diventerà un cittadino esemplare… grazie a dio; e magari grazie a dio diventerà persino ateo, e cioè cristiano più vero di un qualunque Butti-bacchettone.

Nemmeno i laici hanno osato rivendicare un cristianesimo non omofobo e sessuofobo, come se si fossero ormai rassegnati alla competenza esclusiva del papa e dei suoi vescovi sulla morale cristiana; un modo per disinteressarsi totalmente del senso del cristianesimo, «cosa loro», di preti e bigotti; tranquillizza molto di più così. Ma quale «amore per la vita» e le generazioni future? Nel clerico-fascismo italiano che si sta scatenando, la sola vita vera è quella di spermatozoi ed embrioni, che non sanno di esistere e dunque possono essere «difesi» da papi, vescovi, autorità varie, specie quando permettono così di violare la libertà cosciente dei vivi-vivi. Noi non ci scandalizziamo (dove sei andato a finire, Cacciari?) per la bocciatura «laicista» di Buttiglione; ci scandalizziamo perché i cattolici italiani permettono che le sue posizioni siano identificate con quelle dei credenti in Cristo e nel Vangelo. Fino a quando?


CINEMA
Da "Il Manifesto" del 15.10.04 di VIERI RAZZINI

L’Italia omofobica si merita l’embargo

Camminando sull'acqua

Camminando sull’acqua

Eytan Fox e Gal Uchovsky, regista e sceneggiatore-produttore del film israeliano «Camminando sull’acqua», hanno deciso di bloccare l’uscita in Italia – prevista per il prossimo 12 novembre – in seguito alle dichiarazioni di Tremaglia. Pubblichiamo un intervento di Vieri Razzini, distributore italiano di «Camminando sull’acqua» con la Teodora film. Proprio quando in tutte le legislazioni europee (tranne quella italiana) si stanno riconoscendo i diritti civili degli omosessuali, in Italia è bastata una parola e di colpo tutti gli omosessuali, anche quelli giovani, sono ripiombati negli anni Cinquanta, quando questa parola era moneta corrente e certi compagni di liceo, in Lombardia e altrove, potevano illuminarti sulla distinzione tra culattoni e culattini (i «passivi»). Mirko Tremaglia ha dunque vari meriti, primo, aver reso lampante non solo che la strada è ancora lunghissima ma che nessuna minoranza, tantomeno quella omosessuale, deve dare per scontata la propria incolumità, morale o fisica; secondo, aver sancito il nostro diritto di tornare a chiamare fascista il fascista (si dà il caso che questo lemma non abbia sinonimi peggiorativi: è offensivo di per sé); terzo, aver spazzato via la parola di Buttiglione, «peccatori», politicamente e curialmente corretta, melliflua quanto l’abituale sorrisetto dell’aspirante v.p. della commissione europea, e commissario alla giustizia, sicurezza e libertà.

Questo, più meno e con altre parole per onestà e perché in quel momento ero indignato, ho dovuto raccontare in una telefonata al regista israeliano Eytan Fox, autore, insieme allo sceneggiatore-produttore Gal Uchovsky, del film Camminando sull’acqua. Mentre io, come sempre in queste occasioni e insieme a mille altri, mi vergognavo di essere italiano, Eytan ha prima pensato a uno scherzo, poi, di colpo, si è infuriato, e la sua reazione a caldo è stata esplosiva. Poiché è una persona di grande intelligenza e aperta al dialogo, so che si è già calmato, e che verrà a discutere con noi anche di queste cose. Ma la sua arrabbiatura era più che giustificata, perché il suo film, rivelandole psicologie attraverso l’azione, parla proprio della coscienza storica di fronte al passato (un passato nazista gelosamente custodito nei decenni), dell’omosessualità vissuta in prima persona senza problemi ma vista con inquietudine e molti pregiudizi dal maschio «normale», dell’inevitabile rispecchiamento fra i due protagonisti, il giovane berlinese gay, inconsapevole nipote di un nazista autore di stragi, e il virile agente del Mossad «costretto» a stargli vicino, in Israele e a Berlino, per arrivare al nonno, e a confrontarsi con lui, dal vivo, sulla questione palestinese (quando si inserisce fra i due un giovane omosessuale arabo); del rispecchiamento, cioè, ancora una volta, fra ebreo e omosessuale, fra la stella gialla e la stella rosa dei campi di sterminio, ma anche dell’atteggiamento morale e della coscienza storica dei più forti nei confronti dei più deboli, anche dell’integralismo e dell’odio, ovvero della cecità più o meno volontaria.

Insomma, uno come Eytan Fox passa due anni della sua vita a costruire e realizzare un film su temi tanto scottanti e difficili, riesce a farlo in modo avvincente in modo che parli a più gente possibile, e poi al momento, buono, per via mediatica (o dovrei dire rettale?), si sente dare del culattone. Parafrasando Totò, possiamo rispondere al suo posto: lei è un fascista, s’informi.


