La vittoria di Nichi Vendola

  

Da "Corriere della Sera" del 17.01.05 di A. Gar
E Nichi esulta dopo le polemiche «E’ finita la nomenklatura»
«Un terremoto politico: il popolo della sinistra ha mandato un messaggio chiaro, vuole unità»

Nichi Vendola al BariPride2003

Nichi Vendola al BariPride2003

BARI – Chiamati direttamente a uscire di casa e a decidere, uomini e donne elettori del centrosinistra in Puglia hanno prodotto la sorpresa e hanno premiato Nichi Vendola, ‘uomo con ‘orecchino ‘oro al lobo sinistro, il ragazzo ultraquarantenne che solo poco tempo fa ha presentato alla mamma Tonia il suo fidanzato.

Migliaia di voti, in particolare a Bari e negli altri capoluoghi di provincia per Nichi, che aveva detto «non ‘è cancello di fabbrica davanti a cui non abbia passato un’alba, non ‘è carcere, ospedale, comunità terapeutica in Puglia che io non conosca».

Vendola ‘era quando la gente difendeva ‘ospedale di Terlizzi, il suo paese, dalla chiusura, stava a Scanzano contro la discarica e a Melfi contro la Fiat. Nichi, appoggiato da Emergency, Arci, Pax Christi, tutte realtà di strada; mentre il suo avversario, Francesco Boccia, era presentato da Ds, Margherita, Sdi, insomma la crema della sinistra.

Gli elettori del centrosinistra hanno votato più con il cuore che con la testa, hanno scelto un omosessuale dichiarato, perché questo conta ormai poco – ed è un grande passo da registrare – piuttosto che il giovane perbene, tecnico, serio e sicuramente capace, ma tutto dentro u’equazione politica avvertita come fredda. Adesso se ne discuterà a Roma, dentro la Gad, un altro caso «Girotondi», strutture contro spontaneità, scelte dal’alto in discussione.

Vendola, cosa è accaduto in questa giornata in Puglia?

«’ accaduto un terremoto culturale e politico. Io credo che la gente si sia ribellata a u’idea della Puglia trasformata in un deserto da Raffaele Fitto, ‘attuale presidente della Regione, uomo di Forza Italia. Credo che oggi sia stata riaffermata ‘importanza del’unità a sinistra».

Ma ha vinto la sinistra radicale contro quella moderata.

«No, io dico che il conteggio dei voti conta meno della sfida lanciata oggi, sfida che sta sotto gli occhi di tutti. Con le primarie il centrosinistra ha aperto porte e finestre e ha detto basta con la nomenklatura. Il messaggio che parte da qui è questo: il centrosinistra è una grande avventura e ‘obiettivo è il cambiamento».

Ora il suo partito, Rifondazione, potrà chiedere di più al’interno della Grande alleanza democratica.

«Il problema non è in questi termini. Anche il mio partito deve stare fuori dalle logiche di apparato. Nessun partito dopo queste primarie deve fare un passo indietro, tutti i partiti, assieme, faranno un passo avanti. Oggi ha vinto la contaminazione delle culture, ha perduto il contrattualismo. Sulle pareti della mia stanza io mantengo i ritratti di Moro, di Salvemini, di Di Vittorio».

Dicono che comunque Fitto è più forte e ad aprile vincerà.

«La Puglia è oggi una regione spaventata, povera, con un reddito pro capite di 13.500 euro ‘anno contro i 27 mila della Lombardia. Io propongo il salario sociale e la lotta alla povertà con la cura della rete dei servizi sul territorio. E bisogna aiutare le nostre imprese a emergere dal sommerso, valorizzare cooperative e consorzi, ripristinare il primato della mano pubblica».

Cosa pensa del suo avversario, Francesco Boccia?

«Una persona pulita e preparata. Io ‘ho difeso quando ‘Alema non lo voleva. La nostra campagna elettorale è stata leale e corretta. Boccia è una risorsa per la nostra regione».


