Son tutte belle le mamme dei gay

  

Manuel Gómez Pereira mette le mani avanti: «’omosessualità a volte è ancora vista come una perversione. Molta gente si innervosirà, ma a noi non importa: questo è un film opportuno, non opportunistico ». Non è certo il primo regista a firmare una pellicola che parla di amore omosessuale.

Ciak di febbraio 2005

Ciak di febbraio 2005

Ma è il primo a portare sullo schermo un matrimonio gay in piena regola, con tanto di abiti bianchi, formula canonica, invitati con gli occhi umidi e rituale bacio tra lo sposo e lo sposo, e tra la sposa e la sposa. Siamo nel’elegante sala da ricevimenti di un grande albergo, appena fuori Madrid, sul set della sequenza clou di Reinas, commedia prodotta da Warner Spagna e dal’italiana Lucky Red, il primo film su una "boda homosexual", cioè appunto un vero, ufficialissimo matrimonio gay. Se a dirigerlo fosse Pedro Almodóvar, probabilmente la sequenza della cerimonia proromperebbe sullo schermo con toni surreali e molto camp. Invece Gómez Pereira, conosciuto in Italia per due pellicole dal’umorismo irriverente come Off Key e Tra le gambe, ha voluto u’atmosfera sobria e misurata: niente sposi en travesti, niente personaggi eccessivi che rischiano di trasformarsi in macchiette, nessuno schiamazzo goliardico. "’ una scelta precisa: i protagonisti sono ragazzi come tanti, non drag queen."

Il film racconta con un pizzico ‘ironia il rapporto tra i figli gay e le loro madri, nei tre giorni precedenti il matrimonio dei ragazzi», dice il regista. Tra gli interpreti degli innamorati pronti al’altare ‘è anche il bravo Daniel Hendler, vincitore del’Orso ‘Argento come miglior attore in ‘abbraccio perduto al Festival di Berlino 2004. Nei panni delle "regine" del titolo, le cinque diversissime mamme degli sposi, ci sono invece le dive più affascinanti e pungenti del cinema iberico: Marisa Paredes, Carmen Maura, Verónica Forqué, Mercedes Sampietro e ‘argentina Betiana Blum. Sullo schermo incarnano, nel’ordine, una signora ricca infastidita dal pensiero che il suo rampollo sposi un ragazzo molto più povero, una proprietaria ‘albergo che capìtalizza la scelta sessuale del figlio organizzando il banchetto nuziale collettivo, una ninfornane che scivola in una relazione col futuro genero, una giudice spaventata dal pensiero che il figlio rimanga deluso (quanto lei) dalla vita matrimoniale, u’argentina chioccia che si installa a casa del suo «bambino" e del fidanzato. La trama è costruita su storie parallele destinate a incrociarsi solo nelle nozze finali, perciò le reinas sul set si sono incontrate poco, ma condividono u’opinione: se avessero davvero un figlio omosessuale sarebbero contente di vederlo felicemente sposato.

Opportunità che in Spagna sta per diventare reale, dopo che il primo ministro íberico Zapatero ha promesso di rendere legali le unioni civili tra persone dello stesso sesso. «’idea del film è nata tre anni fa» dice la sceneggiatrice Yolanda García Serrano, che ha già lavorato con Pereira in Off Key. «Non potevamo immaginare che la storia diventasse attuale, la pensavamo come una vicenda futuribile. I problemi dei protagonisti, comunque, r iguardano ‘influenza di questi matrimoni sulle loro relazioni personali e familiari, non ‘accettazione sociale, quindi non abbiamo operato cambiamenti al plot. E si tratta di una commedia, anche se ‘è qualche momento drammatico, inevitabile quando si raccontano rapporti tra madri e figli ».

Da parte degli autori, quindi, nessuna intenzione provocatoria. Ma è facile prevedere che il film scatenerà più di qualche polemica. «Sappiamo che Reinas infastidirà qualcuno, prima di tutto la Chiesa. Ma non ci preoccupiamo: le polemiche, in fondo, non sono che pubblicità » sorride Gómez Pereira. «Il pubblico di certo capirà lo spirito del’opera: non è una pellicola militante né una farsa, ma una commedia dal’umorismo sottile, che parla di sentimenti e vuole soprattutto divertire».