STRISCIA LA NOTIZIA
Da "La Gazzetta del Sud" del 15.10.04

Gay tenta di baciare il ministro Tremaglia
Agguato di Striscia la notizia

ROMA — Da lontano sembrava una delle solite troupe televisive che stazionano davanti a Montecitorio per fare delle interviste volanti ai deputati. Ma i tre giovani che hanno stazionato ieri davanti alla Camera, non cercavano dichiarazioni sui lavori parlamentari. Avevano un obiettivo ben preciso: il ministro Tremaglia. Inviati da «Striscia la notizia», Carlo «la spavalda», Alberto «la gradisca» e Ugo «la pazza» volevano siglare la «riappacificazione» tra i gay ed il ministro dopo le sue dichiarazioni non proprio lusinghiere sugli omosessuali in Europa. Appena Tremaglia è uscito da Montecitorio, uno dei tre giovani, che indossava una chiassosa magliettina di cotone color rosa nonostante la temperatura non proprio primaverile, lo ha avvicinato ed è riuscito ad abbozzare un bacio. Ma il ministro è riuscito a riguadagnare velocemente il portone di Montecitorio.


LETTERA DI GRILLINI AL FOGLIO
Da "Il Foglio" del 14.10.04 di Franco Grillini

Politico gay argomenta civilmente le sue ragioni, con replica

Al direttore

Franco Grillini, Presidente onorario Arcigay

Franco Grillini, Presidente onorario Arcigay

E’ permesso cercare di scalfire le sue apparentemente granitiche convinzioni in materia di matrimonio e famiglia? La questione è nell’agenda politica di tutte le democrazie sviluppate del mondo occidentale: solo qui, e non per caso. Olanda, Belgio, Spagna, Massachusetts e alcune province canadesi hanno già deciso di consentire agli omosessuali che lo desiderano di sposarsi e di assumere anche formalmente la qualificazione giuridica di “coniugi”, ma, a cominciare dal 1989, quasi tutti gli altri paesi dell’Europa occidentale hanno attribuito loro il diritto di scegliere un regolamento dei loro propri rapporti giuridici e patrimoniali che si distingue dal matrimonio solo per la definizione, non per la sostanza.

Salvi limiti in materia di adozione, che però spesso hanno scarsa rilevanza pratica poiché in molti paesi la possibilità di adottare è riconosciuta ai single (e del resto la questione dell’adozione è stata posta al centro del dibattito dai movimenti antigay molto più che da quelli gay: tanto che, in Italia, è ormai una questione sostanzialmente finta, che mira soltanto a impedire la realizzazione della parità dei diritti per quel che riguarda i rapporti fra i partner, materia su cui vertono i progetti di legge). Ormai, fra i paesi dell’Europa occidentale, solo l’Italia, l’Irlanda (che ne discuterà tra breve), l’Austria e la Grecia impediscono agli omosessuali di ottenere qualunque protezione giuridica delle proprie famiglie (anche la Gran Bretagna è per ora un’altra eccezione, ma solo apparente, perché il common law consente di intervenire con lo strumento contrattuale su materie precluse ai paesi di tradizione romanistica). L’informazione su questi temi in Italia è sempre superficiale, ma il solo paese in cui si sia legiferato negli ultimi anni riconoscendo alle famiglie omosessuali (e agli eterosessuali che lo preferiscano) diritti e responsabilità realmente meno penetranti di quelli previsti dal matrimonio è la Francia, con il Pacs (anche lì, ora, si discute del matrimonio): anche la legge tedesca prevede la piena parità se così decidono di applicarla i governi dei singoli Länder, competenti in materia di welfare (e così hanno fatto tutti i Länder governati dal centrosinistra). E’ vero, come lei scrive, che queste riforme hanno cambiato, in occidente, una concezione plurisecolare del matrimonio e della famiglia, ma questo è accaduto come conseguenza logica e necessaria della forza espansiva e inclusiva della libertà occidentale: tanto che la condizione degli omosessuali è ormai vista in altre regioni del mondo come parte dell’identità più tipica e caratterizzante dell’occidente liberale.

La ragione è molto semplice: è solo da pochi decenni che la libertà di espressione (non solo come diritto formale, ma anche come manifestazione socialmente accettata della pari dignità sociale dei cittadini) si è estesa anche agli omosessuali. E’ solo da una trentina d’anni che gli omosessuali possono liberamente parlare della loro esperienza e della loro vita non solo in opuscoli semiclandestini ma anche sui media letti o ascoltati dalla generalità della popolazione.

Fino ai primi anni Settanta non si poteva: ogni omosessuale credeva di essere un malato o un anormale, se non un vizioso, e chi non era omosessuale considerava i gay come persone più o meno ritardate, che non avevano superato quel periodo di incertezze sessuali che più o meno tutti attraversano nell’adolescenza. Ci si nascondeva perché non esisteva la possibilità di una pubblica rivendicazione di pari dignità. E ogni omosessuale doveva cominciare da sé, perché l’orientamento sessuale è un’identità minoritaria che non si trasmette attraverso le famiglie, ma spesso (finora) contro le aspettative e i desideri della propria stessa famiglia (e della scuola, della cultura, delle chiese, soprattutto del gruppo dei pari). Oggi invece, chiunque non difenda i propri pregiudizi per mezzo di una voluta ignoranza può sapere che gli omosessuali sono quegli individui che, spesso dopo avere vanamente resistito all’evidenza, constatano che i propri desideri affettivi e/o erotici si indirizzano verso persone del proprio sesso con la stessa spontaneità e naturalezza con cui l’inverso accade alla maggioranza dei loro simili. E’ una variante della natura umana, come il colore degli occhi o dei capelli. E’ un’“identità ascritta”, non oggetto di scelta (anche se si può scegliere di occultarla, più facilmente di come Michael Jackson abbia occultato la propria identità razziale). E nulla conta, a questo proposito, che l’orientamento sessuale sia determinato da ragioni organiche o da inafferrabili emozioni, immagini o esperienze risalenti alla più remota infanzia.

