I baci disuguali

  

La poesia ‘amore non rientra nelle mie preferenze; fatte le debite eccezioni in genere leggo tut’altro e quando mi capita di proporre ai ragazzi percorsi tematici, sfondamenti nel tempo o incursioni nella letteratura straniera è in direzioni molto diverse. Solo in terza faccio u’unica ma sistematica eccezione e con scopi precisi. Verso la fine del’anno arrivo, se il piano di lavoro è in linea di massima rispettato, ad affrontare parallelamente Petrarca e Catullo di cui risulta facile evidenziare, in particolare, proprio la produzione amorosa. Trovo che ‘occasione sia uno di quei momenti felici in cui ‘esperienza della poesia può trasformarsi in lettura della vita e stimolare alla conoscenza di sé. Lo strumento, dunque, è la proposta alla classe di diversi testi , lontani per epoca, valore e tipologia, ma tutti funzionali al fine ultimo del mio lavoro: sì, lo dichiaro apertamente, in questo caso la letteratura mi serve (non solo ma anche!) per parlare di altro.

‘intento è di non lasciare del tutto soli una parte dei miei studenti. Mi riferisco a chi, tra i 14 e i 18 anni, fatica più dei coetanei a costruire la propria identità sentimentale e sessuale. Generalmente la ignora ancora, a volte la percepisce appena in modo incerto ed ambiguo, raramente è già in grado di accoglierla, in ogni caso la teme. Ragazzi a cui piaceranno ragazzi, ragazze a cui piaceranno ragazze, adolescenti spesso più scontrosi degli altri che scrutano inquieti intorno a loro senza ritrovarsi in nulla, che non sanno di esistere finchè non si riconoscono in qualcosa che ha già un nome.

In una società ancora tanto impreparata per non dire ostile o, nella migliore delle ipotesi, indifferente, mi pare che la scuola debba combattere per prima e quotidianamente lo sguardo impaurito o distratto di chi non sa o non vuole vedere. Così ancora una volta è proprio la letteratura (italiana, latina o straniera poco importa) che si presta ad avviare un confronto ed offrire una pluralità di modelli nei quali le diversità possono finalmente ritrovarsi.

A volte ho pensato che u’antologia ideale (biennio e triennio è uguale) dovrebbe partire dal presupposto di non vedere tutto e sempre dal punto di vista eterosessuale, atteggiamento, peraltro, che potremmo imparare ad assumere (e nel nostro ruolo di educatori alla civiltà anche al di là di eventuali, private convinzioni religiose) in modo semplice e naturale a partire dalle situazioni di tutti i giorni: se una studentessa soffre pene ‘amore non è detto che sia a causa di un ragazzo. Rendere insomma normale ciò che normale non sembra: ecco la sfida più grande.

Contemplare quando si parla della vita reale anche possibilità diverse da quelle scontate, offrire il contatto con opere o testi di letteratura magari già molto famosi valorizzandone però angolazioni di lettura alternative (i quadri della Lempicka, ad esempio, presuppongono uno sguardo tutto femminile e i famosi, struggenti versi della poetessa di Lesbo non si immaginerebbero – se non lo si sapesse – destinati ad u’altra donna), presentare infine, e con una certa sistematicità, esempi espliciti di sentimento e passione omoerotica come possibilità della vita, non’incidenti caratterizzant’.

Gareth e Matthew, personaggi gay di'4 matrimoni e un funeral'

Gareth e Matthew, personaggi gay di’4 matrimoni e un funeral’

A conferma di quanto sia difficile essere alieni da atteggiamenti anche inconsciamente pregiudiziali vorrei citare un esempio, che trovo significativo. Recentemente mi sono imbattuta in un testo di lingua e letteratura inglese che riporta, tra le varie proposte, la famosa poesia di W. H. Auden "Funeral blues", dedicata dal’autore, notoriamente omosessuale, a un suo amante morto. Nel testo si legge: He is dead… He was my North, my South. Nel’introduzione e commento la curatrice del’antologia, però, preferisce pensare (o dire?) che il poeta si è immedesimato in una donna, piuttosto di esplicitare che i versi sono dedicati da un uomo ad un altro uomo (da notare come anche nel film di Mike Newell "4 matrimoni e un funerale" il testo sia letto in commemorazione di un defunto proprio dal compagno di questo). Negli esercizi inoltre si insiste: "Who is she addressing?" e si continua ad usare il pronome femminile come se davvero non fosse ‘Auden-uomo a rappresentare la voce lirica.

Ora a guidare le scelte di autori e testi che ognuno di noi può decidere di’sfruttar’ per offrire una pluralità di modelli relativi a situazioni affettive ed erotiche (oltre ai classici Saffo, Penna, Pasolini, Woolf, Kavafis, Tondelli, Busi, non tutti e non sempre adeguati al contesto scolastico, si possono aggiungere nomi meno ingombranti e raramente presenti nelle antologie ) vengono concretamente in aiuto alcune pubblicazioni – per quanto la letteratura italiana in merito non sia propriamente sterminata – interessanti non tanto per le questioni da specialismo critico che in classe poco interessano (cosa si intende per letteratura omosessuale? Quella che parla di omosessuali? Quella scritta da omosessuali? E quali sarebbero le sue specificità? E le differenze tra universo maschile e femminile? E via dicendo…), quanto per i suggerimenti concreti di nuove letture che offrono.

