Il matrimonio in Spagna

  

Introduzione

Chi può sposarsi in Spagna? – Come si ottiene la residenza in Spagna – L’empadronamiento – La residenza – La cittadinanza spagnola – L’anagrafe consolare

Il matrimonio civile: requisiti, pratica, documenti e celebrazione – I requisiti di capacità matrimoniale – La pratica matrimoniale – Presentazione della domanda – Dove ci si sposa – La celebrazione – Traduzione dei documenti, legalizzazione e interprete – In caso di rifiuto di celebrare il matrimonio

Il rapporto matrimoniale – Diritti e doveri nascenti dal matrimonio – Il regime patrimoniale. – a) La comunione legale – b) Il regime di separazione – c) Il regime di partecipazione

La separazione e il divorzio. – a) La separazione – b) Il divorzio e lo scioglimento del matrimonio – c) Effetti comuni alla separazione e al divorzio

Successione, eredità e testamento

Questo studio è aggiornato al novembre 2005. Sebbene le informazioni che contiene siano corrette, non si accettano responsabilità per nessun errore o omissione che possa essere occorsa. Si ringraziano quanti comunicheranno eventuali sviste o forniranno ulteriori informazioni all’indirizzo [email protected]

 

Introduzione

Con la legge 13/2005, la Spagna ha cambiato il proprio diritto di famiglia, estendendo la possibilità di contrarre matrimonio civile anche alle coppie formate da due donne o due uomini. Tale riforma giuridicamente si è potuta realizzare semplicemente modificando l’articolo 44 del codice civile, nel quale si è specificato che il matrimonio richiede gli stessi requisiti e produce gli stessi effetti quando a contrarlo sono due persone dello stesso o di diverso sesso.
Questa modifica tanto semplice ha altresì esteso ai coniugi omosessuali il diritto di adottare congiuntamente, oltre che quello di adottare l’uno i figli dell’altro, biologici o adottivi che siano. Ciò, addirittura, senza bisogno di modificare la legge sull’adozione: visto che tale legge prevede che l’adozione sia permessa congiuntamente solo alle coppie sposate, l’estensione ai matrimoni omosessuali è infatti stata automatica. Va ricordato che ormai da anni la legge spagnola consente alle persone single di adottare, indipendentemente dall’orientamento sessuale (quindi già prima di questa riforma le persone omosessuali godevano di questo diritto). Questa riforma spagnola, come molti sanno, si aggiunge alle altre similiari occorse in Olanda, Belgio e Canada, unici altri paesi che riconoscono alle coppie omosessuali il diritto di sposarsi.
All’interno della Comunità europea sono ormai pochissimi gli stati, tra cui l’Italia, che non prevedono nessuna forma di riconoscimento giuridico per tali coppie. In Italia il Parlamento è impegnato ormai da tanto tempo a studiare il progetto di legge che istituisce i Patti civili di solidarietà (PACS).
Si sottolinea che in Spagna, accanto al matrimonio, continueranno ad esistere le leggi e i registri delle coppie di fatto, che sono giuridicamente e concettualmente differenti dal matrimonio e riguardando allo stesso modo sia le coppie eterosessuali sia quelle omosessuali.

Nella legge spagnola 13/2005 non c’è una norma che specificamente regoli i matrimoni tra spagnoli e stranieri o tra stranieri (si considera tale, colui che non è cittadino, ovvero non ha la nazionalità spagnola); e ciò ha determinato, in fase di prima applicazione della legge, che alcuni giudici incaricati delle pratiche matrimoniali, abbiano ritenuto di poter celebrare il matrimonio tra persone omosessuali solo quando a contrarlo fossero due cittadini spagnoli.
Tale interpretazione, non corretta, è stata rigettata da una risoluzione del 29 luglio 2005 della Direzione Generale dei Registri e del Notariato, massimo organo spagnolo in materia di Registri civili.
In tale Risoluzione si afferma che il matrimonio tra persone dello stesso sesso può essere validamente contratto in Spagna sia dalle coppie formate da un cittadino spagnolo e uno straniero, sia da quelle formate da partner entrambi stranieri, poiché la legge nazionale spagnola, in questo caso, prevale sulle leggi personali dei coniugi.
La celebrazione del matrimonio può avvenire oltre che in Spagna, anche all’interno delle rappresentanze diplomatiche spagnole all’estero, però questo nel rispetto dei limiti previsti dalle convenzioni internazionali che regolano i rapporti diplomatici.
La Risoluzione affronta anche il tema del c.d. ‘turismo matrimoniale’: con tale espressione ci si riferisce alle coppie omosessuali che non avendo la possibilità di sposarsi nel proprio paese possono decidere di recarsi in Spagna per farlo. La Risoluzione, ritenendo probabile (probabile o legittimo?) tale fenomeno, ha precisato che ogni pratica matrimoniale deve essere autorizzata nel rispetto dell’intera procedura legale richiesta e di tutto ciò che essa presuppone. Ciò significa che gli stranieri omosessuali possono sposarsi in Spagna, ma nel pieno rispetto delle sue leggi.
Nella Risoluzione si chiarisce, infine, che il matrimonio contratto in Spagna dalle persone omosessuali straniere potrebbe non essere riconosciuto nei paesi in cui questo non è ammesso dalla legge e che, tuttavia, tale profilo riguarda solo il diritto dei paesi nel quale il matrimonio voglia farsi valere mentre rimane estraneo per l’ordinamento e le autorità spagnole.
Attualmente è pendente dinanzi al Tribunale costituzionale un ricorso del partito politico PPE, che richiede la dichiarazione di inconstituzionalità della legge 13/2005; tuttavia, la presentazione del ricorso non incide sull’applicazione della legge.
Che cosa devono fare, dunque, le coppie omosessuali straniere che vogliano sposarsi in Spagna? Quali disposizioni devono rispettare?
Questo articolo ha l’obiettivo di fornire un aiuto pratico e giuridico. Le informazioni che contiene sono valide tanto per le coppie omosessuali quanto per quelle eterosessuali.

a cura di Antonio Rotelli

INDIETRO

Chi può sposarsi in Spagna?

La legge matrimoniale spagnola si applica a tutte le persone, cittadini o stranieri che siano, di uguale o differente sesso.
Il matrimonio si può celebrare a condizione che:
1) almeno un membro della coppia abbia la residenza legale in Spagna;
2) che entrambi abbiano tutti i requisiti di capacità matrimoniale.

Come si ottiene la residenza in Spagna

Ottenere la residenza in Spagna è semplice per i cittadini della Comunità europea, ma bisogna fare attenzione nel caso in cui si decide di risiedere in Spagna con l’unico fine di contrarre matrimonio, in quanto, come si dirà, la celebrazione del matrimonio prevede il previo esperimento di una pratica matrimoniale, della quale è responsabile un giudice, che ha potere di impedire il matrimonio, tra l’altro, se rileva che la residenza in Spagna è fittizia ovvero finalizzata unicamente a contrarre il matrimonio. La residenza deve essere effettiva, ovvero, si deve aver vissuto, si deve vivere o si deve aver progettato di vivere in Spagna in maniera stabile, eventualmente svolgendovi il proprio lavoro, etc. Bisogna dimostrare, laddove venga richiesto, che la permanenza in Spagna non è momentanea.
Dal punto di vista formale e legale la residenza degli stranieri è certificata dal Ministero degli Interni. I cittadini comunitari non necessitano di alcuna autorizzazione, ma devono adempiere ad alcune formalità.
Oltre alla residenza, la legge spagnola prevede l’obbligo della registrazione del domicilio, di competenza esclusivamente comunale (ayuntamiento), che si attua iscrivendosi in un registro amministrativo chiamato "Padrón".
Trascorsi alcuni anni in Spagna, si può anche decidere di acquistarne la cittadinanza.

