“Da Sodoma a Hollywood”, la cultura che ci piace

  

La novità istituzionale è ‘accordo col Museo del cinema, un passo importante per il Torino international gay&lesbian film festival – Da Sodoma a Hollywood (20-27 aprile) a confermare la presenza in un territorio di cinema condiviso (siamo nella città anche del Torino film festival in novembre) e di un uso politico dinamico degli immaginari.

www.tglff.com

www.tglff.com

Ventu’anni, ‘ultima edizione con cinema Valentino (la multisala che lo ospita) che quasi esplodeva per la quantità di folla, la rassegna diretta con passione da Giovanni Minerba è ‘antagonismo morbido – nel senso di lucida piacevolezza – ai luoghi comuni che sembrano dominare la cultura del nostro paese. Su sessualità, famiglia, con la paura dei pacs e gli imbarazzi anche a sinistra sul’argomento che ancora dominano, la scomposizione dei generi, maschile/ femminile, che nel lavoro di "Da Sodoma a Hollywoood" abbiamo conosciuto invece come possibilità del molteplice, fuori dalle identità ristrette, univoche, dunque battaglia e rivendicazione di una società differenziata. Insomma la sostanza ‘ immaginario per un partito democratico di nuova sinistra, che sappia rilanciare u’idea di cultura viva, di ricerca e sviluppo, davvero liberata da anni di asservimento…

Retrospettiva dedicata a Ken Russell, il visionario "terribile" (ora impegnato tra ‘altro nella lavorazione di un film sul fisico e inventore dimenticato Nikola Tesla, Charged:The Life of Nikola Tesla) di cui oltre ai "classici" come Donne in amore (1969) e I diavoli (1971) si scopriranno programmi televisivi eccentrici degli anni Sessanta. Un omaggio al giurato Alain Guiraudie, inclassificabile sguardo delle nuove onde oltralpe coi suoi universi fantastici, stralunati, fuori dal tempo e sempre contemporanei (si vedranno Pas de repos pour les braves e Voici venu le temps).

Un altro omaggio alla regista Barbara Hammer, newyorkese, indipendente, esploratrice per immagini del femminile. In cartellone la trilogia di "storia lesbica femminista " con Nitrate Kisses, Tender Fictions, History Lessons, mix di materiali ‘archivio e girato originale. Poi Resisting paradise, la resistenza femminile nel sud della Francia durante ‘occupazione nazista, e la biografia delle fotografe surrealiste lesbiche Claude Cahun e Marcel Moore a lungo dimenticate (Lover Other. The story of Claude Cahun and Marcel Moore). Un tributo a Yonfan (con Guiraudie nella giuria del concorso lungometraggi), sugli schermi torinesi troviamo Bugis Street, Bishonen, Peony Pavillon. Tra le molte proposte, sparse per sezioni, ecco Le temps qui reste di François Ozon, con il simbolo del’edizione 2006, Jeanne Moreau. Breakfast on Pluto, la Londra glitter raccontata da Neil Jordan (La moglie del soldato) attraverso i passaggi di un ragazzo irlandese uomo e anche donna.

In anteprima due film di Paul Vecchiali, regista complesso, caustico, fragilissimo e fuori da ogni "abitudine " della visione: +si@ff, chattare nelle comunità gay e Bareback, il sesso senza preservativo tra i gay ‘America.

In gara 12 lunghi, 13 cortometraggi, 8 documentari e 9 video per il premio Ottavio Mai cofondatore insieme a Minerba del festival. Ma i numeri non negano la rilassatezza, si può transitare da una sala al’altra, le repliche garantiscono il recupero della sorpresa nel "passaparola". Il pubblico negli anni cresciuto è prova della capacità di uscire dal’ambito degli addetti ai lavori e, appunto, dal "genere", dimostrando inoltre un rapporto forte con la città.

I lunghi in gara viaggiano tra Nuova Zelanda (50 Ways of Saying Fabulous di StewartMarrtin, le vicende di Billy unico maschio figlio di agricoltori che si sente più Lana, protagonista del suo programma tv preferito che futuro contadino). Taiwan con ‘opera prima del’assistente di Hou Hsiao Hsien, Reflections, due ragazze e il confine confuso di amicizia e innamoramento. É una coproduzione tra Germania e Austria il film di Angelina Maccarone Fremde Haut, fuga per la sopravvivenza in una città tedesca di una donna iraniana. Lei è regista sovversiva nata a Colonia che ha debuttato nel 94 con una commedia sul comingout Kommt Mausi raus?

Due film dagli Stati uniti, Loggerheads, un padre pastore ultraconservatore e il figlio gay (la regia è di Tim Kirkman) e Happy Endings di Dan Roos, coppie gay e lesbiche tra inseminazione artificiale, figli, innamoramenti. Dalla Francia arriva Oublier Cheyenne, film ruvido di Valerie Minetto che per realizzarlo (in modo molto indie) ci ha messo anni. Intorno al’amore perduto poi ritrovato della coppia di ragazze protagoniste ‘è un p’ di tutto: a cominciare dal senso precario della vita che in Francia hanno fatto saltare tutti insieme. Cosa che la disnicantata precaria (ultrachic Isabelle Marant) di Minetto sembrava non credere più possibile.

Da "il manifesto" del 13/04/2006


  •