Questa nuova consapevolezza sociale deve fare i conti con i valori di fondo di una società liberale: è lecito discriminare gli individui sulla base della loro identità ascritta? E’ lecito disconoscere il diritto alla piena uguaglianza formale, anche in campo giuridico, dei/delle cittadini/e omosessuali? Ovviamente no. Ma allora perché permettere a due ultrasettantenni di sposarsi (cioè di scegliere liberamente quale assetto attribuire ai loro propri rapporti giuridici e patrimoniali) e impedirlo a due omosessuali? Anche i due ultrasettantenni (e tutti i milioni di coppie eterosessuali sterili cui la legge sulla fecondazione assistita impedisce di pro procreare) non potranno avere figli propri (e non potranno neppure adottarne, a causa dell’età). Neppure queste coppie possono costituire famiglie, o siamo noi a essere sottouomini? Non ci sono altre giustificazioni razionali a una discriminazione che, come molte altre discriminazioni millenarie che l’occidente ha ripudiato nella modernità, è il frutto di una tradizione violenta, intollerante, inconsapevole. Per intanto, sarebbe già un piccolo ma significativo passo avanti varare, come in Francia, una legge sul Pacs (il “Patto Civile di Solidarietà) come quella che ho proposto. Buona ultima in Europa, sarà poi il turno di una legge di modello scandinavo (altra mia proposta). Ma sono certo che fra qualche decennio ci si stupirà che in Italia e in Europa ci sia voluto così tanto per riconoscere un diritto così ovvio e così innocuo per gli altri. Molti, certamente, non saranno orgogliosi della propria opposizione.

Lettera civile, bene argomentata, grazie. E in molti passaggi mi ritrovo alla perfezione. Tranne uno. Non si allarga espansivamente il matrimonio agli omosessuali, con misure tipo San Francisco o leggi alla Zapatero, piuttosto si abolisce il matrimonio nel suo permanente significato naturale, e anche storico (molti modi di sposarsi inventarono uomini e donne, tranne quello che annulla l’incontro tra di loro: questa è la novità). Tutto si può fare, anche un bambino da se stessi, ma non tutto ciò che si può fare è da fare. Libertà e rispetto non discriminatorio si affermano meglio con le unioni civili, che non abrogano il matrimonio con la fictio iuris dei coniugi sessualmente indifferenziati e dei figli indifferenziati.
Amo la differenza, odio l’omologazione e il dispotismo ideologico.


LINGUAGGIO E POLITICA
Da "Libero" del 14.10.04 di Martino Cervo

"Caro Tremaglia, chiamaci finocchi"
Il giornalista gay Scalise in soccorso del ministro: definendoci "culattoni" ci ha un po’ offeso,ma crocifiggerlo per questo è molto più volgare
Gaffe linguistica ma il vero problema sono "i nazisti islamici che avanzano"

MILANO – «Culattoni? Il termine usato da Tremaglia è un po’ dialettale. Poteva sceglierne uno migliore, ma in fondo chissenefrega». Daniele Scalise, giornalista e scrittore, omosessuale dichiarato, sdrammatizza con un sorriso le polemiche feroci scoppiate in seguito al brevissimo comunicato di Mirko Tremaglia, con cui il ministro per gli Italiani nel mondo aveva commentato il voto su Rocco Buttiglione da parte della Commissione per le libertà civili del Parlamento europeo.

"Non perdiamoci in polemiche inutili, ognuno ha il diritto di dire quello che vuole e di sentirsi rispondere di conseguenza. Non mi scandalizzano affatto le parole di Tremaglia. Poteva risparmiarsele, ma è molto peggio il putiferio che è scoppiato dopo: lui che dice "culattoni" gli altri che gli dicono "fascista" e intanto i nazisti islamici avanzano. Mi spaventano di più loro».

La vera gaffe di Tremaglia in somma è linguistica, e la giustificazione («Parlo in italiano, ho tradotto la parola gay») proprio non regge. Anche perché la nostra lingua offre tante sfumature, spiega Scalise, che qualche tempo fa ha curato per il Foglio un vocabolario gay in cui discettava sui sinonimi con cui si possono indicare gli omsessuali. «Frocio per esempio e piùdivertente: viene dal rornano, ha un’etimologia curiosa. Pare che con il terirnine "froge" o frosce" si indicassero fin dal ‘600 le guardie svizzere del Vaticano, note per due caratteristiche, la seconda delle quali era la passione per l’alcool che conferiva loro un nasone gonfio e arrossato». E torna alla mente il tragico «caso Estermann" del ’98, quando una giovane guardia svizzera uccise il suo comandante – con cui forse aveva una relazione – e la moglie. «Secono, altri, invece, frocio sarebbe una fusione di "frollo" (effeminato) e "floscio"».

Ma il ministro, aveva a disposizione altre cartucce: "finocchio", ad esempio, «i cui semi venivano usati nei roghi degli omosessuali per coprire l’odore della carne bruciata», o "checca", «vezzeggiativo di Francesca, che accentua l’aspetto effeminato dell’omosessuale: in Umbria e Lazio "Sora Checca" indica l’organo femminile», oppure "recchione": «deriva dal gesto tipicamente femminile di sistemarsi la ciocca di capelli per scoprire l’orecchio e l’orecchino».