L’empadronamiento

Tutte le persone che vivono in Spagna hanno tanto il diritto quanto il dovere di essere "empadronadas";, cioè di iscriversi nel registro chiamato "Padrón"; del comune (Ayuntamiento) dove risiedono. Nel caso si risieda in più comuni contemporaneamente è richiesta l’iscrizione solo nel registro del comune dove si vive la maggior parte del tempo durante l’anno. Il registro ha la sua rilevanza essenziale nell’ambito comunale, poichè non attribuisce il diritto a resiedere legalmente in Spagna (competenza questa del Ministero dell’Interno), ma certifica il domicilio dell’iscritto. Con l’iscrizione si diviene "vecino" del comune nel quale si vive. La popolazione di una città è data dal numero dei vecinos iscritti nel Padrón.
Con l’iscrizione si acquistano una serie di diritti come quello di accedere ai programmi di protezione sociale o di educazione, di assistenza ai lavoratori, di aiuti per l’affitto, di partecipare alle elezioni amministrative (se si è cittadini comunitari), di ottenere gli sconti sui mezzi pubblici, etc. L’iscrizione da anche diritto all’assistenza sanitaria, in quanto dopo l’iscrizione lo straniero può chiedere il rilascio della tessera sanitaria e godere della stessa assistenza di cui godono i cittadini spagnoli.
Il Padrón, come detto, è tenuto presso l’Ayuntamiento.

Dove e come iscriversi

L’ufficio competente a ricevere le richieste di iscrizione è quello di Estadística dell’Ayuntamiento oppure gli uffici comunali distaccati presso i quartieri (equivalenti alla circoscrizioni dei comuni italiani, più o meno) che si chiamano Juntas de Distrito. La domanda consiste in un modulo da compilare, accompagnato usualmente dai seguenti documenti:
– Originale e fotocopia del documento di identità personale in vigore o ‘tessera di residenza’ (viene spiegato nel paragrafo successivo di che si tratta);
– documento che attesti con certezza che si sta vivendo effettivamente nell’abitazione indicata (atto di proprietà della casa, contratto di locazione, oppure, in mancanza di ciò, bolletta del telefono, dell’acqua, dell’elettricità intestata al richiedente etc.; ancora: se si coabita con altre persone potrebbe essere sufficiente una dichiarazione firmata della persona più anziana coabitante e già iscritta nel Padrón);
A richiesta del vecino iscritto, il comune rilascia la Certificación del Padrón o il volante. Questi sono due certificati pubblici, che hanno valore legale a tutti gli effetti amministrativi, in cui si attesta che il richiedente è iscritto nel registro del comune: però la Certificación contiene per intero tutti i dati raccolti nel Padrón relativi al richiedente-residente, mentre il volante certifica meramente l’esistenza dell’iscrizione. Si richiederà, di volta in volta, l’uno o l’altro dei certifcati a seconda dell’uso che se ne deve fare. Il certificato di iscrizione costituisce una prova legale della estancia (permanenza) in Spagna.

La residenza in Spagna

La disciplina della residenza legale degli stranieri in Spagna è differente per i cittadini della Comunità europea e quelli extracomunitari.
In linea generale gli extracomunitari possono entrare in Spagna solo con il passaporto e con un permesso di soggiorno valido, concesso per turismo, studio o lavoro.
La concessione del permesso di soggiorno è disciplinata dalla legge sugli stranieri (Ley orgánica 4/2000, de 11 de enero, sobre derechos y libertades de los extranjeros en España y su integración social). Una volta ottenuto il permesso, lo straniero extracomunitario è obbligato a richiere la tessera di residenza per stranieri, che può avere una validità diversa a seconda della durata della permanenza in Spagna.
I cittadini dell’Unione Europea e dell’area economica europea, invece, hanno diritto di entrare, permanere e circolare liberamente nel territorio Spagnolo, senza limiti temporali e senza necessità di richiedere un permesso. Allo stesso modo hanno diritto di svolgere qualsiasi tipo di lavoro, dipendente o autonomo. In base al Real Decreto 178/2003, non è più obbligatorio che essi abbiano la tessera di residenza, anche se averla potrebbe rivelarsi utile in tutte quelle situazioni in cui ancora viene richiesta (non ultimo per contrarre matrimonio o per iscriversi all’anagrafe consolare).
Chiaramente non essendoci l’obbligo di richiederla, in tutti i casi in cui le leggi spagnole ancora prevedono la sua presentazione, bisognerà presentare un certificato sostitutivo. A tal proposito il Real Decreto citato stabilisce, all’art. 10, comma 1, che la ricevuta della domanda presentata per ottenere la tessera (resguardo de solicitud) può sostituire a tutti gli effetti la tessera stessa.Le tessere di residenza sono di due tipi, da richiedersi a seconda della durata del periodo di soggiorno: se questo è compreso tra tre mesi ed un anno (cioè un periodo superiore a quello ritenuto di semplice estancia), si richiede la tessera di residenza “tarjeta temporal de residencia”, mentre per periodi superiori ad un anno, si richiede semplicemente la tessera “tarjeta de residencia”.
La prima tessera è valida per il tempo per il quale viene richiesta, fino a un massimo di un anno, e deve essere rinnovata alla scadenza; la seconda è valida per cinque anni e si rinnova automaticamente.
I cittadini comunitari possono entrare in Spagna con il solo documento di identità, mentre gli altri necessitano del passaporto. Entrambi questi documenti devono essere in corso di validità.
Godono del trattamento ‘comunitario’ ora indicato i cittadini dei seguenti paesi: Austria, Belgio, Confederazione Svizzera, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Italia, Irlanda, Islanda, Liechtenstein, Lussemburgo, Olanda, Malta, Norvegia, Portogallo, Regno Unito e Svezia. Invece i cittadini dei paesi entrati nella comunità europea il primo maggio 2004 (Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, Polona, Repubblica Slovacca, Slovenia, Ungheria), non godono di esso in virtù della clausola di salvaguardia contenuta nel trattato di ingresso nelle Comunità, che limita la libera circolazione per un certo numero di anni. Fanno eccezione Cipro e Malta, per i quali non vale la clausola di salvaguardia.
Anche i cittadini di questo gruppo, però, non necessitano del passaporto per poter entrare in Spagna.
Il regime comunitario, infine, viene applicato anche ai familiari extracomunitari (coniuge non separato o ascendenti e discendenti a carico) dei cittadini comunitari. Tuttavia questi familiari devono richiedere il visto e gli viene rilasciata una tessera di residenza di durata uguale a quella del familiare comunitario a cui sono legati.
La tessere di residenza va richiesta entro un mese dall’arrivo in Spagna, compilando l’apposito modulo distribuito gratuitamente presso l’Ufficio stranieri (Oficina de Extranjeros) della provincia dove si trova il comune nel quale si intende fissare la residenza o intraprendere l’attività lavorativa; se questo ufficio non è presente nella città scelta per risiedere, la domanda si presenta al Commissariato di polizia. Alla domanda vanno allegati:
– originale e fotocopia del passaporto o documento di identità personale in vigore;
– tre fotografie formato tessera;
– un certificato medico se richiesto dall’ufficio al quale ci si rivolge;
Nel caso si intenda svolgere un’attività lavorativa, va presentato:
– il contratto di lavoro o il certificato di lavoro;
– [se l’attività da svolgersi è di tipo imprenditoriale-autonoma] a) i documenti che comprovano il possesso dei requisiti richiesti dalla legge spagnola per tale attività; b) le autorizzazioni eventualmente necessarie o le ricevute delle richieste di autorizzazione avanzate;
– il titolo rilasciato dalla competente autorità del paese d’origine e l’autorizzazione a svolgere tale attività, se questa richiede specifici titoli che siano riconosciuti o possano essere omologati in .
Quando si decide di risiedere in Spagna senza svolgere un’attività lavorativa (e non si è studenti o pensionati) bisogna dare la prova che si hanno sufficienti fondi per mantenere se stessi e coloro i quali siano, eventualmente, a proprio carico.
Il certificato di residenza si ottiene alla Officina de Extranjeria di ciascuna provincia.