Da "’Unità" del 18.01.05 di Delia Vaccarello
L’omosessualità in politica paga?
Dopo l’elezione di Vendola, inchiesta sull’effetto Pride e sul bisogno di libertà

Un'immagine di Bari durante il Pride 2003

Un’immagine di Bari durante il Pride 2003

In politica ‘omosessualità paga, penalizza o non conta nulla? Ancora, c’è differenza tra destra e sinistra? La domanda s’impone dopo l’elezione di Niki Vendola deputato di Rifondazione Comunista, gay dichiarato e uomo della politica di lunga navigazione, a candidato del centrosinistra alle regionali in Puglia. In primavera affronterà lo sfidante in carica Raffaele Fitto. Impossibile non pensare al Bari Pride. I cinquantamila e più che solcarono le vie di Bari nel 2003 trascinando la città in una vera e propria festa hanno lasciato il segno. Le manifestazioni del’orgoglio omosessuale dal World Pride del 2000 in avanti, quando a Roma sfilarono un milione di cittadini impegnati a dimostrare che la libertà del’orientamento sessuale è un diritto di tutti, permettono alla tematica omosex di farsi strada nella società civile.

Effetto Pride. Questa ‘impressione di Vendola: «Faccio una considerazione solare. Il giorno del Gay Pride a Bari è stato ‘inizio della fine del sistema di potere del centro destra nel capoluogo della regione Puglia, quel giorno la destra si è scoperta incapace di capire la città». ‘omosessualità dunque è stata anche un segnale di apertura verso il nuovo? «Il pregiudizio abita i palazzi della politica molto di più di quanto incida nelle strade, nella società», aggiunge Vendola. Il pride ha anche u’altra caratteristica. Nello «spazio sacro» della città sembra segnalare ‘esistenza di una possibilità quasi «dimenticata». Ci dice che esiste ancora un luogo di tutti, la strada, dove non si paga il biglietto per entrare e dove si possono rinsaldare legami, riconoscersi cittadini, nutrire il sogno di «nuove famiglie umane». Il nostro scenario, in questo caso, è il meridione che chiede di essere capito. Vendola dice che la questione meridionale presenta tre aspetti: deriva del precariato, domanda di libertà, bisogno di rifondare la comunità. Il giorno del Bari Pride esigenza di comunità e domanda di libertà hanno sfilato insieme. Conclude Vendola: «Il giorno del Bari Pride fu un terremoto, a fare la differenza oggi è la capacità di intercettare la domanda di libertà».

Un vantaggio? A questo punto ci si potrebbe chiedere: oggi ‘omosessualità è una specie di vantaggio? Alessandro Cecchi Paone lo nega con decisione. Candidato alle europee per Forza Italia, dichiarò pubblicamente la sua bisessualità: «Baget Bozzo disse di non votarmi, Ferrara invitò a votare Gawronsky perché etero. Per essere eletto avrei avuto bisogno di circa settemila voti in più, attribuisco la loro mancanza a queste prese di posizione». A urne chiuse le cose non sono cambiate. «Sono il primo dei non eletti, ma Forza Italia, il mio partito, non mi coinvolge in nulla. Si parlò di me come portavoce, ma fu scelta la Gardini, perché non rappresenta i valori che io sostengo».

A pesare dunque è ben altro. Nel caso di Paone, l’area in cui si milita ha fatto la differenza, tanto più che il bravo giornalista aveva dalla sua una grande popolarità, fattore che in politica resta determinante. «Di fronte a un candidato adeguato, capacissimo sul profilo emozionale, preparato come Niki Vendola, ‘omosessualità non è più un ostacolo», sottolinea Franco Grillini. E’ questa, anche per il popolo di sinistra, la novità.

Nel caso dell’elezione di Grillini, poi, è chiaro l’effetto pride. Militante nel’associazionismo omosex dal’82, inizia dal’87 la serie di tentativi per entrare in Parlamento. Viene eletto il 13 maggio del 2001, cioè dopo il World Pride. «A Roma prima, poi a Padova e a Bari, abbiamo organizzato pride di popolo, cioè eventi politici capaci di interagire con la domanda di diritti e libertà della gente. Questa esigenza dovrebbe essere ‘anima della sinistra, come avviene nelle socialdemocrazie europee. Quando un politico, in gamba come Vendola, intercetta il desiderio di libertà della gente, ‘omosessualità non allontana, ma può anche favorire forme di condivisione emotiva. Gli si riconosce la capacità di portare il nuovo».

