Udine, lo sfogo degli omosessuali

  

Dal processo di presa di coscienza del proprio orientamento sessuale, alle fatiche per riuscire a comunicarlo in famiglia e agli amici. Abbiamo cercato di capire come si sentono e come vivono alcuni omosessuali, maschi e femmine, in Friuli, attraverso interviste nel salone del Gonfalone di palazzo 'Aronco, sede del'amministrazione comunale.
Qui, nel cuore del'istituzionalità cittadina, si sono conosciute, con la mediazione del consigliere comunale diessino Enrico Pizza, storie, volti, nomi, coppie con minori in affido. Dal palazzo dove 'unione civile è ancora u'utopia, alla vita quotidiana, fatta di compromessi, equilibri, silenzi, del'impossibilità di tenere per mano il compagno e la compagna quando si esce in città o si va al ristorante. Il nostro giornale intende lanciare, sulla base delle lettere che arriveranno, uno spazio dedicato a chi non ha sempre voce.

«CITTADINI DI SERIE B» – Forse, 'unico aspetto che è migliorato rispetto a dieci anni fa è la spinta a rivelare il proprio orientamento sessuale con meno fatica dentro le mura domestiche, secondo Allan Francesco Cudicio, 22 anni, studente universitario, nato a Udine. Per lui «è stato prendere atto e basta di come sono». «A far male è soprattutto 'ironia. – si sfoga Allan – Fa male e ha effetti nefasti, perché, legalizzando 'omofobia, costringe a reprimere la propria natura». Gli omosessuali friulani vorrebbero tenersi per mano, lasciarsi andare alle effusioni tipiche di qualsiasi altra coppia, «ma non abbiamo questa libertà». In una parola, «rimaniamo moralmente cittadini di serie b», si rammarica Giacomo Depereu, 37 anni, libero professionista, secondo cui il «pregiudizio moderno si nasconde spesso dietro il "politicamente corretto", dietro una tolleranza forzata, dietro una tolleranza priva di rispetto». Gli omosessuali non conoscono la propria storia, il proprio passato, la propria cultura: per sanare questo vuoto, secondo Giacomo, «le associazioni omosessuali dovrebbero battersi per il riconoscimento dei diritti del minore omosessuale, prima ancora dei diritti delle coppie omosessuali».

USCIRE ALLO SCOPERTO – Nei paesi è un tabù, qui 'omofobia è quasi una legge. Essere gay è un inferno. «Per fortuna in città le cose cambiano», dice Alessandro, 35 anni, artigiano che sogna il momento in cui potrà dire «questo è mio marito». Andrà in Spagna a vedere con i suoi occhi come può essere una situazione normale. Lui, come Eva Dose, presidente del'associazione Arcilesbica, e Stefano Miorini, 37 anni, separato con una figlia tredicenne in affido congiunto che vede quotidianamente anche se convive da cinque anni con un uomo, invitano tutti gli omosessuali a uscire dal buio. «Non si dovrebbe mascherare la propria situazione da omosessuale. Sul luogo di lavoro credo di aver dovuto lavorare un p' di più per mantenere sempre alta la mia credibilità», fa sapere Stefano. Alla comunità friulana Allan Francesco Cudicio rivolge un appello: «Non abbiate paura a conoscerci veramente».

Per parte sua, Giacomo esorta i gay: «Dobbiamo manifestare la nostra normalità imponendo noi stessi e la nostra relazione nel quotidiano: gli omosessuali emancipati, quelli che hanno il coraggio di essere se stessi alla luce del sole, hanno il dovere morale di fare cultura omosessuale». Palazzo 'Aronco ha visto e ascoltato.


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