Papa: la crociata (non vinta) contro i gay

  

Anche nelle battaglie che non ha vinto, Giovanni Paolo II si è dimostrato un formidabile combattente. La meno vincente delle sue crociate è forse quella contro la libertà sessuale che nella seconda metà del novecento è dilagata nel’occidente secolarizzato e al’inizio del nuovo millennio si sta allargando al’intero pianeta, malgrado le violente reazioni contrarie dei fanatismi ideologici e religiosi di varia tradizione. Il papa cattolico e pacifista si è trovato alleato in questa guerra con nemici storici come integralisti islamici, ebrei ultraortodossi, protestanti veterotestamentari e perfino, in qualche caso, populisti atei. E il fatto che si possa dire oggi che nel’arco della sua esistenza terrena non abbia vinto, non vuol dire che non sia stato in grado di provocare danni. Temi caldi dello scontro, la difesa della famiglia tradizionale, la condanna delle pratiche e delle relazioni omosessuali, il no al’aborto, al’uso degli anticoncezionali e del preservativo, quan’anche utilizzato come difesa contro ‘Aids e le altre malattie a trasmissione sessuale.

Ma guardando al’«impero del male» costituito dalle incipienti libertà individuali e sessuali, ‘ossessione che distingue in modo particolare questo pontificato militante da tutti quelli che lo hanno preceduto è la poderosa battaglia di retroguardia scatenata contro ‘omosessualità. ‘ innanzitutto una questione di linguaggio e strategie di lotta, motivata dal fatto che proprio durante il pontificato di Wojtyla i diritti delle persone omosessuali sono diventati una questione politica mondiale.

Per limitarci al `900, basti dire che prima di Giovanni Paolo II interventi papali diretti per condannare ‘amore tra persone dello stesso sesso sono stati praticamente inesistenti. Finché «il peccato contro natura», pur essendo vecchio quanto la natura e molto più antico della chiesa cattolica, era un tabù culturale, bastava il silenzio. ‘amore omosessuale, ancorché diffusissimo, era il peccato innominabile per eccellenza secondo la morale ufficiale dettata dalla chiesa.

Le cose iniziarono a cambiare con Paolo VI, quando il Vaticano, con un documento «Su alcune questioni di etica sessuale» datato 29 dicembre 1975 e reso pubblico qualche settimana dopo, condannò esplicitamente ‘omosessualità, insieme al’aborto alla masturbazione e al’uso di contraccettivi. Quel documento, comunque, raccomandava ai pastori di anime «comprensione» verso le persone omosessuali e stabiliva una distinzione tra ‘inclinazione e il comportamento omosessuale, affermando che la prima «benché non sia in sé peccato, costituisce tuttavia una tendenza, più o meno forte, verso un comportamento intrinsecamente cattivo dal punto di vista morale».

Da questo bastione teorico partì Wojtyla, tendendo però a privilegiare la condanna del peccato anziché la comprensione per i peccatori. Nel’ottobre `79, negli Usa, lanciò un avvertimento ai cattolici liberal che vedevano di buon occhio alcune rivendicazioni del movimento gay bollando ‘omosessualità come condotta «moralmente disordinata». Ma per avere una trattazione più sistematica del’argomento bisogna attendere ’86, quando venne diffusa una lettera ai vescovi «Sulla cura pastorale delle persone omosessuali» firmata da Ratzinger e ovviamente condivisa dal papa. Il testo ribadiva il carattere immorale del’omosessualità e definiva gli atti omosessuali come «intrinsecamente disordinati e tali che non possono essere approvati in nessun caso». Invitava i vescovi a «ritirare ogni appoggio» ai gruppi gay cattolici e affermava che la dottrina ufficiale della chiesa «non può essere mutata sotto la pressione della legislazione civile o della moda del momento». E sosteneva, con riferimento al’Aids, che «la pratica del’omosessualità sta minacciando seriamente la vita e il benessere di un gran numero di persone».

Tornò a esprimere una condanna nel’enciclica Veritatis Splendor (`93) e con maggior forza in un discorso ai fedeli da San Pietro del 20 febbraio `94. Dodici giorni prima il parlamento europeo aveva approvato la prima importante risoluzione a favore dei diritti di gay, lesbiche e transessuali e Giovanni Paolo II decise di reagire prontamente. Da allora gli anatemi papali si sono progressivamente infittiti, con una frequenza pari alla loro efficacia sempre minore.

World Pride 2000

World Pride 2000

Per il Natale del 1998, Wojtyla interviene in difesa del matrimonio a un meeting di politici europei, spiegando che «sarebbe spiacevole nel lungo termine se le leggi, non basate più sulla legge naturale ma sulla volontà arbitraria degli individui, dovessero dare lo stesso statuto giuridico ai differenti generi di vita in comune». Un mese dopo, incontrando gli avvocati della Sacra Rota, dichiara invece che «si rivela quantomai incongrua la pretesa di attribuire una realtà coniugale al’unione fra persone dello stesso sesso». Nel giugno `99, poi, ammonisce che «quando le leggi, che dovrebbero essere al servizio della famiglia, si rivolgono contro di essa, acquistano u’allarmante capacità distruttiva». Ribadisce il concetto in diverse occasioni prima della fine del’anno, ma il grande show arriva nel luglio 2000, al’indomani del Worldpride organizzato a Roma, in pieno Giubileo, dal movimento gay, lesbico e transessuale. Vi partecipano circa 200.000 persone e il giorno dopo, al’Angelus domenicale, il papa parla di «amarezza, affronto, offesa per Roma, per i sentimenti cristiani e per il Giubileo». Agli omosessuali arrivati da ogni parte ‘Italia e del mondo nella «sua» città per chiedere rispetto risponde con una nuova scomunica, pur arrampicandosi un p’ sugli specchi nel condannare ogni forma «di marchio e discriminazione» nei loro confronti. Per il comune buonsenso il ragionamento è difficile da seguire, ma per la dottrina cattolica le cose sono più semplici di quel che sembrano: anche i gay e le lesbiche sono chiamati a «realizzare la volontà di Dio nella loro vita», rimanendo casti e soprattutto zitti. Se si comporteranno così non ci sarà motivo di condannarli o discriminarli.

Parallelamente alle prese di posizione personali, il papa scatena una offensiva culturale senza precedenti, con ‘assistenza di Ratzinger e della curia romana e con un duplice obiettivo: difendere la chiesa dal’ormai infamante accusa di omofobia e controbattere colpo su colpo le idee e le politiche favorevoli ai diritti degli omosessuali con un linguaggio più moderno dei tradizionali anatemi. Si accumula così in breve tempo u’enorme quantità di dossier della stampa cattolica, manuali e catechismi in cui la condanna del’omosessualità è espressa non solo come articolo di fede ma anche in termini medici, giuridici, antropologici e sociologici. E siccome neppure questo basta a bloccare ‘ondata di leggi che in Europa e in America vietano di discriminare gli omosessuali e riconoscono perfino le loro unioni, il papa non smette di affrontare il tema in prima persona. Il maggior numero di discorsi e raccomandazioni contro i diritti degli omosessuali è infatti di questi ultimi anni, senza variazioni teoriche significative. Anche nel’ultimo libro di Wojtyla si afferma che i matrimoni gay fanno parte di una nuova «ideologia del male».


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