Tuttavia ancora, come dice Titti De Simone, deputata di Rifondazione comunista, lesbica dichiarata, anche lei eletta dopo la manifestazione per ‘orgoglio omosessuale del 2000 a Roma, «’omosessualità scompiglia le carte». Ma, ci chiediamo, su quali tavoli agisce con più energia? «Molti politici si preoccupano di tenere nascosto il proprio orientamento omosex. ‘è il timore di perdere in popolarità. ‘elezione di Niki Vendola dimostra che ciò che più conta è la capacità politica e che ‘omosessualità per i progressisti può essere un valore aggiunto. I gay portano una cultura di avanzamento civile. E la gente di sinistra ha dimostrato di credere che con un gay si può provare a sconfiggere il berlusconismo. Insomma, lesbiche e gay fanno bene alla politica».

Novità, popolarità, capacità politica non sono tutto. «Io credo che paghi l’onestà con cui una persona scende in campo, nascondersi dinanzi all’elettorato respinge», afferma Andrea Benedino, portavoce del Coordinamento omosessuali ds e assessore comunale a Ivrea nel settore scuola. L’onestà ha pagato a Gela, dove Rosario Crocetta del Partito dei comunisti italiani è coraggioso sindaco antimafia e non ha nascosto l’orientamento gay. Paga in Europa, come ricorda un comunicato di Arcigay: «Sia il sindaco di Parigi, Bertrand Delanoe, che quello di Berlino, Klaus Wowereit, non fanno mistero della propria omosessualità, riscontrando il sostegno e l’affetto dei propri concittadini.

Paga anche dove la presenza di un omosessuale è stata vista come l’incarnazione del «Male» dalla destra. Ricordate la polemica di Fini sui maestri omosessuali? Ecco cosa è successo ad Andrea Benedino, pochi mesi dopo l’incarico di assessore alla scuola: «Sia in campagna elettorale che dopo ho sempre parlato con genitori e prof e non ho taciuto la mia omosessualità. Alla chiusura dell’anno sono stato invitato da numerose scolaresche delle scuole materne della mia città».

Con Grillini concludiamo che quella omosex «è una delle cinque grandi questioni della politica in Occidente». Dunque, non paga, nè penalizza (a sinistra). È una realtà: tutti devono tenere gli occhi ben aperti.


Da "Corriere della Sera" del 18.01.05 di Aldo Cazzullo
La sfida di Nichi tra fabbriche e oleifici: credo in Dio e nel Sud
Comunista a 14 anni, si è dichiarato omosessuale a 20. Stima D’Alema e non odia Berlusconi. Scrive poesie e di sé dice: fatico a sorridere

Nichi Vendola

Nichi Vendola

La sua spiegazione non è politica ma poetica: «Ho vissuto accompagnandomi a quanti giacevano sotto la piramide sociale. Non c’è cancello di fabbrica davanti a cui non abbia passato un’alba, non c’è carcere, ospedale, comunità terapeutica in Puglia che io non conosca». La clamorosa vittoria di Nichi (non da Nicola; da Nikita, idolo del padre impiegato alle poste e comunista antistalinista) Vendola è la vittoria del radicalismo contro la ragionevolezza, il riformismo, forse anche la nomenklatura.

Ed è la prima elezione diretta, sia pure parziale, vinta da un omosessuale dichiarato. Omosessuale, non gay. Vendola non è un tipo allegro. «Narro l’oscenità del potere, libero frammenti di umanità ferita». Non sorride neppure sui manifesti: guarda l’elettore con occhi seri, scuri, di profondità ai limiti della cupezza. «Faccio fatica a sorridere al di fuori della mia sfera ludica». Ha gioito quando il Gay Pride sfilò a Bari, «Fini consigliò di chiudersi in casa e invece le popolane della città vecchia lanciarono petali dalle finestre come quando passa il Santo», ma non si riconosce nel lustrino e nella spensieratezza, tantomeno nel gossip: «Non amo dare un’immagine variopinta, pirotecnica. Dichiararsi non è pettegolezzo, è carne, fatica, sangue, dolore, emarginazione, offese, violenza».