La cittadinanza spagnola

La nazionalità o cittadinanza spagnola può essere acquistata dopo che si è risieduto in Spagna, in maniera legale e continuativa, per un certo periodo di tempo.
Normalmente servono 10 anni (ciò vale, per esempio, per i cittadini italiani), ma per alcune persone sono previsti periodi più brevi:
– nel caso di persone che abbiano ottenuto asilo o siano rifugiate bastano 5 anni;
– nel caso dei cittadini dei paesi iberoamericani, di Andorra, Filippine, Guinea Equatoriale, Portogallo e per i componenti delle comunità sefardite solo 2.
È sufficiente un solo un anno:
– per i nati in Spagna e per i figli di padri stranieri con residenza legale in Spagna;
– per chi sia stato soggetto alla tutela o all’affidamento di una persona o istituzione spagnola per due anni consecutivi;
– per i coniugi di cittadini spagnoli, che abbiamo risieduto continuativamente in Spagna;
– per il vedovo/a di spagnolo/a, se al momento della morte del coniuge non vi era separazione di fatto o giudiziale.
Chi richiede la cittadinanza spagnola deve rinunciare alla propria, ad eccezione dei cittadini dei paesi richiamati poco sopra, ai quali si riconosce il diritto di possedere la doppia nazionalità.
La richiesta della nazionalità spagnola si realizza compilando un modulo ufficiale che si ritira presso il Registro civile della località nella quale il sollecitante risiede. Alla domanda vanno allegati i seguenti documenti:
– certificato integrale di nascita del richiedente e del proprio coniuge nel caso di matrimonio. In questa eventualità va allegato anche il certificato di matrimonio;
– certificato consolare in cui sia riportato: la propria nazionalità, i precedenti penali e la propria situazione rispetto al servizio militare obbligatorio, se previsto nel proprio paese;
– certificato spagnolo dei precedenti penali;
– certificato di empadronamiento;
– certificato di polizia relativo al tempo legalmente trascorso in Spagna (il modello apposito della domanda è disponibile presso i comandi di polizia).
Normalmente i tempi burocratici per ottenere la cittadinanza variano tra i 18 e 24 mesi e viene concessa con decreto del Ministero degli Interni.
L’aiuto di un avvocato, in questo caso, è molto prezioso, per verificare che la documentazione prodotta sia completa.
È necessario fare qui una precisazione: la Spagna è un paese formato da comunità autonome (che potremmo far corrispondere grossolanamente alle nostre regioni), in alcune delle quali esiste un diritto forale (derecho civil foral) quasi millenario. Questo è un diritto speciale, che si applica solo nella comunità al posto del diritto generale di Spagna, chiamato derecho civil comun, e solo ad alcuni cittadini. Infatti gli spagnoli, o gli stranieri che acquistano la cittadinanza spagnola, hanno la cittadinanza di diritto comune (vecindad comun), ma potrebbero avere o richiedere anche una delle cittadinanze forali (vencidad civil). Questa seconda si può acquistare in modi differenti, ipso iure (per esempio per nascita) o per opzione (per esempio per matrimonio o per residenza dopo un certo numero di anni), quando si posseggano le caratteristiche previste dal diritto (art. 225 del Reglamento de la Ley del Registro Civil). Ovviamente non si può avere più di una cittadinanza forale.
Alcuni diritti forali hanno anche un diritto matrimoniale speciale, che si applica solo ai cittadini con vecindad foral.
Per gli scopi e le finalità di questo scritto, in esso ci si riferisce unicamente al matrimonio di diritto comune, che ovviamente è quello maggiormente diffuso.

L’anagrafe consolare

La legge italiana prevede che quando i cittadini italiani si trasferiscono all’estero per periodi superiori a 12 mesi hanno l’obbligo di iscriversi, entro 90 gg., presso le Anagrafi Consolari e nei registri A.I.R.E. (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero) dei Comuni italiani competenti.
Per quanto riguarda la Spagna l’iscrizione presso l’Anagrafe consolare è possibile solo dopo aver ottenuto la “Tarjeta de residencia” o almeno dopo aver presentato la relativa domanda di richiesta.
L’obbligo di iscrizione all’Anagrafe non vale per i dipendenti dello Stato inviati all’estero per motivi di servizio.
L’iscrizione avviene compilando un modello standard che si chiama CONS/01, scaricabile per esempio dal sito del consolato italiano a Madrid (il sito web è www.consitaliamadrid.org). Al modello vanno allegati:
– fotocopia del passaporto o della carta di identità;
– fotocopia della “Tarjeta de residencia”
– certificato di empadroniamento;
L’iscrizione è gratuita. Le circoscrizioni consolari italiane in Spagna sono solamente due: Madrid e Barcellona.
È molto importante tenere presente che quando si è iscritti all’anagrafe consolare, il Consolato della circoscrizione in cui si risiede diventa competente per il rilascio delle certificazioni e per le variazioni dell’anagrafe e dello stato civile.

PAGINA PRINCIPALE

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Il matrimonio civile: requisiti, pratica, documenti e celebrazione

I requisiti di capacità matrimoniale

La categoria della capacità matrimoniale comprende dei requisiti in mancanza dei quali il matrimonio non potrà essere celebrato.
Secondo il Codice civile spagnolo (artt. 44-48) sono condizione per poter sposarsi:
– il valido e libero consenso matrimoniale;
la maggior età (18 anni) o l’emancipazione;
– l’assenza di precedenti vincoli matrimoniali;
– l’assenza di parentela in linea retta, sia che si tratti di consanguinei che di adottati. I collaterali non possono sposarsi tra loro fino al terzo grado, ma il Tribunale può concedere dispensa, per giusta causa e su richiesta di parte, ai collaterali di terzo grado;
– l’assenza di condanna come autori o complici dell’omicidio del proprio coniuge o di quello della persona che si intende sposare. Il Ministero della Giustizia, può autorizzare tuttavia il matrimonio a richiesta di parte.
I coniugi possono essere dello stesso sesso o di sesso differente.

La pratica matrimoniale

La celebrazione del matrimonio è regolata solo in parte dal codice civile; la maggior parte delle norme che la regolano sono, invece, contenute nel Reglamento del Registro Civil, negli articoli dal 238 al 254.
Il Registro civile spagnolo dipende dal Ministero della Giustizia.
Territorialmente esso è affidato alla supervisione e gestione diretta di un giudice di prima istanza, i cui uffici sono presso il Tribunale, mentre all’estero la competenza è affidata ai consoli spagnoli di ciascuna circoscrizione consolare.
Il massimo organo in materia di Registro civile è la Dirección General de los Registros y del Notariado, quella che ha chiarito con la propria risoluzione, del 29 luglio 2005, che anche gli omosessuali stranieri possono contrarre matrimonio in Spagna.
Gli atti e le prestazioni del Registro civile sono completamente gratuiti per i cittadini.
La celebrazione del matrimonio spagnolo si distingue in tre fasi:
1) richiesta di contrarre matrimonio e svolgimento di un indagine da parte del Giudice incaricato del Registro civile, il quale deve dare il nulla osta al matrimonio;
2) celebrazione del vero e proprio rito del matrimonio;
3) trascrizione del matrimonio nel Registro civile.

