Bisogna mettersi in gioco come ha fatto Gay.TV

  

Quando chiude un giornale o una tv la democrazia ci perde. Quando l’organo di informazione si rivolge esplicitamente al pubblico lgbt, la sconfitta è doppia, perché un popolo che già ha poca voce in capitolo perde un pezzo importante della sua possibilità di esserci, di dialogare con tutta la società, di rappresentare le complessità culturali e sociali di una comunità così poco conosciuta, se non attraverso pregiudizi e stereotipi.

Ecco perché la chiusura di Gay.TV ci lascia senza parole. Proprio ora, che infuria lo scontro tra clericali e libertari di ogni appartenenza politica, ci viene a mancare uno strumento che con intelligenza e determinazione ha promosso confronti, sollecitato dibattiti, insinuato dubbi e sollevato critiche. Allo stesso movimento lgbt Gay.TV ha fatto bene, perché al di fuori degli spazi tradizionali ha fatto emergere le grandi potenzialità, il lavoro faticoso quotidiano di tante e tanti di noi e, allo stesso tempo non ha rinunciato a sollecitarci, a entrare nel merito delle nostre vicende, con passione e anche con puntuale senso critico.

Ciò che emerge dalla chiusura di Gay.TV è un’estrema e perdurante fragilità degli strumenti di cui si è dotato il movimento. L’incapacità di essere davvero corpo sociale e di pressione capace di sostenere anche economicamente voci come Gay.TV. La pubblicità non è arrivata, oltre che per le ragioni che tutti sappiamo, e anche per possibili carenze promozionali, perché non vi è ancora un sentire queste esperienze come nostre, un patrimonio da salvaguardare e promuovere in tutti i modi. Se no oggi saremmo in presenza di gesti importanti, come il farsi avanti di facoltosi imprenditori gay che propongano soluzioni; saremmo in presenza di spontanee e diffuse campagne di sottoscrizione, magari per attivare una sorta di azionato popolare che salvi Gay.TV dalla chiusura.

Invece tutte e tutti noi non possiamo andare oltre le belle parole, che possono consolare, ma ci rendono smaccatamente impotenti. Ho letto i tanti commenti di sostegno, che fanno bene al cuore, ma che rivelano un male ancora troppo diffuso dentro la comunità lgbt, quello del prendersela con noi stessi, senza individuare nuove strade. Dobbiamo toglierci da dosso questa sorta di auto commiserazione, che tanto ci fa sentire non colpevoli, perché altri hanno responsabilità! Non funziona così. Ognuno di noi può fare qualcosa, spendendosi personalmente, uscendo dalle critiche da tastiera, e agendo, anche per contestare concretamente gli enormi errori in cui incorrono le associazioni e i gruppi lgbt. Non c’è soluzione, bisogna mettersi in gioco come ha fatto Gay.TV, bisogna mettere la propria faccia, rendere visibile il proprio punto di vista e partecipare attivamente.

Aurelio Mancuso
Segretario Nazionale Arcigay


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