Parla per esperienza, essendosi dichiarato nel 1978, quando aveva vent’anni e da sei era nella Fgci, con un articolo su un giornale da lui fondato, «In/contro». Titolo: «Le farfalle non volano nel ghetto». «E’ un verso che ho trovato in una raccolta di poesie scritte nel ghetto di Varsavia. E ho avuto tutte le difficoltà che potevo avere, nel partito, al Sud, al paese», Terlizzi, periferia di Molfetta, terra di braccianti. Per questo in passato non apprezzò le confessioni di bisessualità rese da altri politici, «una dichiarazione che si faceva a 18 anni per fiutare un po’ l’aria. Anch’io sono stato bisex, e avevo fidanzate bellissime. Sono stato sul punto di sposarmi due volte. Ma non ho mai raccontato bugie, ho sempre vissuto quei rapporti da omosessuale». Storie lontane, «ho avuto molti amori, ho amato anche donne – dice oggi -. Ho molto sofferto. Non mi sono mai arreso però, non ho mai permesso a nessuno di chiudere la mia storia dentro uno spigolo di rancore. Anche se mi hanno fatto di tutto». Tempo fa raccontò di quando «Gasparri di An venne a fare campagna elettorale nel ’94 e tentò di stroncarmi accusandomi di andare con i ragazzini, peraltro pagati per dirlo. Andò via con le pive nel sacco, mentre io ricevevo migliaia di lettere di ragazzi che mi dicevano grazie per avergli dato coraggio». Anche questa è una storia lontana, «oggi ho disimparato l’odio». Parla bene pure dei Ds, di cui aveva detto di «sentire l’artiglio»; anche perché si capisce bene che i diessini hanno votato per lui.

«La campagna elettorale è stata un viaggio. Un incrocio di volti e di storie, un racconto di espropriazioni e di marginalità. Ho aspettato gli operai al cambio turno dell’Ilva di Taranto, quando si chiedono a chi toccherà la prossima morte di fabbrica. Ho parlato con i padroni degli oleifici del Brindisino, impoveriti dalla crisi che abita la Puglia, cancella le grandi storie industriali di sapore neocoloniale come la chimica e la siderurgia, logora le piccole aziende nate dall’effervescenza degli Anni Ottanta. Sono stato nelle carceri. Come ogni anno, ho passato il Natale nella prigione di Trani e Capodanno in quella di Bari. Ho rivisto gli stessi volti, anche quelli di uomini che mi avevano minacciato, che mi costringono a vivere da 12 anni sotto scorta, che però ho smesso di considerare nemici». Un viaggio cupo e dolente come lui, ma pieno di energia e di ribellione, «perché il Meridione oggi è uno straordinario vulcano in ebollizione, un immenso teatro dove si recitano pièces che la politica non conosce, da cui sale una domanda di libertà».

Così Francesco Boccia, studioso dei bond regionali e brillante allievo della London School of Economics, ha preso dal poeta comunista e omosessuale una mazzata tremenda; come se le primarie democratiche le avesse vinte Jesse Jackson. E già si dice che il vero sconfitto è D’Alema, battuto due volte, come capo della sinistra riformista e come capo dei Ds pugliesi. «Io però con Massimo ho un rapporto affettuoso, e lo stimo. Lo conosco da 25 anni. Questo non mi ha impedito di avversarne fieramente le posizioni politiche». Certo il perdente non è Boccia, «bensì l’idea di costruire candidati in laboratorio, nella provetta del moderatismo. Lo schema artificiale di rincorsa al centro impedisce l’intelligenza delle cose, offusca la lettura delle viscere della società».