Presentazione della domanda di matrimonio e indagine del giudice incaricato

Quando una coppia decide di sposarsi, deve recarsi presso l’ufficio del Registro Civil della città spagnola dove almeno uno dei nubendi sia empadronado. Se in tale città non c’è un Giudice di prima istanza incaricato del Registro civile (Juez Encargado), le funzioni inerenti il matrimonio sono svolte per delegazione dal Giudice di Pace (Juez de Paz) presso il proprio ufficio, al quale bisogna rivolgersi.
Presso l’ufficio bisogna compilare la domanda di matrimonio (Impreso de solicitud) che va corredata dei documenti richiesti. Nella pratica matrimoniale, i termini di marito e moglie sono sostituiti dalla parola coniuge (cónyuge), secondo quanto previsto dalla nuova legge.
Con la presentazione della domanda comincia l’iter matrimoniale (instruction del expediente previo o expediente registral) che nella prima fase si conclude con un provvedimento del Giudice istruttore che autorizza o nega l’autorizzazione alla celebrazione (denegar la celebración). Contro quest’ultimo provvedimento è ammesso ricorso gerarchico alla Dirección General de los Registros y del Notariado.
La domanda di matrimonio deve contenere (art. 240 RRC):
1) dichiarazione dell’identità personale dei richiedenti: nome, cognome, data di nascita, nomi dei genitori. È richiesta anche l’indicazione della professione, ma il Ministero competente ha chiarito che tale dato non è necessario poiché è irrilevante ai fini della pratica e non costituisce un elemento dell’identità personale dei richiedenti ai sensi dell’art. 12 RRC (Orden del 10-12-1939);
2) nel caso i richiedenti siano divorziati, nome e cognome del precedente coniuge e data della pronuncia di divorzio;
3) dichiarazione che non esistono impedimenti legali alla celebrazione del matrimonio e che non sussistono precedenti vincoli matrimoniali;
4) eventuale scelta dell’autorità, giudice o sindaco, e della città dove si intende celebrare il matrimonio;
5) indicazione della città o delle città nelle quali si è risieduto negli ultimi due anni.
Come si chiarirà leggendo il seguito, il requisito della residenza negli ultimi due anni è richiesto al fine di poter fare le eventuali pubblicazioni matrimoniali, per l’appunto, nei comuni dove si è risieduto negli ultimi due anni. Per questo motivo la Risoluzione 4a del 4 marzo 1998 della Direzione Generale dei Registri e del Notariato, ha affermato che la prova del domicilio non deve essere applicata con un criterio troppo rigido, onde evitare di violare il principio del favor matrimoni. Ciò significa che i cittadini stranieri dovranno dare la prova di essere residenti legalmente in Spagna, cioè di essere empadronati in un comune spagnolo (prova necessaria almeno rispetto ad uno dei richiedenti), ma il periodo di effettiva residenza potrebbe essere inferiore ai due anni, anche di pochi mesi. La prova della residenza legale va data, ovviamente, presentando il certificato del Padrón da allegarsi alla domanda, come si precisa più sotto.
La domanda (solicitud) potrebbe essere presentata anche solo da uno dei richiedenti, ma deve necessariamente essere ratificata (ratificación) da entrambi. Infatti il giudice ammetterà a tramitación la domanda di matrimonio, cioè avvierà la procedura di autorizzazione (expediente registral) nel momento in cui le parti ratificano la loro domanda. La ratifica, di fatto, è contestuale alla presentazione della domanda, che viene firmata da entrambi gli sposi o da un testimone quando uno dei coniugi non possa o non sappia firmare, ma ben potrebbe avvenire in due momenti distinti.
I documenti da allegare alla domanda sono (art. 241 RRC):
1) l’originale e una fotocopia del passaporto, della carta di identità o della tessera di residenza di entrambi i richiedenti (vedi sopra);
2) certificato integrale di nascita;
3) certificato di empadronamiento dei municipi dove si è risieduto negli ultimi due anni. Per quanto riguarda questo certificato, leggasi quanto puntualizzato al numero 5) immediatamente precedente e quanto scritto nel paragrafo sul Padrón comunale. Se parte degli ultimi due anni si è risieduto all’estero, potrebbe essere richiesto dal giudice il certificato di residenza del comune dove si è risieduto, rilasciato dal comune stesso o dalla propria autorità consolare;
4) una dichiarazione giurata o solenne sul proprio stato civile. Tale dichiarazione (declaración de soltería) va fatta su un semplice foglio, che di solito viene fornito già precompilato dagli uffici del giudice.
Usualmente, quando almeno uno dei richiedenti è straniero, si richiede anche il certificato di capacità matrimoniale (ex Convenzione di Monaco del 5/9/1980), qualora la legge del paese di origine prevede che la celebrazione sia preceduta dalle pubblicazioni matrimoniali. Per esempio, questo è il caso dell’Italia, oltre che della stessa Spagna. Tale certificato viene rilasciato dal consolato in Spagna, quando si è iscritti nell’anagrafe consolare, o dagli uffici dello stato civile del proprio comune italiano di residenza. Tuttavia, nel caso di matrimonio tra persone dello stesso sesso, di cui almeno una sia italiana, questo certificato non può essere presentato in quanto il suo rilascio è successivo e subordinato alle pubblicazioni fatte nel consolato o nel proprio comune, e le autorità italiane le negherebbero qualora la richiesta fosse avanzata da due donne o due uomini.
Dal momento che va comunque fornita la prova del proprio stato civile, nubile o celibe, e che la dichiarazione giurata potrebbe non essere ritenuta sufficiente, conviene allegare sempre alla domanda un certificato di stato civile rilasciato dall’autorità italiana, che il giudice procedente all’occorrenza, utilizzerà come base per rilasciare un documento che si chiama fe de stado. Inoltre:
Ø se uno dei richiedenti è divorziat@, deve presentare il certificato integrale del suo precedente matrimonio, con la nota a margine della sentenza di divorzio. Se l’annotazione manca, si dovrà presentare la sentenza di divorzio;
Ø se uno dei richiedenti è vedov@, deve presentare il certificato integrale o in estratto del suo precedente matrimonio e quello di morte (defuncion) del precedente coniuge.
Qualche giudice potrebbe richiedere il certificato di iscrizione alla propria Anagrafe consolare oppure il certificato storico di residenza, relativo agli ultimi due anni, che è conveniente farsi rilasciare dal proprio comune in Italia.
Presentata la domanda e i documenti allegati l’ufficio del Registro, questo fissa un appuntamento con il Giudice incaricato, il quale riceve separatamente e in privato i due richiedenti per interrogarli (audencia).
Allo stesso tempo il giudice ordina le pubblicazioni matrimoniali (edictos o proclamas o amonestaciones) per quindici giorni consecutivi nel comune/i dove i richiedenti hanno dichiarato di aver risieduto negli ultimi due anni, se la popolazione di questo comune è inferiore a 25 mila abitanti. Nel caso di città con popolazione superiore, le pubblicazioni sono sostituite dalla dichiarazione di un testimone, parente o amico della coppia, il quale dichiara sotto la propria responsabilità il convincimento (convencimiento) che non esistano impedimenti legali al matrimonio. Tale parente o amico deve essere scelto dal giudice istruttore (art. 244 RRC), ma di fatto viene scelto e presentato dai richiedenti. Il testimone deve presentarsi munito dell’originale e della fotocopia del passaporto o del documento di identità in vigore. Alcuni giudici particolarmente scrupolosi potrebbero richiedere che il testimone, se amico, dichiari di conoscere la coppia da almeno due anni. Inoltre potrebbe richiedere due testimoni anziché uno: uno per ciascun richiedente. Il testimone viene ascoltato lo stesso giorno dell’interrogatorio dei richiedenti.
Nel caso uno dei due richiedenti sia risiedente in un comune che è fuori dalla giurisdizione del Registro procedente e non potesse presenziare all’incontro con il giudice istruttore, questi potrebbe autorizzarlo ad essere ascoltato dal Giudice incaricato del Registro civile che abbia giurisdizione nella città dove risiede, quindi anche da parte di un console spagnolo all’estero.
Il potere del Giudice istruttore nella pratica matrimoniale è alquanto ampio perché finalizzato a verificare l’esistenza di tutte le condizioni per sposarsi. Presa visione dei documenti e ascoltati i richiedenti, egli deve accertare:
– che si possiedano i requisiti matrimoniali;
– che il matrimonio venga contratto in piena libertà;
– che il matrimonio non sia simulato o di comodo;
– che sia rispettata la legge nel senso più ampio.
Per fare un esempio concreto dell’ampiezza dei poteri di investigazione del giudice, si può citare un caso nel quale, sospettando il giudice di trovarsi di fronte ad un matrimonio bianco (cioè concluso solo per far ottenere la cittadinanza ad uno dei contraenti), è stata ammessa come prova integrativa il tabulato delle lunghe e ricorrenti telefonate occorse tra i richiedenti, che vivevano uno in Spagna e l’altro in centro America.
L’audencia dei richiedenti serve anche a verificare che i richiedenti siano capaci di intendere e di volere. Nel caso di dubbi, il giudice può richiedere una visita medica fatta dal medico legale del Tribunale.
Una volta ottenuto l’autorizzazione, il matrimonio deve essere celebrato entro un anno.

