Un Arc en ciel a Mauritius

  
Arc en ciel

Arc en ciel

Nicolas Ritter è stato per molto tempo steward nell’Air Mauritius. Ma è soprattutto conosciuto sull’isola per aver fondato PILS, Prévention Information et Lutte contre le Sida (un’associazione non governativa) e per essere stato il primo mauriziano a parlare apertamente della sua sieropositività. Nicolas ha 38 anni e ama Patrice, un bel ragazzo mauriziano: «Da appena tre anni — racconta – viviamo apertamente la nostra relazione». Il 20 maggio 2006, a Rose Hill, ha organizzato (assieme ai volontari del collettivo LGBT Arc en ciel) il primo Gay Pride di Mauritius.

Incontro Nicolas nella sede di PILS a Port Louis, capitale di Mauritius, in un pomeriggio caldissimo. Nell’associazione ci sono computer, e volontari e stipendiati che li utilizzano. Mi colpisce il poster «Zero Zero Sex sans préservatifs» (Niente sesso senza preservativi), in cui un agente 007 impugna un profilattico come se fosse una pistola. Vedo ammalati (anche donne con bambini) che attendono di incontrare lo psicologo o l’assistente sociale. «Dal 1996 — mi spiega Nicolas – dopo cinque anni di battaglia, il governo ha finalmente accettato di fornire gratuitamente gli antiretrovirali a tutti i cittadini che ne hanno bisogno».

Nicolas è un uomo determinato. Sembra un manager d’impresa. Ha gli occhi azzurri, luminosi e vispi. Sediamo all’aperto, a un tavolo di fianco all’ingresso di PILS.
«Il fatto di essere sieropositivo mi ha aperto gli occhi riguardo all’ingiustizia subita da chi vive con l’HIV. Sono più fortunato della maggior parte dei mauriziani: possiedo in effetti la doppia nazionalità (francese e mauriziana) che mi ha permesso di trovare in Francia, e all’occorrenza alla Réunion, cure che non esistevano a Mauritius».

Nicolas Ritter e Pasquale Quaranta

Nicolas Ritter e Pasquale Quaranta

Parlami della tua famiglia.
«È straordinaria: mi sostiene e non mi ha mai discriminato. Cosciente di questa situazione privilegiata, ho voluto impegnarmi nella lotta contro l’aids affinché ogni mauriziano che abbia contratto l’HIV possa vivere nel migliore dei modi».

Quando hai deciso di parlare della tua sieropositività?
«Nel 2001, quando il governo accettò di fornire gratuitamente gli antiretrovirali… Decisi di parlarne pubblicamente per testimoniare che si può vivere in modo assolutamente normale seguendo correttamente le cure. La stigmatizzazione delle persone che vivono con l’HIV è ancora enorme a Mauritius. Il mio sogno più grande è veder considerare l’infezione dell’HIV né più e né meno come una qualsiasi altra malattia cronica evolutiva».

L’anno scorso (nel 2005) hai fondato Arc en ciel, associazione che riunisce gay e lesbiche mauriziani.
«Il collettivo Arc en ciel non è un’associazione di incontro, ma una piattaforma cittadina che riunisce sia molte persone provenienti dalla comunità LGBT che eterosessuali. Innanzitutto lottiamo contro l’omofobia e le discriminazioni legate all’orientamento sessuale. Poi organizziamo, ogni tre mesi, serate che hanno lo scopo di ricavare fondi, riunire la comunità e dargli una certa visibilità».

Prima dove si incontravano i gay mauriziani?
«Talvolta durante le seratine “underground” sulla costa ovest. Ma non ci sono veri e propri spazi dove i gay si incontrano. Alcune spiagge del nord hanno la reputazione di essere in un certo senso luoghi di incontro, ma ciò resta molto “discreto”. Con l’avvento di Internet, la rete è un luogo di incontro molto popolare tra i giovani gay mauriziani».

Se c’è un tema che riunisce le differenti culture e religioni nell’isola, è la condanna “ecumenica” dell’amore tra persone dello stesso sesso. Quali sono le ripercussioni di questi anatemi sulla vita di gay e lesbiche mauriziani?
«Nell’isola di Mauritius ci sono molti credenti: induismo, islam e cattolicesimo sono molto radicati. Questo alimenta inevitabilmente parecchie reazioni omofobe, soprattutto da parte degli estremisti religiosi. Ma direi che, al di là della fede, i costumi e le tradizioni sono innanzitutto degli ostacoli nella relazione tra persone dello stesso sesso. Il fatto di essere su un’isola dove tutti si conoscono non facilita le cose…».

Tu sei credente?
«Sono cattolico di nascita, ma da anni ho accantonato la mia pratica religiosa. Ciò non toglie che, pur credendo nell’esistenza di un’entità superiore, è soprattutto nell’umanità che ripongo la mia fiducia».

Il governo e la classe politica dirigente sono in grado di affrontare il tema dei diritti civili in termini laici?
«In ogni caso è su questo che lavoriamo. A livello costituzionale, Mauritius è uno stato laico. Pertanto le religioni non dovrebbero teoricamente influenzare le decisioni pubbliche. Ma la realtà è ben diversa e le lobby religiose sono radicatissime. Per questa ragione ci vorrebbe una mobilitazione della società civile per ricordare ai politici che viviamo in uno stato di diritto, ma dobbiamo impegnarci per ottenere gli stessi diritti per tutti».

Cosa ha significato per te organizzare il primo Gay Pride a Mauritius?
«È stato un momento straordinario! Il sindaco di Rose Hill, ma anche il Ministro della Giustizia e dei diritti umani, si sono uniti alla nostra marcia. C’era pure Marie Michèle Etienne, una star locale dei media mauriziani, oggi madrina della nostra associazione. Hanno marciato circa 600 persone in un’atmosfera piena di emozione e di grande gioia. È stato grande! Abbiamo conquistato il diritto a una copertura mediatica dell’evento, dalla stampa locale a quella internazionale. Il prossimo Gay Pride promette di essere ancora meglio, con un bel po’ di novità. Ma shhhhh, è una sorpresa…».

a cura di Pasquale Quaranta – www.p40.it


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