Dolenti anche la sua formazione, le sue letture: «Due grandi amori, Lorca e Pasolini. Ho letto Gandhi e Luther King prima di Gramsci e Marx, che pure sono stati importanti. E poi Neruda, Alberti, Pirandello, De Lillo, Dino Campana, Sandro Penna». Era già di Rifondazione quando c’era ancora il Pci: il movimento, il comunismo nonviolento che allora pareva e forse resta un ossimoro. «Sono cattolico e comunista, come la mia famiglia. Mi ha affascinato il pessimismo di Quinzio, ho amato i libri del cardinal Martini, e sono stato discepolo del vescovo di Molfetta, il mio vescovo, Tonino Bello». Ha anche firmato la prefazione dei suoi scritti, comincia così: «Io ero sull’altra riva, quindi ero un rivale». Dice di non aver rinunciato alla fede, di credere non alla rivoluzione ma alla conversione permanente, di confidare che Dio saprà capire anche quelli come lui, perché «Dio non è un tribunale islamico».

Nel tempo libero, sorride. «Mi piace ballare e arrostirmi al sole sulla spiaggia». Una volta spariva per 40 giorni in Marocco o in Sud America. Ora resta qui in Puglia con la mamma Tonia, e una settimana con il fidanzato su un’isola greca o spagnola. Cresciuto alla scuola di Dario Bellezza, ha pubblicato tre libri di poesie: Prima della battaglia , Lamento in morte di Carlo Giuliani e Ultimo mare , premio Manduria, in giuria Marcello Veneziani. «Ma scrivo anche filastrocche per bambini. Sarei un papà bravissimo». Per laurearsi in filosofia ha fatto il cameriere, il libraio e il correttore di bozze. Nella sua stanza, accanto al ritratto di Giuseppe Di Vittorio, tiene quelli di Gaetano Salvemini, Tommaso Fiore e Aldo Moro. Un’usurpazione? «No. Io credo nella coalizione di centrosinistra: non mi va di togliere i miei simboli e mi piace aggiungere quelli altrui. Mi piace Prodi, e non mi fa orrore la persona di Berlusconi; solo il suo personaggio. Non è un brigante; è il simbolo di un brigantaggio. Non dirò nulla contro la persona di Fitto, ma mi scaglierò contro il suo sistema feudale di potere. La nave corsara andrà all’arrembaggio dell’ammiraglia della destra». La sconfitta è quasi certa; proprio come lo era contro l’ammiraglia del centrosinistra che navigava placida nella grande bonaccia della ragionevolezza, ignara di quel che l’attendeva sull’altra riva.


Da "La Gazzetta del Mezzogiorno" del 18.01.05
‘Arcigay: la Puglia col voto a Vendola più moderna nel Sud
Grillini: fine di un tabù

BOLOGNA – «Ho sempre affermato che Niki Vendola sarebbe stato un candidato al’altezza per la presidenza della Regione Puglia e sono felice che questo giudizio sia stato condiviso dalla maggioranza degli elettori della Gad nel corso delle primarie pugliesi». Ha espresso soddisfazione per il risultato delle primarie del centrosinistra Franco Grillini, deputato Ds e presidente onorario del’Arcigay del quale è stato dirigente storico. Secondo Grillini, «Vendola, ex dirigente Arcigay fin dalla fondazione del’associazione nazionale, rappresenta quel rinnovamento della sinistra della libertà e dei diritti che, come a Parigi (dove è stato eletto il sindaco Delanoe, gay dichiarato) e a Berlino (dove il voto popolare ha confermato Wowereit alla carica di Sindaco), ha ormai un vasto consenso popolare». La Puglia – ha concluso Grillini – si conferma come la più moderna delle regioni del Sud e non possiamo non ricordare la gigantesca manifestazione del gay pride che si svolse a Bari due anni fa alla presenza corale di tutta la città».

Arcigay esprime soddisfazione per il «successo personale» di Nichi Vendola alle primarie del centrosinistra in Puglia, e lo considera «’ennesima dimostrazione del fatto che ‘omosessualità dei candidati non rappresenta un tabù per gli elettori, che premiano il valore individuale dei politici». «Il successo di Vendola – afferma il presidente di Arcigay, Sergio Lo Giudice – si unisce a quello di un altro politico del sud, Rosario Crocetta, coraggioso sindaco antimafia di Gela, eletto con ampio consenso popolare nonostante non abbia nascosto la propria omosessualità».


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