The Gay After
di Elisa Grando
Oggi sono sempre più numerosi i film che parlano di amore omosessuale senza i veli dei passato e senza più confini di genere. Da La finestra di fronte a Monster, ecco i titoli che hanno conquistato il successo e il grande pubblico.

Kevin Kline in In&out

Kevin Kline in In&out

Tutto è cominciato con In & Out: era il 1997 e con questa ironica commedia di Frank Oz, che univa in un bacio appassionato Kevin Kline e il virilissimo Tom Selleck, il cinema sdoganava il tema del’omosessualità dalla commedia grottesca e dal film drammatico per consegnarlo definitivamente al genere sentimentale mainstream. Da allora ‘essere gay ha smesso di rappresentare un problema dei protagonista per diventare semplicemente un dato detta trama.

I temi sono gli stessi delle storie con protagonisti etero: la difficoltà di superare un tradimento, come in Happy Together di Wong Kar-wai (1997), la confusione tra amore e amicizia (saffiche) in Kissing Jessica Stein di Charles Herman Wurmfetd (2oo1), il logoramento della vita more uxorio in Gocce ‘acqua su pietre roventi di François Ozon (1999), ‘entusiasmo dei giochi fra le lenzuola in Giovani, carini e disoccupati di Ben Stiller (1994). E ancora: il desiderio di compiacere ‘amante a tutti i costi, come fa la serial killer lesbica di Monster di Patty Jenkins (2oo3), ‘impossibilità di gestire una storia ‘amore e un successo travolgente, come in Velvet Goldmine di Todd Haynes (1998), lo spaesamento di fronte alla vita sessuale deì genitori, come nella commedia dal titolo più che esplicativo A mia madre piacciono le donne delle spagnole Daniela Fejerman e Inés Paris (2oo2).

Fucking Amal

Fucking Amal

Anche il filone adolescenziale ha cominciato a rappresentare con meno timidezze ‘amore gay, come dimostrano il delicato Fucking Amàl di Lukas Moodysson (1998), piccolo film svedese sullo sbocciare del sentimento tra due ragazzine, Krampack di Cesc Gay (2ooo), che racconta le prime scoperte omosessuali di un adolescente in vacanza, e il fortunato ‘altra metà del’amore di Léa Pool (2ooi), storia della travolgente passione fra due collegiali. Tra i film italiani vanno ricordati Figli di Annibale di Davide Ferrario (1998). dove un inedito Diego Abatantuono fugge con ‘amante carabiniere, e i film di Ferzan Ozpetek: da Hammam – il bagno turco (1997) a La finestra di fronte (2oo3) e soprattutto Le fate ignoranti (2ooi) che rivela allo spettatore, e allo sguardo attonito di una moglie, il legame tra il marito e il giovane amante, vissuto per anni con disarmante ordinarietà.

Dei resto, la prova inequivocabile che ‘amore omosessuale è ormai parte integrante delle love story da grande schermo è che ‘imbarazzo nel’interpretare ruoli gay è stato ormai superato anche dai miti virili e dalle icone sensuali di Hollywood. Basti pensare a Colin Farrell e Dallas Roberts che ballano abbracciati sul grande terrazzo in Una casa alla fine del mondo di Michael Mayer, o al’erotismo ambiguo di Gael Garcia Bernal in La Mala Educacion. Oppure ai film che arriveranno in sala nei prossimi mesi: Head in the Clouds di John Duigan, che unisce in un rapporto saffico Charlize Theron e Penélope Cruz, e il primo vero western con risvolti omosessuali, Brokeback Mountain di Ang Lee, che racconta la storia ‘amore tra due cowboy (Heath Ledger e Jake Gyllenhaal) nel Wyoming degli anni’6o.


Quando non si poteva dirlo
di Elisa Grando
Velati: così i gay definiscono quelli che si mascherano da eterosessuali, non osando rivelare la propria omosessualità.