Le alternative non finiscono qui: oltre a "gay", «importato in Italia da Alberto Arbasino ma nato dal provenzale "gai" (lieto, libertino, ma anche chi si prostituisce)», il mondo classico e la letteratura sono prodighi di suggerimenti: "uranista" è ormai in disuso, ma «Urano era il figlio del dio Crono che evirò il padre, da qui l’associazione con gli omosessuali, ingenuamente considerati privi di virilità»; "figlio della Pentapoli", «riferimento biblico al distretto che comprendeva cinque città tra cui Sodoma e Gomorra" "catamito", «versione latina di Ganimede, il giovinetto amato da Giove che lo volle come coppiere degli dei»; "aretino", dal poeta Pietro Aretino, «che subì accuse di omosessualità»; Il cinedo": «è il giovane omosessuale fin dai tempi di Platone, nel Gorgia»

E anche la lingua araba ha contribuito a creare alcune varianti: il sicilianissimo "arruso" o "garruso", dice sempre Scalise, «deriva da "arùs", che significa giovane, fidanzata, ragazza mentre "bardassa" deriva da "bardag", cioè schiavo».

«Assolutamente da evitare», oltre al triviale "culattoni", «tutte le metonimie simili come "culo", "buso", "busone", e le loro ancor più volgari derivazioni, così come ‘pederasta", che attribuisce a tutti gli omosessuali una caratteristica deteriore pressoché assente oggi, quella della passione verso gli adolescenti».

Una volta istruito Tremaglia, Scalise quasi lo difende: «Non facciamo i pudibondi, dica ciò che vuole. E legittimo, così come lo sono stati il discorso di Buttiglione e il voto a lui contrario. Perché scaldarsi tanto? Anch’io non avrei votato per lui, ma sono il primo a ribellarmi se a un cattolico non viene permesso di esprimersi".


GAY E POLITICA
Da "Il Messaggero" del 14.10.04 di MARIO AJELLO

Gay e destra, talvolta è amore
Tremaglia insiste, Casini lo bacchetta: si deve a tutti uguale rispetto

Mirko Tremaglia

Mirko Tremaglia

ROMA Mino Maccari, che era stato un fascista ”selvaggio” e poi deluso, la mise in rima: «Bisogna aprire gli occhi / sulla sovrabbondanza dei finocchi». Mirko Tremaglia gli occhi li ha aperti l’altro giorno: «In Europa sono tutti culattoni». Li ha riaperti ieri: «Ho svelato l’ipocrisia sui culattoni, e sono inondato di messaggi di ringraziamento e incoraggiamento». E anzi li tiene virilmente spalancati da sempre. Ecco infatti, a Montecitorio, Maurizio Gasparri. «Ministro», gli dice un collega, «è vero che lei quando era direttore del ”Secolo” pubblicò un articolo sulle peripezie omosessuali dei legionari di D’Annunzio a Fiume?» «E’ vero», risponde Gasparri. «Ed è vero che Tremaglia si imbufalì e pretese le sue dimissioni?». «E’ vero anche questo. Mirko chiese la mia testa». E a questo punto, il collega di Gasparri, poco raffinatamente, in Transatlantico gli fa: «Ah Mauri’, per fortuna che chiese solo la testa…».
Insomma il rapporto fra la destra e i gay – basta appunto pensare ai legionari dannunziani come Giovanni Comisso o agli scandali omosex della Germania hitleriana che fecero ironizzare il solito Maccari: «A Monaco di Baviera / mutande di lamiera» o al mensile della destra sociale «Area» che esalta Mishima e Drieu la Rochelle come «eroi del pansessualismo» – è molto più complesso di ciò che si possa pensare a forza di aneddoti strepitosi come quello che anni fa vide protagonista Storace. «France’, di’ una cosa di destra», gli gridano i fan. E lui: «A froci!!!!». Così, tanto per ridere. Rapporto complesso, insomma. E Giano Accame, raffinato pensatore della destra, osserva infatti: «Con i gay abbiamo un legame. Ci unisce il fatto di essere stati considerati, per mezzo secolo, dei diversi». Ma questo legame, molto teorico, non sembra risultare a un ex radicale come Alessandro Cecchi Paone. Il quale non c’entra con An, ma con Forza Italia sì. E in queste ore si è spiritosamente lamentato per iscritto: «Il partito azzurro ha scelto la Gardini come portavoce. Anche perchè non vogliono i culi come me». Pure Giuliano Ferrara, a «Otto e mezzo», dice la sua: «Omosessuale è bello. Ma non normale». Sicuramente non lo è alla Rai – accusa il diessino gay Franco Grillini – al punto che «le nostre repliche a Tremaglia sono state oscurate dalla tivvù di Stato e questo sconcio merita di finire in commissione di Vigilanza». Intanto su uno schermo, ma di un sito Internet, appare un fotomontaggio. Si vede Tremaglia in mezzo ai cantanti dei Village People, agghindati come simpaticissime sciantose sculettanti intorno al ministro fascio-macho che li guarda con un’aria alla Cesare Pascarella: «Nun me venghi a dì che er frocio sia profonno».