Dove ci si sposa

Esistono due diverse possibilità:
a) se i nubendi non hanno fatto alcuna scelta nella domanda di matrimonio, la celebrazione avviene presso lo stesso Ufficio del Registro, davanti allo stesso Giudice istruttore che ha autorizzato il matrimonio;
b) se invece i nubendi hanno indicato la preferenza per il Giudice di un altro Registro o per un comune (Ayuntamiento), il matrimonio avviene davanti al sindaco (Alcalde) o all’assessore delegato (Concejal delegado) della città scelta.
Nel caso a), presso lo stesso Ufficio del Registro viene fissata la data e l’ora della cerimonia. In questo caso l’art. 249 del Reglamento del Registro Civil (RRC) permette ai nubendi di richiedere che la celebrazione avvenga nei tre giorni successivi, nel giorno e nell’ora stabilita dal giudice. In mancanza di tale richiesta, la data viene fissata in base alla richiesta dei nubendi e al carico di lavoro del Registro.
Nel caso b), il Registro provvede direttamente a inviare l’autorizzazione del matrimonio al Giudice o al comune prescelti. I richiedenti, a loro volta, devono recarsi da questo Giudice o presso l’ufficio matrimoniale del comune presentando una richiesta (solicitud) e allegando:
– l’originale e la fotocopia del proprio documento d’identità o del passaporto o la tessera di residenza;
– la fotocopia del documento d’identità dei due testimoni che si presenteranno il giorno della celebrazione del matrimonio.
L’incaricato dell’ufficio, in base alle richieste della coppia, fissa la data e l’ora della celebrazione del matrimonio. I tempi di attesa per la celebrazione variano molto da Registro a Registro e da comune a comune. A Madrid, per esempio, si può arrivare ad aspettare circa quattro mesi, mentre in città piccole potrebbe bastare poco più di una settimana. Se ci si volesse sposare a Barcellona e si desiderasse che a celebrare la cerimonia sia il sindaco, nel Saló de Cent del Consistorio, bisognerebbe preventivare una lista d’attesa di circa otto mesi.

La celebrazione

Durante la cerimonia civile, che ha una durata relativamente breve, il Giudice, l’Alcalde o l’assessore delegato, data lettura dei nomi dei contraenti e dei testimoni, ricordano i diritti e i doveri nascenti dal matrimonio leggendo gli articoli 66, 67 e 68 del Codice civile; quindi chiedono ai nubendi che facciano una dichiarazione di impegno alla fedeltà e all’aiuto reciproco. Lo scambio degli anelli non è obbligatorio.
Quando la celebrazione avviene davanti al Giudice presso l’Ufficio del Registro, il matrimonio viene direttamente trascritto nel Registro stesso e ai coniugi viene consegnato il libro di famiglia (libro de familia).
Nel caso in cui, invece, il matrimonio avvenga fuori in comune, l’officiante stende un atto matrimoniale (acta de matrimonio) in doppio originale, firmato dai coniugi e dai testimoni, che costituisce titolo per la successiva iscrizione nel Registro.
Il libro di famiglia, in questo caso, viene inviato ai coniugi dopo la iscrizione. Tale libro rilasciato dal Registro civile è un documento avente valore legale nel quale vengono iscritti e certificati: il matrimonio, il regime economico dei coniugi, la nascita dei figli comuni e degli adottati in comune, la morte degli sposi, la nullità, la separazione e il divorzio.

Traduzione dei documenti, legalizzazione e interprete

Qualunque documento prodotto da chi intende sposarsi (!), che sia rilasciato da autorità straniera o meno, deve essere debitamente tradotto da un organismo diplomatico o da un interprete giurato.
Esistono diverse Convenzioni internazionali delle quali Spagna e Italia sono sottoscrittori in materia di registri civili, che esimono dalla necessità di legalizzare i certificati rilasciati nei due paesi. In particolare i documenti rilasciati dalle autorità italiane (comune italiano di residenza o Consolato competente nella circoscrizione consolare in cui si risiede) hanno in Spagna lo stesso valore legale che avrebbero in Italia se rilasciate in base alla Convenzione di Vienna del 8/7/1976 (c.d. certificato internazionale plurilingue).
Non è necessario, quindi, seguire la più dispendiosa procedura prevista dalla Convenzione dell’Aja del 1961, che prevede l’apposizione della apostille sui documenti per la loro validità all’estero.
Al momento della presentazione della domanda di matrimonio, tutti i documenti devono avere una data di rilascio inferiore a tre mesi (sei mesi per quelli vidimati secondo la Convenzione dell’Aja.
I documenti da presentare devono essere in lingua spagnola (Castigliano) o altra lingua che sia ufficiale nella città dove si sta celebrando il matrimonio (per esempio il Catalano a Barcellona).
Chi volesse sposarsi e non sapesse parlare spagnolo (Castigliano) o altra lingua ufficiale nella città dove si celebra il matrimonio, deve essere accompagnato da un interprete.

In caso di rifiuto di celebrare il matrimonio

I Giudici incaricati del Registro civile e i loro collaboratori non possono rifiutarsi, secondo la legge spagnola, di dar corso ad una pratica matrimoniale per ragioni di coscienza, facendo obiezione.
È difficile ma non è escluso, tuttavia, che si possa incorrere in un rifiuto, soprattutto se si è stranieri e il giudice decida di applicare in maniera rigorosa le norme del Regolamento del Registro civile o usi questo espediente per ostacolare il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Per esempio ciò potrebbe succedere, come è già successo, se si pretendesse dai richiedenti stranieri il certificato di capacità matrimoniale o una dichiarazione dell’autorità, per esempio italiana, del riconoscimento del matrimonio omosessuale nel proprio paese.
In tutti questi casi, ricordandosi che principio fondamentale dell’ordinamento spagnolo è quello del favor matrimoni, è necessario presentare un ricorso gerarchico alla Dirección General de los Registros y del Notariado. Per poterlo fare, però, è necessario prima avanzare una istanza al giudice che ha opposto il rifiuto, chiedendo che questo venga motivo per iscritto, in forma di resolución judicial.