Hollywood per anni, praticamente sino a Festa per il compleanno dei caro amico Harold, ha deliberatamente eluso, deviato, censurato il fattore gay" dalle proprie storie. Come ha del resto ricostruito il critico italo-americano Vito Russo in Lo schermo velato (Baldini & Castoldi), testo fondamentale da cui Rob Epstein e Jeffrey Friedman hanno tratto uno straordinario documentario di montaggio nel 1995.

Infatti mentre la Germania degli anni’20 "osava" esibire e difendere ‘amore tra uomini (Anders als die Anderen, di Richard Oswald, 1919 o Mikael, 1924, del maestro Carl Theodor Dreyer) o donne (il capolavoro Lulu, 1929, di G. W. Pabst), gli Usa glissavano sul’argomento. Anzi, per ribadire il mito invincibile della virilità eterosessuale, crearono lo stereotipo dei sissy, ‘effeminato di tante commedie sofisticate degli anni ruggenti e oltre. Attori come Franklin Panghorn o Edward Everett Horton si specializzarono nella parte di maggiordomi, giornalisti, musicisti delicatini e poco propensi al fascino femminile, in una caratterizzazione che fu nel dopoguerra proseguita dai vari Clifton Webb e George Sanders. Il codice Hays di autocensura del resto era ineludibile. Le storie ad argomento gay furono modificate, censurate, alleggerite sino al’incomprensibile.

Solo oggi riusciamo a cogliere nei protagonisti di tanti drammi (spesso teatrali) personaggi evidentemente gay, come in La calunnia (1936, rifatta nel 1962 più esplicitamente dallo stesso regista William Wyler con il titolo Quelle due), Giorni perduti (1945), La gatta sul tetto che scotta (1958), Un tram che si chiamo desiderio (1951), Gioventù bruciata (1955), Nodo alla gola (1948), Tè e simpatia (1956). E ancora: Odio implacabile (1948) spostò la causa dei raptus omicida dal’omosessualità al razzismo, in Il mistero dei falco (1941) "velati" appaiono i personaggi di Peter Lorre e Elisha Cook jr.. Protagoniste di folgoranti drammi cercavano di non enfatizzare il loro lesbismo, come ‘Anne Baxter di Eva contro Eva (1950) o la Bacall di Chimere (195o). Anche il cinema più popolare ebbe le sue brave omissioni. Chi poteva sospettare passioni "indecenti" in pistoleri come ‘Anthony Quinn di ‘ultima notte a Warlock (1958) o lo Stephen Boyd di Ben Hur (1959) e il Laurence Olivier di Spartacus (196o)? E se coi’70 finalmente "si poteva dirlo", bisogna ammettere che, ancor oggi, la strada cinematografica dei gay non è ancora del tutto sgombra.


Mondo gay – La terza metà del cielo
di Massimo Lastrucci
Non hanno mai avuto vita facile gli omosessuali, sullo schermo come nella vita. Nonostante questo, sono diventati protagonisti di opere eccellenti e non solo ai nostri giorni, in cui festival di settore e una produzione continua li sostengono. Ecco i preferiti di Ciak (a cui vorremmo aggiungere almeno "Quel pomeriggio di un giorno da cani")

1
Domenica, maledetta domenica

Di John Schlesinger (1971). Con Peter Finch, Glenda Jackson, Murray Head. Un medico ebreo di mezza età e una divorziata si dividono cuore e grazie di un giovane scultore egocentrico. Quando questi se ne va negli Usa, ai due non resta che dividere una sconsolata solitudine. Una splendida regia di atmosfera coglie nei dettagli le vite quietamente disperate di gente comune. ‘improvviso successo (4 nomination agli Oscar e un Golden Globe) stimolò ‘inglese Schlesinger a lavorare per un p’ in America.

2
La legge del desiderio

Di Pedro Almodòvar (1987). Con Eusebio Poncela, Carmen Maura, Antonio Banderas. Un famoso regista si innamora di un ragazzo possessivo sino al’omicidio. Almodóvar, non ancora idolo giobalizzato, sciorina i fiori del suo giardino: mélo, grottesco, noir e gusto per le provocazioni ardite, tra cui, efficace, quella di Carmen Maura nei panni di un romantico transessuale.