E ancora ieri, mentre alla Camera il presidente Casini diceva che «tutti i cittadini hanno diritto ad eguale rispetto», Tremaglia ancora gongolava per le proprie gesta linguistiche. «Ho solo tradotto in italiano la parola gay. Ho detto ”culattone” con spirito goliardico». Quasi come faceva Giuseppe Gioacchino Belli il quale, per prendere in giro qualcuno, lo apostrofava così: «Sor frocio mio». «Non ho voluto offendere nessuno», incalza il ministro. Però: «Una cosa l’ho capita. La lobby gay, stavolta lo dico in inglese, è potentissima. Ma io mi arrendo». Non si arrende Cl, che sugli omosessuali si è schierata in favore delle euro-dichiarazioni di Buttiglione. E figuriamoci se cede un duro come Storace. Imma Battaglia, paladina dei diritti gay, invita il governatore a dissociarsi da Tremaglia facendo outing: «Storace dica che è un fiero culattone». E lui: «Vorrei ma non posso. Non amo dire bugie. E’ come se Prodi dicesse di essere nuovo alla politica». Ogni tanto il Professore dice di essere un «diverso» nella politica. Ma da ora in poi stia attento. Sennò finisce che viene equivocato.


L’ARTICOLO DI FONDO DI MERLO
Da "La Repubblica" del 14.10.04 di Francesco Merlo

DIO IN MANO AGLI STREGONI

Rocco Buttiglione

Rocco Buttiglione

Culattoni a chi? A noi! La parola "culattoni" è come la pedata di don Abbondio che «buttava con un piede verso il muro i ciottoli che facevano inciampo nel sentiero», ma si piegava dinanzi al dito minaccioso e iracondo dei bravi, dei campioni della prepotenza, scusandosi con voce tremolante: «Lor signori sono uomini di mondo e sanno benissimo come vanno queste faccende… Fanno i loro pasticci tra di loro, e poi… ».
Don Abbondio già dava calci ai sassi come presto li avrebbe dati a Renzo e Lucia, e mai avrebbe colpito i bravi, mai don Rodrigo. Allo stesso modo anche Mirko Tremaglia mai darebbe calci ai pregiudizi feroci, ma solo a chi si mette di traverso ai pregiudizi, ai culattoni intanto, e anche – ricordate quell´altra parolina in rima dell´allora ministro Scajola? – ai «rompicoglioni», come quel Marco Biagi che a un altro genere di pregiudizi si era messo per traverso. Ecco il punto: don Abbondio, Tremaglia e Scajola sono solo dei pavidi d´intelletto e di cultura. Don Rodrigo sta altrove. Oggi come allora Don Rodrigo predica e impone un Dio di intolleranza e di prepotenza, un Dio di appetiti monolitici, eretto sui corpi di Pier Paolo Pasolini, di Giovanni Testori, di Carlo Coccioli e di mille altri, ma anche sull´arte di Franco Zeffirelli, sul pensiero di Gianni Vattimo, sulla cristianità dei sindaci di Parigi, Bertrand Delanoe, e di Berlino, Klaus Wowereit, il quale presentò la propria vincente candidatura al congresso socialdemocratico con queste parole ormai famose: «Io sono "schwul" (frocio) ed è anche bene che sia così». Ecco chi sono i moderni Renzo e Lucia: i culattoni di Tremaglia, gli adulteri, le donne costrette a ricorrere all´aborto o alla fecondazione assistita.

È il Dio di don Rodrigo che torna a fare capolino in Italia, un Dio triste e spavaldo, un Dio volgare, da bettola, che disconosce la paternità dei propri misteri, come l´omosessualità, per imputarla a trasgressione morale, a peccato degli uomini.

La parola peccato, che Rocco Buttiglione ha sagrestanamente rilanciato, in Italia è diventata una scimitarra in mano a polemisti atei, a libertini impenitenti e ad intellettuali agnostici e raffinati. Uno per tutti: Giuliano Ferrara, il cui mondo quadrato è come investito da una voglia di risarcimento e di penitenza contro il mondo tondo che egli ha abbandonato. È paradossale che proprio il suo Foglio, al quale ho riconosciuto, sulle colonne di questo giornale, coraggio, intelligenza e anticonformismo in nome della ricchezza delle opinioni, torvamente e sistematicamente adesso se la prenda con chi vuole difendere i diritti della minoranza, che non sono esercizi peccaminosi.

I comportamenti gay sono diversi dalla maggioranza dei comportamenti e non presumono di essere gli unici santificati da Dio. Ma certo non intralciano la convivenza civile, sono abitudini private che non confliggono con le leggi, non danneggiano l´economia e neppure, dove è necessario, le pratiche marziali né la diplomazia della pace. E perché mai due persone che si vogliono bene e pagano i contributi sanitari ed assistenziali non dovrebbero beneficiare della protezione e dei servizi dello Stato?

È come se in Italia Dio fosse finito in mano a degli stregoni che vogliono rendere ancora più ribollente il calderone dell´Occidente, alimentando le fiamme della passione con materiali di tutti i tipi, diabolicamente escludendo gli elementi refrattari al fuoco della loro stregoneria. Dunque basta con la tolleranza, con la ragionevolezza, con la fraternità, con l´uguaglianza dei diversi. Vogliono costruire un´antropologia islamica con materiali antiislamici, vogliono un Maometto cristiano, vogliono un´atmosfera da crociata, accettano il terreno dello scontro voluto dalla Jihad, vogliono un "Allah akbar", un Dio più grande del Dio degli altri.