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Il rapporto matrimoniale

La legge oltre a disciplinare la celebrazione del matrimonio, disciplina anche i diritti e i doveri nascenti da esso, oltre che regolare la sua possibile crisi, attraverso la separazione e il divorzio.
Di seguito vi è un breve compendio del diritto di famiglia spagnolo.

Diritti e doveri nascenti dal matrimonio

Il matrimonio si fonda sull’uguaglianza dei coniugi, che hanno gli stessi diritti e gli stessi doveri (art. 66 c.c.). Essi devono rispettarsi e aiutarsi reciprocamente e agire nell’interesse della famiglia (art. 67 c.c.). La giurisprudenza ritiene che il rispetto a cui si riferisce la norma sia l’assenza di ogni condotta aggressiva che possa dirsi seriamente sconsiderata (seriamente desconsiderata) in quanto viola la dignità, ritenuta qualità imprescindibile dalla persona, che l’art. 10 della Costituzione spagnola eleva a fondamento dell’ordine politico e della pace sociale. In tal senso il rispetto è incluso tra i diritti fondamentali protetti dall’art. 15, che tutela l’integrità fisica e morale delle persone.
I coniugi sono obbligati a convivere, ma la convivenza è un fatto che si presume fino a prova contraria (art. 69 c.c.); devono rispettare la fedeltà e soccorrersi mutuamente. Il soccorso reciproco è inteso in senso fisico, morale, affettivo e di stima; come tale ha una natura non coercibile e la legge non può assicurarne il suo esatto adempimento, tranne nel caso dell’aiuto degli alimenti (ex art. 143 c.c.).
La fedeltà, dice la giurisprudenza (vedi STS, Sala de lo Civil, sentenza n. 701 del 30/07/1999), quando non è rispettata comporta violazione degli articoli 67, 68 e 69 del codice civile e merita riprovazione etica e sociale, ma non può comportare un’indennizzazione economica, bensì solo la separazione e il divorzio.
I coniugi devono condividere le responsabilità domestiche e occuparsi degli ascendenti, discendenti e delle altre persone poste a loro carico (art. 68 c.c.).
I coniugi fissano di comune accordo il domicilio della famiglia e in caso di disaccordo la scelta è fatta dal giudice nell’interesse della famiglia (art. 70 c.c.).
Nessuno dei coniugi può attribuirsi la rappresentazione dell’altro se non gli è stata conferita (art. 71 c.c.).

Il regime patrimoniale

Il regime economico della famiglia, dal punto di vista giuridico, è l’insieme delle regole che disciplinano durante il matrimonio i rapporti economici tra i coniugi e tra questi e i terzi.
Gli sposi hanno la facoltà di scegliere il regime economico che preferiscono sottoscrivendo delle convenzioni matrimoniali (capitualciones matrimoniales), entro i limiti posti dal codice civile (art. 1315).
Le convenzioni sono contratti che per essere validi devono essere conclusi con atto pubblico (art. 1327 c.c.) davanti al notaio. Inoltre non devono essere contrari alla legge, al buon costume e non possono limitare l’uguaglianza di diritti spettanti ai coniugi (art. 1328 c.c.). Esse possono stipularsi prima o durante il matrimonio (art. 1326 c.c.), quindi oltre che per scegliere o sostituire il regime patrimoniale della famiglia, possono servire per modificarlo in parte (art. 1325 c.c.).
Per poter essere opposte ai terzi vanno iscritte nel Registro civile.
Quando i coniugi decidono di non stipulare convenzioni matrimoniali o quando queste risultino inefficaci, il regime patrimoniale della famiglia sarà quello della comunione legale (sociedad de gananciales, art. 1316 c.c.), che è il regime patrimoniale generale vigente in Spagna, tranne in quelle Comunità autonome nelle quali il diritto locale o derecho foral dispone l’applicazione di un altro regime. Così accade in Catalogna, Aragona, Baleari, Paesi Baschi e Navarra. Questi differenti regimi hanno carateristiche proprie che li avvicinano ora al regime convenzionale, ora a quello della separazione dei beni.
Qualunque sia il regime scelto dai coniugi, ciascuno deve contribuire con i propri beni alle spese familiari (art. 1318 c.c.). In caso ciò non avvenga, ciascun coniuge può rivolgersi al giudice perché adotti le misure opportune per l’adempimento delle obbligazioni assunte per la famiglia.
Il coniuge può compiere gli atti necessari a soddisfare le necessità ordinarie della famiglia, secondo gli usi del posto e le circostanze proprie di ciascun dovere a cui si attende. Per le obbligazioni familiari si risponde con i beni comuni e solo in via subordinata con i beni propri del coniuge che ha agito e successivamente con quelli dell’altro coniuge. In questi due ultimi casi il coniuge ha diritto di rivalersi sui beni comuni o di essere reintegrato in base al regime patrimoniale scelto (art. 1319 c.c.).
Della casa familiare e dei beni che l’arredano si può disporre solo di comune accordo o, in caso di disaccordo, con l’autorizzazione del giudice, anche quando tali beni siano propri di uno solo dei coniugi (art. 1320 c.c.).
I coniugi tra loro possono trasmettersi, a qualsiasi titolo, beni e diritti e sottoscrivere ogni tipo di contratto (art. 1323 c.c.).
Il codice civile disciplina diversi figure tipiche di regimi patrimoniali. La trattazione che segue offre un quadro generale non esaustivo del loro contenuto. Sono regimi patrimoniali tipici:
a) la comunione legale o sociedad de ganaciales;
b) la separazione dei beni o separación de bienes;
c) il regime di partecipazione o régimen de participación;

a) La comunione legale (sociedad de gananciales):
Secondo una definizione generale, questo regime economico comporta che i beni e gli incrementi acquistati dopo il matrimonio (ganancias) siano automaticamente proprietà comune, indipendentemente da chi li abbia pagati o ottenuti e rimangono tali per tutta la durata del matrimonio. Al momento dello scioglimento ciascuno rimane proprietario della metà dei beni.
Tuttavia ci sono beni che rimangono privati (o di ciascun coniuge) durante il matrimonio.
Quali beni sono privati nel regime della comunione legale? (art. 1346 c.c.):
· quelli che appartenevano esclusivamente a uno dei coniugi prima del matrimonio;
· quelli che sono acquistati successivamente al matrimonio gratuitamente da uno dei coniugi (sono i regali, le donazioni o le eredità);
· quelli che sono acquisati utilizzando beni privati propri;
· quelli che derivano dal risarcimento dei danni subiti da uno dei coniugi;
· i vestiti e gli oggetti di uso personale che non siano di eccezionale valore;
· gli strumenti necessari per l’esercizio della professione, tranne quando si tratti di professione o ufficio esercitato da entrambi i coniugi;
Che beni rientrano nella comunione legale? (art. 1347 cc.):
· quelli ottenuti da ciascun coniuge con il proprio lavoro; · i frutti, le rendite e gli interessi che producono tanto i beni privati quanto quelli della comunione;
· quelli acquistati con denaro comune sia dall’uno che dall’altro coniuge;
· le imprese costituite con beni comuni;
· il diritto di usufrutto o la pensione sono beni privati, però i frutti ottenuti da questi si considerano beni della comunione (art. 1349 c.c.);
· le vincite di gioco (art. 1351 c.c.).;
· I beni acquistati per donazione o testamento dai coniugi congiuntamente (art. 1353 c.c.).
I beni privati possono essere trasformati in beni della comunione per volontà comune dei coniugi cui appartengano.
Quei beni acquistati in parte con beni della comunione e in parte con beni privati, appartengono alla comunione e al coniuge in proporzione dell’apporto di ciascuno (art. 1354 c.c.).
I coniugi di comune accordo possono destinare alla comunione i beni acquistati a titolo oneroso durante il matrimonio, indipendentemente dall’appartenenza dei beni utilizzati per acquistarli. Gli acquisti fatti in forma congiunta e senza attribuzione per quota della loro proprietà, si presumono in comunione (art. 1355 c.c.).
Al momento dello scioglimento della comunione verrà confrontato il patrimonio iniziale e finale di ciascun coniuge e tutti gli incrementi (cabezas de ganado) saranno considerati appartenenti alla comunione (art. 1350 c.c.).
Una regola genrale fa presumere che tutti i beni esistenti durante il matrimonio per i quali non si può provare l’appartenenza esclusiva ad uno dei due coniugi (art. 1360 c.c.) siano in comunione. I beni comprati a rate (artt. 1356-1357 c.c.):
· appartengono alla comunione, anche se sono acquistati da uno dei coniugi con denaro proprio, quando la prima rata o primo esborso è pagato con denaro della comunione;
· sono privati se la prima rata fu pagata con denaro privato;
· se sono acquistati prima del matrimonio da uno dei coniugi, rimangono privati anche se la totalità del prezzo sia pagato con denaro della comunione. Fanno eccezione la casa e i beni che servono per arredarla; se fu acquistata in parte con denaro privato e in parte con beni comuni, apparterà al singolo coniuge e alla comunione in proporzione agli apporti di ciascuno.
I miglioramenti apportati ai beni hanno lo stesso carattere dei beni ai quali vengono apportati, indipendentemente dall’appartenenza del denaro con cui vengono realizzati.
In ogni caso, il coniuge è debitore verso la comunione o, al contrario, la comunione verso uno dei coniugi, quando un bene privato venga migliorato con beni appartenenti alla comunione e un bene della comunione con beni privati (artt. 1359 c.c.).