3
Philadelphia

Di jonathan Demme (1993). Con Tom Hanks, Denzel Washington, Antonio Banderas. Ferito dalle accuse di omofobia per il suo Il silenzio degli innocenti, Demme realizza un tesissimo docudrama su un avvocato gay licenziato cla[ suo studio perché ammalato di Aids. Al servizio di una doverosa battaglia civile allora di trepidante attualità, gli attori danno il massimo. Infatti al protagonista Tom Hanks, impegnato in un ruolo straziante, tocca il meritato Oscar.

4
Festa per il compleanno del caro amico Harold

Di William Friedkin (1970). Con Leonard Frey, Cliff Gorman. Per la prima volta il mondo gay viene descritto da Hollywood senza ribrezzo, disprezzo o sarcasmi. Da un successo di Broadway, la cronaca "spietata" di un party, in cui i partecipanti (nove, di cui uno etero) rivelano umanità, crudeltà e debolezze. Più tardi Frieclkin si sarebbe fatto odiare dai gay con il cupo e torbido Cruising (1980).

5
Una giornata particolare

Di Ettore Scola (1977). Con Marcello Mastroianni, Sophia Loren. Roma, 1938. Mentre Hitler è in visita ufficiale a Roma, una casalinga madre di 6 figli conosce il vicino di casa, ex annunciatore radiofonico omosessuale in partenza per il confino. Anche la fotografia virata di Pasqualino De Santis dà il suo contributo per questo splendido e amaro piccolo affresco storico di Scola. Per Mastroianni, nomination agli Oscar.

6
Happy Together

Di Wong Kar-wai (1997). Con Tony Leung Chiu-Wai, Leslie Cheung. Cronaca di amore, emigrazione e sradicamento. Due giovani cinesi a Buenos Aires si amano, si tradiscono, si lasciano. Stile sublime (e fotografia raffinata di Chris Doyle) per un raggelato mélo che vince il premio per la regia a Cannes.

7
La moglie del soldato

Di Neil Jordan (1992). Con Stephen Rea, Forest Whitaker, Jaye Davidson. Un militante del’Ira stringe amicizia con il suo prigioniero, un militare di colore. Dopo ‘esecuzione di questi, il terrorista va a Londra in cerca della ragazza evocata dal soldato. Varie scoperte manderanno definitivamente. in tilt il suo sistema di valori. Oscar alla sceneggiatura e 5 altre nomination per una storia che sorprende a ogni curva.

8
Querelle de Brest

Di Rainer Werner Fassbinder (1982). Con Brad Davis, Franco Nero, Jeanne Moreau. Film ingombrante, sofisticato e gelidamente splendido. Dal maledetto Jean Genet, il canto ‘amore postumo di Fassbinder (esce dopo la sua morte) il marinaio Querelle, evidente oggetto dei desiderio del capitano Sablon, in una notte aranciata e brunita a Brest (tutto è girato in studio, da qui anche ‘indefinibile atmosfera claustrofobica), si getta in un tour de force di perdizione e delirio. Brad Davis (già in Fuga di mezzanotte, altro gay movie di culto) morirà di Aids nove anni dopo.

9
Il bacio della donna ragno

Di Hedor Babenco (1985). Con William Hurt, Raul Julia Sonia Braga. Nel carcere di un paese sudamericano sotto dittatura, un gay e un rivoluzionario si scambiano valori, affetto e solidarietà. Da un "perfetto" romanzo di Manuel Puig, un elegante film ‘attori con William Hurt sul’altare (premi a Cannes e Oscar).

10
Il vizietto

Di Edouard Molinaro (1978). Con Ugo Tognazzi, Michel Serrault. Al’inizio ‘è la commedia teatrale, poi, dopo il successo internazionale (Cesra, David e Globo ‘oro per Serrault), due seguiti (di volta in volta sempre più mosci) e un remake hollywoodiano (Piume di struzzo, 1996).


  •