Al Dio aggressivo di Bin Laden vorrebbero contrapporre un Dio altrettanto aggressivo, che è ignoto alla civiltà evoluta del Cristianesimo ed è rinvenibile soltanto al tempo delle Crociate, con la riesumazione del ciclo carolingio dell´opera dei pupi: da una parte Orlando e dall´altra Ferraù. Un Dio vendicativo che impicchi il prigioniero Saddam, che attacchi preventivamente la Siria e l´Iran, un Dio marziano che strangoli la dolcezza venusiana, il Dio, modello ed idolo, dell´universo dell´Islam dove si legittima la guerra psicopatica dei maschi turpi e mediocri contro la naturale grazia delle donne seducenti e imprevedibili.

Nel nome di questo Dio, maneggiato e mortificato da atei, in Italia vorrebbero fare sparire i colori tenui, riccamente ambigui perché polisemici, della nostra tensione religiosa e della nostra tradizione laica, dei nostri innocui Crocifissi, con i preti italiani chiamati a trasformare la croce in una durlindana.

Ma questo Dio, cacciatore di uomini, in Europa non c´è. Non c´è nell´Inghilterra di Tony Blair, non c´è in Polonia, non c´è in Romania, non c´è in Francia, in Germania nè in Spagna, non c´è in Olanda e non c´è, grazie al cielo, neppure in Italia. Lo si trova soltanto nei paesi arretrati, in paesi, come spiega l´americano Jeremy Rifkin ("Il sogno europeo", Mondadori) «che hanno la convinzione di essere il popolo eletto» e anche per questo sono fanatici.

Come tutti sanno, l´amministrazione Bush ha fatto suo il paradigma del fervore religioso e della cristianità in armi. Ed è per questo che alcuni nostri opinion makers stanno diventando i nuovi Alberto Sordi, la versione contemporanea del famoso ritornello di Renato Carosone, scambiano il Tevere con il Mississipi, conducono a Roma una ridicola campagna elettorale per Bush, di cui fanno le spese gli incolpevoli omosessuali, la ricerca scientifica, le cellule staminali, gli embrioni, le donne e il buon senso, tutti presi a calci come i sassi da don Abbondio.

Molti liberali hanno giustamente difeso il diritto alla esternazione illiberale di Buttiglione, e qualcuno di loro ha aggiunto che tutti i cattolici, non certo interpellati a uno a uno, avrebbero esecrato gli omosessuali con lo stesso vigore di Rocco Buttiglione, anche se non con le stesse parole. Grazie a Dio non è così. In Italia ci sono cattolici omosessuali, in pace con Dio, e la stragrande maggioranza dei cattolici eterosessuali sono in pace con gli omosessuali. È vero che si può edulcorare e glossare come «tecnicismo» l´espressione impegnativa di «peccato» pronunziata da Buttiglione. Ma si può nascondere sotto un tecnicismo linguistico una condanna senza appello, assoluta perché emessa da Dio, attraverso il suo profeta Buttiglione, una condanna alla Gehenna, alle fiamme dell´inferno? Ed è davvero liberale chiedere le dimissioni del fascista Mirko Tremaglia ma vezzeggiare con lo zuccherino il non fascista Buttiglione? È forse una questione di antifascismo, di no pasaran? No, l´idea di Tremaglia è la stessa di Buttiglione: il luogo comune sui culattoni è alimentato dal pregiudizio sui peccatori. Contro la stupidità dei luoghi comuni e contro la ferocia dei pregiudizi è dunque bene suonare le campane del nostro buono e vastissimo cattolicesimo che non si riconosce e mai si è riconosciuto in Buttiglione, del nostro laicismo, del nostro Dio: se dall´11 settembre siamo tutti americani, da oggi siamo tutti peccatori, e siamo tutti culattoni.


LA DEBOLE DIFESA DI TREMAGLIA
Da "Il Giorno" del 14.10.04 di Claudia Marin

«Ho offerto le mie dimissioni Ma gli italiani sono con me»
Il ministro nella bufera per le dichiarazioni sui gay «In migliaia mi hanno espresso solidarietà»
CASO TREMAGLIA «La sinistra ha strumentalizzato le mie parole»

ROMA — «Ho offerto le mie dimissioni ma sono state respinte. E il merito è tutto degli italiani, che hanno telefonato a migliaia per manifestarmi solidarietà». Mirko Tremaglia, ministro per gli Italiani nel mondo, commenta con soddisfazione l’epilogo della polemica scatenata dalla sua frase choc sugli omosessuali. «Gli italiani, migliaia di italiani di tutte le età — racconta il ministro — hanno capito che le mie parole non erano altro che una difesa della famiglia, dette con un pizzico di spirito goliardico. Perciò le hanno accolte sorridendo, con una benevolenza che mi ha commosso. Una bonarietà meravigliosa e lontanissima dalla truculenza della politica — aggiunge — Una buona fede intelligente, che alla fine ha salvato la mia posizione di ministro di fronte a quanti chiedevano le mie dimissioni».

I suoi telefoni, giura Tremaglia, scottano da ieri mattina e non per le chiamate dei nemici. «Anzi — precisa — non mi sarei aspettato parole così generose da parte di persone che non conosco». Un eccesso? «Forse. Ma è stato anche un eccesso gonfiare l’accaduto. Strumentalizzare le mie parole per cercare di farmi fuori, come ha fatto la sinistra». Scampato il pericolo dimissioni, sulla frase della discordia il ministro per gli Italiani nel mondo non indietreggia. «Non ho fatto altro che tradurre dall’inglese quella parola, gay, oramai di uso comune. Dalle mie parti si dice culattoni, più a sud si dice ancora in un altro modo. Mi sembra che il significato non cambi». Ma precisa: «Non intendevo offendere nessuno. Non capisco perché le mie parole abbiano fatto scalpore, mentre ogni giorno la stampa parla tranquillamente di lobby gay».