Le spese e le obbligazioni a carico della comunione. La comunione paga le spese derivanti dal (art. 1362 c.c.).:
· mantenimento della famiglia, il cibo, i vestiti e l’educazione dei figli comuni e dei figli di uno solo di essi che vivano nel nucleo familiare;
· acquisto, mantenimento e ogni altra spesa relativa ai beni comuni;
· l’amministrazione ordinaria dei beni privati di ciascuno dei coniugi;
· le spese ordinarie relative alla professione di ciascun coniuge;
· le donazioni o le cose promesse da parte di entrambi i coniugi di comune accordo (art. 1363 c.c.).
I beni della comunione rispondono anche per le obbligazioni contratte da uno solo dei coniugi quando (art. 1365 c.c.):
· siano contratte nell’esercizio della potestà domestica (spese per l’alimentazione, pagamento di bollette, acquisto di oggetti di uso domestico, etc.) o derivino dalla gestione dei beni della comunione;
· derivino dall’esercizio ordinario della professione o ufficio;
· siano determinate dall’amministrazione ordinaria di beni privati di ciascun coniuge;
· siano contratte dai coniugi o da uno di essi con il consenso dell’altro;
· derivino da debiti di gioco di uno dei coniugi sempre che l’importo di questi possano considerarsi moderato secondo la situazione economica e gli usi della famiglia (art. 1371 c.c.).
I beni della comunione rispondono inoltre in tutti i casi in cui le obbligazioni sono contratte dai coniugi congiuntamente e da uno solo con il consenso dell’altro (art. 1367 c.c.).
In fine ciascun coniuge risponde con i beni privati dei propri debiti e quando tali beni non sono sufficienti, rispondono i beni della comunione fino al raggiungimento della metà che gli corrisponde. A tal fine i creditori possono chiedere lo scioglimento della comunione legale. In questo caso il regime patrimoniale della famiglia si trasformerà in quello di separazione dei beni, a meno che entro tre mesi dallo scioglimento il coniuge non debitore non ricostituisca con atto pubblico la comunione legale (art. 1374 c.c.).
L’amministrazione dei beni della comunione. L’amministrazione e gestione spetta ad entrambi i coniugi in forma congiunta, se non risulti diversamente dalle convenzioni matrimoniali (art. 1375 c.c.). Tuttavia ciascun coniuge può compiere spese urgenti che abbiano carattere di necessità, anche se siano straordinarie (art. 1386 c.c.). Quando uno dei coniugi si trovi nell’impossibilità di esprimere il proprio consenso ad un atto di amministrazione congiunto o ad atti di disposizione sui beni o li neghi senza motivo, l’altro può rivolgersi al giudice (artt. 1376-1377 c.c.).
Ciascun coniuge può disporre per testamento della propria metà dei beni, rispettando la legittima (art. 1379 c.c.).
Ciascun coniuge può anche utilizzare il denaro della comunione, senza il consenso dell’altro, quando serva per i bisogni della famiglia o l’esercizio della propria professione o l’amministrazione dei beni privati. Tuttavia l’altro coniuge deve essere a conoscenza degli atti compiuti o da compiersi (art. 1382 c.c.). Sono validi gli atti di amministrazione dei beni e quelli di disposizione (come la vendita, le locazioni, le cessioni, etc.) se il coniuge che ne dispone possiede i poteri per farlo (art. 1384 c.c.).
Il giudice può attribuire l’amministrazione della comunione legale a uno solo dei coniugi quando l’altro sia dichiarato incapace o quando abbia abbandonato la famiglia o ci sia separazione di fatto (art. 1388 c.c.).
L’amministrazione passa per legge all’altro coniuge, quando sia nominato tutore o rappresentante legale del consorte (art. 1387 c.c.).

b) Il regime di separazione dei beni (separación de bienes) Con questo regime ciascun coniuge è proprietario esclusivo dei beni posseduti prima del matrimonio e di quelli acquistati durante il matrimonio. Dei propri beni ciascuno può godere e disporre liberamente.
Si avrà separazione dei beni(art. 1435 c.c.):
– quando espressamente lo scelgano i coniugi;
– quando i coniugi convengano con convenzione matrimoniale che non si avrà tra loro comunione legale, ma non specificano quale regime debba assumersi;
– quando durante il matrimonio si abbia scioglimento della comunione legale o del regime di partecipazione e i coniugi non optino per un diverso regime;
– quando così disponga il diritto forale della Comunità autonoma in cui si contrae il matrimonio e non si faccia una scelta per atto pubblico di un diverso regime patrimoniale.
I coniugi contribuiscono alle spese del matrimonio e della vita comune in proporzione alle proprie risorse economiche, se non hanno disposto diversamente con convenzione.
Il lavoro domestico svolto per la famiglia viene considerato un arricchimento per il patrimonio familiare e da’ diritto al coniuge che lo svolga, in caso di scioglimento del matrimonio, ad una pensione compensatoria (art. 1438 c.c.).
Il coniuge che gestisca i beni dell’altro, si considera che agisce come mandatario e risponde degli obblighi di quest’ultimo, però non ha l’obbligo di rendicontare i frutti da tali beni percepiti e consumati, se sono destinati al mantenimento della famiglia (art. 1439 c.c.).
Ciascun coniuge è responsabile personalmente delle obbligazioni che assume, tranne che per quelle contratte nell’esercizio dei poteri domestici (art. 1440 c.c.).
I beni che non si possa con certezza stabilire a chi appartengono, si considerano appartenere a ciascuno per metà (art. 1441 c.c.).
Nel caso di dichiarazione di fallimento di uno dei coniugi si considererà, salvo prova contraria, che i beni acquistati dall’altro a titolo oneroso nel corso dell’anno precedente alla dichiarazione di fallimento, siano stati donati per metà al coniuge fallito (art. 1442 c.c.).

c) Il regime di partecipazione (régimen de participación) Questo regime patrimoniale permette ai coniugi di partecipare agli incrementi che il patrimonio di ciascuno ottenga durante il matrimonio (art. 1411 c.c.). Ciascun coniuge ha l’amministrazione, la gestione e la disposizione dei propri beni personali e degli incrementi realizzati durante il matrimonio (art. 1412 c.c.).
Nel momento dello scioglimento del matrimonio o del cambio di regime patrimoniale, viene calcolato l’ammontare del patrimonio di ciascun coniuge (che può essere in attivo o in passivo) e lo si confronta con il patrimonio posseduto nel momento in cui il regime di partecipazione fu iniziato. Il coniuge che avrà ottenuto il minor incremento avrà diritto alla metà della differenza tra l’incremento del patrimonio dell’altro coniuge ed il proprio (art. 1427 c.c.).
I coniugi possono convenire, al momento della scelta di questo regime, che la partecipazione agli incrementi sia limitata solo ad una sua parte (per esempio il 50% o l’80%), però la partecipazione deve necessariamente essere identica per i due coniugi. Non si può prevedere, cioè che uno partecipi degli incrementi al 30% e l’altro al 50% o al 100% (art. 1429 c.c.).
Nel caso in cui esistano figli non comuni la partecipazione può essere solo al 50% (art. 1430 c.c.).