In "’eroe negato" (Baldini & Castoldi 2000) Francesco Gnerre aggiunge alla galleria dei soliti nomi quelli , non meno famosi, di chi per primo si è costretto al’ autocensura: Palazzeschi, Gadda, Saba, Comisso, Soldati, Testori, Arbasino… Personaggi e scrittori tra i maggiori della nostra letteratura che, pur santificati dalla critica, sono stati – come scrive Gianni Rossi Barilli – "derubati di quel’erotismo omosessuale che ha costituito per loro un tema ‘ispirazione fondamentale, ancorchè non necessariamente un orientamento esclusivo".

Ecco così affiorare testi spesso non’dirett’, ma indicativi per il magma di emozioni ed idee che sottendono le situazioni e suscitano nel lettore riflessioni su se stesso e sul mondo; perché spesso è proprio questo che la letteratura diventa, lo spazio simbolico in cui sperimentare la vita, i ruoli sociali, gli atteggiamenti psicologici, luogo che permette la costruzione del’identità individuale e il suo situarsi nei confronti degli altri.

Nel suo "Ragazzi che amano ragazzi" (Feltrinelli, Milano, 1991) Piergiorgio Paterlini raccoglie numerose testimonianze di giovani gay che parlano della propria esperienza, raccontano i dubbi, le speranze, le angosce di adolescenti in tutto e per tutto uguali ai coetanei eppure schiacciati da una cultura miope che esercita la propria violenza quotidiana a partire dalle mura domestiche. Scrive Luca, 19 anni: "Devo dire che a scuola mi erano piaciute tantissimo le poesie di Saffo. Ci avevo pianto, sognato, fantasticato. Lì il sentimento era talmente elevato che non poteva essere una bestialità. Saffo mi ha aiutato a capire che ‘omosessualità è normale, bella, e assolutamente non riguarda solo il sesso per il sesso" (pag.85). E più avanti, a pag 99,:" Anche leggendo Il Quartiere mi ero chiesto se un personaggio del libro di Vasco Pratolini fosse omosessuale. Che lo fosse ‘autore non ho mai osato pensarlo" (Davide, 20 anni). Muoversi in un contesto così delicato è certo complesso: anche quando si vorrebbe proprio evitare tutto ciò il rischio di intrusività nel mondo intimo degli studenti, di movimenti maldestri, di involontarie ghettizzazioni (per esempio laddove qualche collega predisponga ingenuamente un percorso ‘amore specificatamente omoerotico!) rimane.

Eppure credo che dai nostri ragazzi tutto ci possa essere perdonato tranne ‘indifferenza. Scrive Paterlini: "Chi insulta paradossalmente conferma u’identità. Chi, in buona fede, non viene nemmeno sfiorato dal’ipotesi che qualcuno sia così, consegna questo qualcuno a un limbo di inesistenza ancora più pericoloso" (pag.9). Nella medesima direzione si muove Margherita Giacobino: con il suo libro "Orgoglio e privilegio. Viaggio eroico nella letteratura lesbica" (Il dito e la luna 2003), ‘autrice rivendica il bisogno di diffondere storie che aiutino il soggetto lesbico a costruirsi un linguaggio, ad esprimere il proprio punto di vista, a definire valori, miti e narrazioni, che diano forza anziché sottrarne, cioè che, in una parola, supportino la convalida di sé e ‘autorizzino a trasformarsi in parola. Il libro è in un certo senso poco accademico, molto ideologizzato e piuttosto aspro; concentrato in particolare sul panorama extraeuropeo, apre tuttavia la prospettiva anche su tante autrici e opere (soprattutto romanzi, per la verità) italiane che possono offrire passi interessanti: "Il bacio della medusa" di Melania Mazucco, "Il matrimonio di Maria" di Rossana Campo, "Benzina" di Elena Stancanelli, "Il paese di calce" di Bibi Tomasi. Si tratta in diversi casi di una produzione fragile dal punto di vista letterario (alcune storie si inseriscono nel solco della moda giallistica e pulp), ma che può rivelarsi estremamente utile sotto ‘aspetto socio-antropologico e fornire spunti efficaci di riflessione.

Dispiace solo che nelle 195 pagine del suo volume ‘autrice non riesca a trovare una collocazione degna per Patrizia Cavalli che mi pare abbia scritto una delle più belle e disincantate poesie ‘amore della contemporaneità:

Se tu ora bussassi alla mia porta
e ti togliessi gli occhiali
e io togliessi i miei che sono uguali
e poi tu entrassi dentro la mia bocca
senza temere baci diseguali
e mi dicessi "Amore mio,
ma che è successo?",
sarebbe un pezzo di teatro di successo.

(P.Cavalli, Poesie, Einaudi 1992)

Da "www.arcigaymodena.org"


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