Il centro destra italiano, aggiunge il ministro per gli Italiani nel mondo, è solidale con lui. «Mi hanno abbracciato tutti a Montecitorio. Fini ha parlato di esagerazione da parte mia? Sono cose che si dicono. In realtà, so bene come la pensa Gianfranco. La pensa come me».

Di certo ha idee diverse Grillini, diessino, ex leader dell’Arcigay, che nell’Aula della Camera ha posto in rilievo le dichiarazioni di Tremaglia. «Quanto ha detto — ha dichiarato, tra l’altro, Grillini — sarebbe stato più grave se fosse stato soltanto una goliardata. Ma è stato scritto su carta intestata del ministero, quindi la posizione del ministro Tremaglia è la posizione del Governo». «Non intendo incentivare né sollevare polemiche — ha replicato Casini — ma tutti i cittadini del nostro Paese hanno diritto ad eguale rispetto e vanno salvaguardati nella loro dignità».


LA CENSURA TV
Da "L’Unità" del 14.10.04 di Delia Vaccarello

«La Destra offende i gay. E la tv pubblica nega il diritto di replica»
«Mettiamo insieme il vilipendio di governo e un’informazione poco democratica. Ed ecco che chi ha posti di potere si garantisce l’impunità, qualsiasi cosa dica»

ROMA Vilipendio di governo: il ministro Tremaglia ha preso la penna e la carta intestata del ministero e ha scritto che una maggioranza di “culattoni” governa l’Europa. Un caso isolato? Riecheggiano le parole di disprezzo indirizzate più volte dalla Lega alla volta degli immigrati. Torna alla mente la violazione del rispetto della donna insita nella legge sulla fecondazione assistita votata dalla destra. Dov’è finito il rispetto dell’altro da sé? Cioè il rispetto di ciascun cittadino, visto che tutti dobbiamo avere eguali diritti, compreso quello di non far parte di presunte maggioranze. Che cosa ha creato questo clima di licenza di vilipendio da parte degli esponenti del governo? E la televisione pubblica che fa? Si tratta di una licenza possibile perché è noto ai potenti che non tanto facilmente la vittima avrà diritto di replica? «C’è un’omofobia di Governo senza che sia possibile nelle tivù alcun contraddittorio. Da parte dell’estrema destra le espressioni volgari sono state spesso frequenti dentro e fuori al Parlamento. Oggi la mancanza di un’informazione democratica dà l’idea dell’impunità a chi occupa posti di potere e, forte di quel posto, disprezza». Risponde Franco Grillini, deputato Ds, scelto dall’elettorato proprio perché rappresentante adeguato a difendere diritti e libertà ignorati, in testa quelli degli omosex.

Grillini, che il maschilismo faccia parte della cultura di destra è noto, ma disprezzare i cittadini significa disprezzare le istituzioni democratiche. Che cosa determina questo clima di licenza?

La volgarità si è diffusa in questi anni anche per bocca dei rappresentanti della Lega che non hanno lesinato offese verso gay, lesbiche e immigrati. Nel caso di Tremaglia c’è di più. L’attuale ministro del governo Berlusconi non ha dimenticato nulla del suo passato di repubblichino di Salò. La sua non è stata affatto una goliardata. Lui è un residuato del governo fascista all’interno del governo attuale e portatore di una mentalità maschilista. A questo punto è il governo nella sua interezza che deve prendere pubblicamente le distanze. E deve farlo il presidente del Consiglio, cosa che ancora non è avvenuta. Finché non ci sarà una presa di distanza possiamo parlare di vilipendio e omofobia di governo.

L’informazione ha il ruolo di controllare chi ricopre ruoli di potere. Cosa succede in Italia?

La televisione pubblica e quella privata hanno dato la notizia minimizzandola senza dare la parola agli interessati, cioè alle lesbiche e ai gay. Questo governo riesce a controllare direttamente l’opinione pubblica attraverso le televisioni. Risultato: le vittime sono doppiamente vittime. Sono offese una prima volta e poi una seconda nella misura in cui non possono replicare. Questo avviene da tempo, noi lo abbiamo fatto presente alla commissione parlamentare di vigilanza Rai. Ieri l’altro i gay e le lesbiche, me compreso, sono stati intervistati dalle televisioni francesi, tedesche, inglesi. In Italia il silenzio.

In Parlamento cosa succede?

Ho chiesto la parola per commentare le affermazioni di Tremaglia. Dai banchi della destra si è levato un boato. E’ dovuto intervenire il presidente Casini. Basta come esempio? E’ una replica di ciò che avveniva quando c’erano i cori contro Niki Vendola.

Nell’uso del linguaggio è custodito il grado di civiltà di ciascuno di noi. Lei parla di vilipendio di governo e di censura da parte delle televisioni, due fenomeni in crescita negli ultimi anni. Questi attacchi avvengono nei confronti di tutte le cosiddette minoranze?