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La separazione e il divorzio

Secondo il diritto internazionale privato di Spagna, la separazione e il divorzio sono regolate dalla legge nazionale comune ad entrambi i coniugi.
Nel caso i coniugi siano di diversa nazionalità si fa ricorso a diversi criteri, secondo l’ordine che segue (art. 107 c.c.) e si applicherà la legge:
1) del paese in cui i coniugi hanno la residenza comune nel momento in cui avanzano domanda di separazione o divorzio;
2) del paese in cui i coniugi hanno avuto l’ultima residenza comune, se almeno uno dei due risiede ancora in tale paese;
3) la legge spagnola, quando almeno uno dei coniugi sia spagnolo o risiede abitualmente in Spagna.
Tuttavia si applicherà la legge spagnola in ogni caso, indipendentemente dai criteri indicati:
· quando non risulta applicabile nessuna delle leggi di cui ai punti 1, 2 e 3;
· quando la domanda sia presentata congiuntamente dai coniugi o da uno solo, con il consenso dell’altro;
· quando le leggi prima indicate non riconoscano la separazione o il divorzio o lo ammettano in forma discriminatoria o contraria all’ordine pubblico.
Nel caso il matrimonio sia contratto da due persone italiane dello stesso sesso, non potrà essere la legge italiana a regolare la separazione e il divorzio, dal momento che l’Italia non riconosce il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Si dovrà far ricorso, quindi, alla legge spagnola o alla legge di altro paese che riconosca il matrimonio tra persone dello stesso sesso, se a questa legge rinviano i criteri sopra indicati.
La legge 15/2005 ha riformato la disciplina della separazione e del divorzio.
Attualmente in Spagna separazione e divorzio sono due procedure alternative e non successive. Saranno i coniugi, o anche uno solo a decidere a quale delle due procedure ricorrere, tenendo conto che la separazione è ora inquadrata come un istituto che potrebbe regolare una crisi forse non definitiva del matrimonio.

a) La separazione.
La separazione viene dichiarata con provvedimento del giudice quando venga richiesta da entrambi i coniugi o da uno solo di essi, con il consenso o meno dell’altro. La domanda di separazione può essere avanzata solo quando siano trascorsi almeno tre mesi dalla celebrazione del matrimonio, ad eccezione dei casi in cui vi sia un pericolo per la vita, l’integrità fisica, morale o sessuale del richiedente o dei figli.
Nella domanda vanno indicate le misure richieste per regolare gli effetti derivati dalla separazione (art. 82 c.c.).
La sentenza di separazione sospende la convivenza dei coniugi e fa venir meno la possibilità di disporre dei beni dell’altro coniuge nell’esercizio della potestà domestica (potestad doméstica) (art. 83 c.c.).
La separazione viene meno in caso di riconciliazione dei coniugi e lascia senza effetto i provvedimenti del giudice, tuttavia i coniugi devono comunicare al giudice la loro riconciliazione. Il giudice può confermare o modificare le misure adottate in favore dei figli nei casi in cui risulti necessario (art. 84 c.c.).

b) Il divorzio e lo scioglimento del matrimonio.
Il matrimonio termina per morte o dichiarazione di morte presunta di uno dei coniugi. Cessa altresì per divorzio (art. 85 c.c.), dal momento del passaggio in giudicato della sentenza che lo dichiari (art. 89 c.c.).
Il divorzio può essere richiesto congiuntamente dai coniugi o da uno solo di essi, con o senza il consenso dell’altro, se siano trascorsi almeno tre mesi dalla celebrazione del matrimonio. Non è necessario che sia trascorso tale periodo quando vi sia pericolo per la vita, la sicurezza morale, fisica e sessuale del richiedente o dei figli (art. 86 c.c.). La domanda di divorzio deve contenere la richiesta delle misure per regolare il divorzio.
La riconciliazione successiva alla sentenza di divorzio non produce effetti legali. I divorziati dovranno contrarre nuovo matrimonio. Nel caso la riconciliazione avvenga prima della sentenza questa dovrà essere espressa perché si estingua il procedimento di divorzio (art. 88 c.c.).
La sentenza di divorzio produce effetti nei confronti dei terzi di buona fede dal momento della sua iscrizione nel Registro civile (art. 89 c.c.).

c) Effetti comuni alla separazione e al divorzio.
Dal momento della presentazione della domanda di separazione o divorzio, i coniugi possono vivere separati e viene meno la presunzione di convivenza coniugale (art. 102 c.c.). Viene meno anche qualsiasi rappresentanza o potere che i coniugi si fossero conferiti tra di loro e, salvo patto contrario, il potere di disporre dei beni dell’altro coniuge nell’esercizio della potestà domestica (art. 102 c.c.).
L’accordo proposto dei coniugi per regolare le conseguenze della separazione o del divorzio, deve contenere almeno le seguenti misure (art. 90 c.c.):
a) stabilire a chi spetta l’esercizio della patria potestà sui figli comuni e la regolazione dei permessi di visita e del tempo che i figli devono passare con il genitore che non viva abitualmente con essi;
b) stabilire, se ritenuto necessario, come si regolerà il permesso di visita dei nonni ai nipoti, tenendo sempre in conto l’interesse di questi;
c) attribuire l’uso della casa e dei beni che arredano la casa familiare;
d) stabilire la ripartizione delle spese del matrimonio e l’ammontare degli alimenti;
e) liquidare, quando necessario (quando proceda), il regime economico del matrimonio;
f) stabilire la pensione che in conformità all’art. 97 corrispondiere satisfacer, en suc aso, a uno dei coniugi.
Il giudice approva l’accordo presentato dai coniugi, salvo che li ritenga pregiudizievoli per i figli o gravemente pregiudizievoli per uno dei coniugi.
L’accordo sul diritto di visita dei nonni deve essere approvato necessariamente anche da questi.
Il giudice che rigetta gli accordi dei coniugi deve farlo con motivazione espressa. In questo caso i coniugi possono presentare un nuovo accordo.
Dal momento dell’approvazione da parte del giudice, gli accordi diventano immediatamente esecutivi.
Le misure adottate dal giudice in mancanza di un accordo dei coniugi o quelle convenute dai coniugi possono essere modificate giudizialmente o per nuovo accordo, quando si producano dei cambiamenti sostanziali delle circostanze. Il giudice può richiedere le garanzie reali o personali che ritiene necessarie per il compimento delle obbligazioni nascenti dalle misure convenute.
Nel caso manchi un accordo tra i coniugi, in tutto o in parte, sulla regolazione delle conseguenze della separazione o del divorzio – e quando ritiene di non poter approvare tale accordo, in tutto o in parte-, il


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