Il rispetto tra gli/le uguali

  

La testimonianza personale di Fabio Saccà, coordinatore rete giovani Arcigay, alla Manifestazione nazionale contro il razzismo di sabato 17 ottobre 2009

Esserci stati significava tante cose. Per noi persone lgbt significava anche osare qualcosa di nuovo: adempiere il proposito del dialogo con altre realtà e comunità; ricambiare la fraternità con cui tante persone, associazioni, in questi giorni hanno donato a noi il loro sostegno.

Alla partenza mi sentivo a disagio, profondamente a disagio. C’era uno striscione, a urlare "liberi e uguali", lo striscione della manifestazione contro l’omofobia. A reggerlo una decina di audaci: ragazzi di Genova, di Bergamo, Vicenza, Roma… In alto una bandiera arcobaleno a segnalare timidamente la nostra differenza. Ero perplesso, forse. Per quanto convinto fosse il sostegno di noi pochi volontari, mi chiedevo se avremmo potuto esserci di più, muoverci di più. E al tempo stesso mi domandavo come poter chiedere di più a chi non c’era, a chi si stava mobilitando in quelle stesse ore in una città diversa, in una situazione diversa. Come poter chiedere ancora a chi non ha avuto tregua un solo giorno, senza pause, senza riconoscimenti.

Forse mi facevo troppe domande. Forse la stanchezza muove il cervello più del necessario. Perchè il corteo e quelle persone qualche risposta me l’hanno data, in un modo semplice e a tratti sorprendente. Un ragazzo del maghreb dal carro dell’Arci ha cominciato a urlare "Siamo froci anche noi!!". Di fronte un gruppo di ragazzini cinesi e turchi rispondevano "ris-pet-to! ris-pet-to!". Per strada incontriamo un’anziana di Firenze, silenziosa, discreta nelle sue sigarette. Con un cartello ci salutava "io respingo solo i papi e gli omofobici". Più avanti una signora delle filippine ci avvicina, non dice niente. Entra solo nel gruppo e porta un pezzo di striscione assieme a noi.

A un certo punto dire no al razzismo, no al sessismo, no all’omofobia, no alle discriminazioni era diventato un solo slogan e li dicevamo tutti. A un certo punto non c’erano più i diversi, eravamo diventati per quelle due ore ciò che desideravamo essere, tutte e tutti noi. Semplicemente uguali.

E’ il bello delle manifestazioni, quello stesso spirito che viviamo anche al nostro luccicante Pride: permetterci per un poco di vivere in un mondo perfetto, di essere quel mondo (quel cambiamento) che vogliamo essere. E darci quel tanto di energia che serve a voler portare quel mondo nella nostra realtà, nelle nostre città, nelle nostre case.

Credo che il dialogo con altre comunità non sia appannaggio delle manifestazioni, ma possa essere già intrapreso ora, in tutti i territori. E che non riguardi più il pensare se tocchi a noi costruire un ponte. Il ponte esiste e in questa giornata al movimento lgbt è stato chiesto di attraversarlo.


Fabio Saccà
[email protected]


  •