L’efferatezza nei confronti degli omosessuali sta tenendo banco. Il motivo è ben preciso, basta vedere lo scontro aperto su questi temi nella campagna elettorale americana. In Italia gli omosessuali non devono replicare per una precisa posizione del Vaticano. Lo abbiamo detto più volte: quando gli esponenti delle gerarchie cattoliche o della destra colpiscono la figura di gay e lesbiche abbiamo diritto a un contraddittorio. Ma qui entra in ballo il dibattito sulla famiglia. L’omosessuale viene usato dalle gerarchie cattoliche e viene presentato come l’anti-famiglia, una sorta di capro espiatorio. Buttiglione lo ha ribadito e, nonostante la bocciatura, è rimasto al suo posto di commissario europeo. In Italia questa operazione è possibile perché non esiste un’informazione democratica. L’accanimento lievita contro chi non ha difesa mediatica. Neanche il rispetto delle istituzioni, come abbiamo visto, oppone una diga. Occorre lottare per una informazione televisiva che si attesti almeno al minimo della sua funzione: dare diritto di replica.


L’OPINIONE DI LIDIA RAVERA
Da "L’Unità" del 14.10.04 di Lidia Ravera

Dovete proprio farvi riconoscere?

Se mi comportavo male da bambina, ed era abbastanza raro, quando venivo portata in società, mia madre, sulla via del ritorno nelle retrovie domestiche, sibilava con un tono odioso, una frase che mi faceva arrossire: “Dobbiamo sempre farci riconoscere?!”. Un rapido esame retroattivo delle mie impacciate mosse mi faceva identificare l’errore. In genere si trattava d’aver svelato qualcosa sulla condizione della nostra famiglia, una a caso delle infinite verità da panni sporchi che andavano lavate in intimità, lontano dal pericoloso giudizio del mondo. Il sottotesto era terribile: noi non siamo all’altezza, facciamo in modo che nessuno se ne accorga. Decine d’anni dopo, ho provato una sensazione simile, caro professor Buttiglione, quando lei, un filosofo, uno statista, uomo di studio e di governo, è stato bocciato al Parlamento Europeo (e non la salva d’ufficio il presidente Barroso, lei è fuori). Non che io abbia pensato mai, neppure per un attimo che voi, voi maggioranza, facciate parte della mia famiglia, o io della vostra, essendo la mia famiglia quella dell’opposizione, ma sono pur sempre un’italiana, mi piaccia o no, e all’estero godo quando si lodano i nostri calciatori, il rinascimento, gli spaghetti, le isole Eolie, Giuseppe Verdi, l’abitudine di schiacciare un pisolino dopo pranzo, Dante, Leopardi o Rossellini. Godo e mi vergogno, in relazione alle Nostre Italiche Virtù e alle nostre gaffes eventuali. Ultimamente, essendo per la maggior parte gente vostra, quella che ci rappresenta all’estero, mi capita più spesso di vergognarmi. Professor Buttiglione, ma le pare possibile, nell’ampio elegante contesto del Parlamento Europeo, esprimere le sue opinionucce da parrocchia? È vero come dice il suo collega professore Galli della Loggia che la maggior parte dei cattolici italiani avrebbe risposto come lei a un’eventuale domanda sugli omosessuali? Io non credo, conosco molti cattolici aperti e colti, ce ne sono anche di chiusi e bigotti, ma si esprimono in tinello, al bar, in parrocchia, non pretendono certo di rappresentarmi in Europa. Vede, professore, gli omosessuali, ormai da tempo, non sono più considerati gente infetta da curare in apposite strutture dalla lebbra dei loro gusti erotici o peccatori renitenti alla regola. I matrimoni non sono più quel vincolo sacro e indissolubile che soltanto Dio, in un eventuale attacco di buon umore, può interrompere. Il matrimonio, nonostante le ragioni etimologiche, che lei ha dottamente citato, non esiste per ”proteggere le madri” e consentire loro di produrre bambini mentre gli uomini producono soldi. Cioè: prima che io e lei nascessimo, era così. E io e lei non siamo di nascita recente. Da una quarantina d’anni, la faccenda si è ridisposta su un piano che non considera più le donne alla stregua di animali da procreazione. Uomini e donne, curano e guadagnano. Il matrimonio è un vincolo solubile sulla base della fine dell’amore. Una faccenda libera. Ovvietà? Ma certo che sono ovvietà. Spiace soltanto che – all’estero – dobbiamo essere giudicati in base all’arretratezza culturale di un singolo delizioso dormiente. Uno che ancora non si è svegliato dal coma indotto dallo shock seguito alle grandi battaglie di civilizzazione e svecchiamento, avvenute, nel Paese che dovrebbe rappresentare, circa trent’anni fa. C’è un limite all’espressione delle proprie ossessioni e/o opinioni, quando si rappresenta l’Italia in Europa. Lei comunque, ne convengo senza sforzo, professore, è persona educata e il suo eloquio, benchè un tantino curiale, è, nella forma, irreprensibile, anche il suo inglese, m’è parso di capire, pur se scolastico, è decente. Quello che proprio, in società, non si può portare è il suo collega di maggioranza, onorevole Tremaglia: l’Europa è in mano ai culattoni, ha detto. Un pensiero squallido espresso in modo adeguato, cioè con i peggiori cascami d’una lingua sessuofobica e scurrile. Complimenti, signori, ancora una volta siete riusciti a farmi arrossire. Dovete proprio farvi riconoscere?


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